LE SPACCONATE DI CROCKETT
Davy Crockett
(1786-1836) uno dei più popolari eroi della Frontiera, al di là
degli effettivi meriti acquisiti e dell’eroica fine nella difesa di
Alamo, si guadagnò fama di grande spaccone, amante dei paradossi e
delle esagerazioni. Il celebre frontiersman del Tennessee, alto
circa 2 metri e fisicamente assai prestante, disprezzava la
scrittura e le buone maniere, amava definirsi “mezzo cavallo e mezzo
alligatore” e lanciare continue provocazioni, passione che non lo
abbandonò neppure quando venne eletto al Congresso degli Stati
Uniti.
Durante la
campagna elettorale del 1829, esordì in un comizio dicendo: “In
tempi di grande fermento politico come quelli che corrono, vi
conviene essere ben rappresentati e io non esito a propormi come
candidato…” Riferendosi ai suoi detrattori, fece della pesante
ironia: “Mi accusano di adulterio: è una balla, perché in vita mia
non sono mai scappato con la moglie di un altro, a meno che non
fosse d’accordo…” Quanto alle accuse di essere un ubriacone
impenitente, Crockett rispose: “E’ una maledetta bugia: il whisky
non è mai riuscito ad ubriacarmi.” (da “Old Times in Tennessee”,
Memphis, 1873).
Quando diventò
membro del Congresso, Crockett si presentò la prima volta in abito
da trapper, suscitando ilarità e critiche. Successivamente tenne
discorsi che scandalizzarono i colleghi e la stampa, sostenendo:
“Sono un campione di urla, possiedo il cavallo da corsa più veloce,
la sorella più graziosa, il fucile più preciso e il cane più brutto
di tutto il mio distretto.” Ma lo show di Davy non terminò qui.
Durante un intervento, egli chiese addirittura che l’assemblea
offrisse whisky ai suoi membri, anziché la consueta limonata,
dichiarando di poter bere, come aperitivo, “un barile di acquavite
addolcito con lo zolfo, mescolato con una sbarra rovente e sbattuto
da un ciclone”.
Tuttavia, la
parte più pesante del suo intervento fu la seguente: “Io cammino
come un bue, so correre come una volpe, nuoto come un’anguilla,
grido come un Indiano, combatto come un demonio, faccio l’amore come
un toro scatenato e inghiotto un negro intero senza ingozzarmi,
purchè abbia la testa imburrata e le orecchie tirate indietro.” (da
“Davy Crockett’s Almanac of Wild Sports in the West”, Nashville
1837).
Neppure nel
corso della battaglia di Alamo, dove perse la vita insieme agli
altri 186 difensori, Davy Crockett perse la propria verve. Fra le
poche persone scampate all’eccidio, qualcuna raccontò che l’eroe del
Tennessee si spostava continuamente da una posizione all’altra,
infondendo coraggio agli uomini e gridando frasi in spagnolo per
sfidare il nemico. Si narra anche che, al termine della battaglia,
intorno al suo cadavere giacevano i corpi di 14 soldati messicani
del generale Santa Anna.IL PRIMATO DI BUFFALO BILL
William
Frederick Cody (1846-1917) il celebre Buffalo Bill, dovette gran
parte della sua popolarità all’abilità con cui cacciava i bisonti al
servizio della Union Pacific Railroad, la compagnia ferroviaria che,
durante e dopo la Guerra Civile, stendeva verso occidente i binari
della prima linea transcontinentale d’America.
Nell’arco dei 17
mesi in cui Cody fu ingaggiato come procacciatore di carne per gli
operai, disse di avere abbattuto 4.280 bufali, stabilendo il
primato, universalmente riconosciuto, del miglior cacciatore della
Frontiera.
In realtà, è
probabile che altri personaggi avessero superato questo record senza
potersene fare un vanto, semplicemente per non aver tenuto un conto
preciso degli animali uccisi nel corso della loro attività.
In proposito, si
calcola che Bill Tilghman, cacciatore e uomo della legge, ne avesse
uccisi 5.000 in un arco di tempo molto minore.
La fortuna di
Cody risiedette soprattutto nell’amicizia con lo scrittore Ned
Buntline, che ne esaltò le gesta in molti racconti, il primo dei
quali comparve sul “New York Weekly” nel 1869, quando l’eroe era
appena ventitreenne.
