L'ORIGINE DELL'ESPRESSIONE "O.K."
Si leggono e si sentono spesso interpretazioni diverse in merito
all’origine di vocaboli, proverbi e modi di dire, non sempre
esaurienti o esatte.
Se non persistono molti dubbi circa la derivazione del nome
“Indiani d’America” o della parola “mustang”, ve ne sono invece
parecchi che riguardano certe espressioni entrate ormai nel
linguaggio corrente.
Recentemente è stata fornita – anche su Internet – una
spiegazione manifestamente improbabile di una fra le più comuni
affermazioni usate in tutti i continenti del globo: O.K. Secondo
tale fonte, l’espressione sarebbe nata, non più tardi di qualche
decennio fa, tra i soldati americani impegnati nella campagna del
Vietnam. A nostro avviso, nulla di più errato.
Pare invece che, intorno al 1880, un capo mandriano dell’Arizona
usasse apporre sui recinti, con un pezzetto di gesso, le proprie
iniziali O.K., che potrebbero significare Oliver Kenton, Otis
Kincaid, ecc. Lo scrupoloso cow-boy compiva questo gesto alla sera,
per confermare che il lavoro di raccolta del bestiame era stato
concluso positivamente e gli animali si trovavano all’interno degli
appositi corral.
Dunque, O.K. ha un’origine autenticamente “western”, databile ad
almeno 120 anni fa e il Vietnam, come sappiamo, è un evento troppo
recente perché possa costituire una spiegazione credibile della
parola “O.K.”. Vale comunque la pena di rammentare che tale modo di
dire compare già in alcuni film statunitensi prodotti molto tempo
prima del conflitto vietnamita e spesso addirittura anteriori alla
Seconda Guerra Mondiale.
La versione riportata venne inoltre pubblicata in un numero del
periodico “True West” verso la metà degli Anni Cinquanta, circa
dieci anni prima che gli Americani iniziassero le ostilità con i
Vietcong.
E’ inoltre un fatto storicamente provato che a Tombstone, in
Arizona, esisteva già il famoso “O.K. Corral” nel 1881, situato fra
Allen Street, Fremont Street, la Terza e la Quarta Strada. In questa
località, il 26 ottobre di quell’anno ebbe luogo la più celebre
sfida della storia della Frontiera, tra i fratelli Wyatt, Virgil e
Morgan Earp affiancati da John “Doc” Holliday e la banda dei Clanton
e Mc Laury. Si concluse in meno 30 secondi, lasciando sul terreno i
cadaveri di Frank e Tom Mc Laury e di Billy Clanton, il più giovane
dei fratelli del bandito Ike Clanton.
I QUARTIERI A LUCI ROSSE
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, anche l’espressione
“a luci rosse” – che evoca misteriosi postriboli del lontano Oriente
– ha la sua incontestabile origine nel West e precisamente nelle
cosidette “cow-town”, le “città del bestiame” del Kansas.
Questo curioso modo di dire nacque infatti in una cittadina
assurta a grande notorietà per la sua vita turbolenta negli anni
Sessanta-Settanta dell’Ottocento.
Come si sa, dopo la Guerra di Secessione gli allevatori di
“longhorn” del Texas conducevano la maggior parte delle loro mandrie
nel Kansas, dove i “cow-boy”, una volta consegnato il bestiame e
ricevuta la paga, si abbandonavano per giorni alla baldoria più
sfrenata. Oltre alle interminabili partite a poker, “monte” e
“faraone” e a colossali sbornie, i mandriani cercavano compagnia
femminile nelle sale da ballo e nei “saloon”, ma anche nei bordelli.
In alcune città, come Ellsworth, Newton Abilene e Dodge City, le
autorità pubbliche vietavano alle prostitute – chiamate anche “Dirty
Dove”, cioè “sporche colombe” – di esercitare la loro professione
nei centri urbani, riservando loro un quartiere periferico che
assunse nomi diversi a seconda della località. A Newton l’area in
cui sorgeva il bordello ebbe la suggestiva denominazione di Hyde
Park.
A Dodge City, una cittadina di tre o quattromila abitanti, tale
zona ospitò invece la cosidetta “Casa a Luci Rosse”, perché la porta
d’ingresso del fabbricato a due piani in cui lavoravano le “donnine”
era provvista di un vetro colorato che, riflettendo la luce
dell’interno, assumeva una tinta vermiglia.
In questo bordello ogni prostituta disponeva di una propria
stanza (con appesa all’uscio l’etichetta del nome con cui
esercitava) di una branda, un piccolo scrittoio, un appendiabiti, un
catino, una brocca d’acqua, un pezzo di sapone ed alcune salviette.
Il costo di una prestazione sessuale “ordinaria” era di 2-3 dollari,
salvo richieste “particolari” che facevano alzare sensibilmente il
prezzo.
La promiscuità della clientela, la scarsa igiene e l’assenza di
controlli sanitari favorivano, ovviamente, il diffondersi delle
malattie veneree, che colpivano un elevatissimo numero di mandriani,
soldati, avventurieri e cittadini “perbene” amanti della
trasgressione.
IL PRIMO FILM WESTERN
Meno di un decennio dopo il tramonto della Frontiera,
convenzionalmente stabilito nell’anno 1894, comparvero le prime
rappresentazioni cinematografiche dedicate alla storia e alla
leggenda del West.
La nascita ufficiale del genere “western” è unanimemente
attribuita dalla critica al film “The Great Train Robbery”
(L’assalto al treno”) diretto da Edwin S. Porter nell’autunno 1903 e
prodotto dalla Edison. In realtà, un’altra opera meno nota - “Kit
Carson”, diretto da Wallace Mc Cutcheon per la American Mutoscope e
Biograph - lo precedette di pochissimi mesi.
Si trattava di 11 episodi indipendenti, per una durata
complessiva di una ventina di minuti, dedicati alle presunte
avventure del celebre esploratore, contenenti scene d’azione
talvolta violente, come la scotennatura di un Bianco ad opera dei
Pellirosse. La maggior parte delle sequenze venne girata in
“esterni” con macchine da presa fisse, ma le imprese descritte nel
film sono per lo più immaginarie.
Cristopher Carson, detto Kit, nacque nel 1809 e si spense nel
1868 a Fort Lyon, Colorado, in seguito ad un colpo apoplettico. A
detta di Buffalo Bill – che battezzò Kit Carson Cody uno dei propri
figli, in suo onore – fu “il più grande esploratore della Frontiera”.e
molte curiosità generate dallo studio della storia del west restano
spesso insoddisfatte per via della difficoltà a reperire documenti o
ad approfondire le fonti. Proviamo a soddisfarne alcune.