O.K. CORRAL CINEMATOGRAFICO
Le diverse
pellicole imperniate sulla famosa Sfida all’O.K. Corral, avvenuta a
Tombstone nel 1881, contengono – ad eccezione delle più recenti
“Tombstone” e “Wyatt Earp” - una miriade di imprecisioni e
deformazioni storiche, da “Sfida infernale” di John Ford (1946) a
“Sfida all’O.K. Corral” di John Sturges (1957). Nel primo, compare
Old Man Clanton a dar man forte agli scellerati figli Ike e Billy
nel fatale confronto con gli Earp, mentre nella realtà il vecchio
era già morto. Inoltre, John “Doc” Holliday, che si spense in un
sanatorio sei anni dopo, viene fatto cadere nel corso del duello. Il
film di Sturges si presenta maggiormente fedele ai fatti, ma incorre
in qualche pecca di troppo, attribuendo il motivo della sfida alla
proditoria uccisione del più giovane dei fratelli Earp, Morgan, che
fu invece assassinato cinque mesi dopo. Inoltre, il famigerato
Johnny Ringo viene ucciso durante la sfida da Holliday, mentre il
pistolero non partecipò neppure allo scontro e morì tempo dopo in
circostanze misteriose.
Quanto alle
somiglianze con i personaggi storici, soltanto Kevin Costner (“Wyatt
Earp”) e Kirk Douglas (“Sfida all’O.K. Corral”) diedero un volto
credibile ai rispettivi personaggi di Earp e Doc Holliday. La parte
di Douglas nel film di Sturges fu una dimostrazione di insuperabile
bravura, che nessun altro attore impegnato nelle successive
pellicole sull’argomento riuscirà mai ad eguagliare.
Un’altra nota
curiosa, è che l’attore-caratterista John Ireland interpretò la
parte di Ike Clanton in “Sfida infernale” di Ford, mentre in “Sfida
all’O.K. Corral” vestì i panni di Johnny Ringo.IL WEST
DI SALGARI
Emilio Salgari,
nato nel 1863 a Verona e morto suicida a Torino a soli 48 anni, è
universalmente conosciuto come il padre di Sandokan, Tremal Naik,
Kammamuri, personaggi orientali di sua creazione, nonché di una
serie di celebri scorridori dei mari, fra i quali primeggia il
Corsaro Nero. Non tutti sanno che il grande narratore italiano,
autore di decine di romanzi, ambientò alcune delle sue avventure
nelle praterie del West, servendosi di personaggi immaginari come il
colonnello George Devandel e la terribile Minnehaha. I romanzi del
ciclo americano furono, nell’ordine, “Sulle frontiere del Farwest”,
pubblicato nel 1908, “La scotennatrice” (1909) e “Le selve ardenti”
(1910). Ma la Frontiera descritta da Salgari aveva scarse basi
storiche e le vicende descritte dallo scrittore veneto non si
possono certo annoverare fra i classici del genere. Anche la
descrizione della battaglia di Little Big Horn, contenuta nel libro
“La scotennatrice”, è soltanto un palcoscenico di fantasia per i
suoi personaggi. Quando l’autore diede alle stampe “Le selve
ardenti”, la sua meravigliosa escursione nel fantastico volgeva
ormai alla fine. Infatti Salgari, oppresso da molti problemi, si
suicidò nel 1911, facendosi harakiri con un rasoio.
LA 49ima STELLA DELL'UNIONE
Alaska è la
versione russa della parola aleuta “Al-ay-ek-sa” equivalente a
“Grande Paese”. Nel 1741, dopo l’esplorazione compiuta dal danese
Vitus Bering, ufficiale della marina degli Zar, il territorio venne
annesso dalla Russia e nel 1784 Grigor Ivanovic Shelikoff e la
moglie Natalia, fondarono la prima colonia nell’isola di Kodiak,
insediandovi 190 persone. Quando il governo degli Stati Uniti
incominciò ad interessarsi all’immensa regione, le reazioni delle
opposizioni e della stampa che le sosteneva furono simili a quelle
che nei primi decenni dell’Ottocento avevano criticato
l’acquisizione della Louisiana. Un giornalista battezzò ironicamente
“Icebergia” (da “iceberg”) l’inospitale paese in cui “gli abitanti
si muovono soltanto con i pattini da neve” e “il 99 per cento del
territorio è assolutamente improduttivo.” La trattativa per
aggiungere all’Unione quella che sarebbe diventata la sua 49°
stella, venne definita “La follia di Seward”, dal nome del
segretario di Stato che aveva condotti il negoziato per conto del
presidente Andrew Johnson, successore di Abraham Lincoln alla Casa
Bianca. Si racconta che, per convincere il Congresso del valore
dell’affare in corso, William H. Seward dovette pregare gli stessi
Russi di persuadere i parlamentari americani più contrari. L’accordo
fu perfezionato nel marzo 1867, al prezzo di 7.200.000 dollari. Il
nuovo territorio, esteso oltre 1.500.000 chilometri quadrati (cinque
volte la superficie dell’Italia) fu interessato dalla corsa all’oro
del 1896 e venne innalzato al rango di Stato membro soltanto nel
1959, stabilendo la sua capitale a Juneau. Oggi l’Alaska, ricca di
giacimenti minerari e petroliferi, possiede circa 630.000 abitanti.
LE ULTIME PAROLE FAMOSE... IN SPAGNOLO!
Cristopher
Carson, detto Kit (1809-1868) e William H. Bonney (1859-1881) meglio
noto come il terribile Billy the Kid, lasciarono questo mondo
pronunciando frasi in spagnolo, lingua che entrambi conoscevano
almeno nelle sue espressioni più comuni, avendo vissuto per vario
tempo a contatto con i Messicani.
Il grande
esploratore del West, protagonista dell’indipendenza della
California dal Messico, generale dei Volontari e agente indiano per
i Navajo e gli Ute, si spense all’improvviso il 23 maggio 1868 nei
pressi di Fort Lyon, nel Colorado, mentre stava conversando con un
compagno dei vecchi tempi. Colpito probabilmente da un infarto, non
appena si rese conto di essere giunto al termine della sua vita,
disse all’amico: “Adios, compadre!”. Secondo il racconto dell’unico
testimone, queste furono le ultime parole di Kit Carson prima di
spirare.
Billy the Kid,
braccato dalla legge nel Territorio del New Mexico, si rifugiò a
Fort Sumner, un presidio ormai evacuato dall’esercito, dove viveva
un amico di nome Pete Maxwell. Lo sceriffo Pat Garrett raggiunse la
località la sera del 14 luglio 1881 e si appostò, insieme a due
uomini, sotto un porticato. Quando il fuorilegge uscì, a piedi nudi,
impugnando un coltello da cucina per tagliare della carne da un bue
appena macellato, intravide una figura nella penombra e chiese:
“Quien es?”. Quindi, avendo scorto una seconda sagoma, arretrò verso
l’abitazione di Maxwell e gli chiese a voce alta in spagnolo:
“Quienes son, Pete?” La risposta fu quella della Colt 41 di Pat
Garrett, che esplose due colpi contro di lui: il primo centrò il Kid
poco sopra il cuore, provocandone la morte immediata. Gli uomini
della legge erano stati probabilmente informati da Maxwell, un
mezzosangue di madre messicana, che disapprovava la relazione della
sorella Paulita con Billy. Quest’ultima però, non appena avvenuta la
sepoltura del bandito, scrisse sulla sua tomba: “Duerme bien,
querido.”CONQUISTADORES SUPERSTIZIOSI
Durante le prime
esplorazioni spagnole del continente nordamericano, i
“conquistadores” si lasciarono spesso affascinare da miti e leggende
alle quali prestarono fede ingenuamente.
E’ il caso di
Juan Ponce de Leòn, sbarcato in Florida con una spedizione
proveniente da Cuba per andare alla ricerca della “fonte dell’eterna
giovinezza”. Ma, invece della miracolosa acqua che restituiva il
vigore degli anni ormai trascorsi, il vecchio condottiero incontrò
le frecce degli Indiani, che decimarono la sua spedizione,
costringendola a reinbarcarsi. Ponce de Leòn, mortalmente ferito,
riuscì a fare ritorno a Cuba, ma sopravvisse soltanto pochi giorni.
Francisco
Vasquez de Coronado, governatore della Nueva Galicia – una regione
del Messico conquistato pochi decenni prima da Hernàn Cortès - si
lasciò invece convincere dal racconto di un frate francescano – tale
Marcos de Niza – circa l’esistenza delle favolose “Sette Città d’oro
di Cibola”, che il religioso asseriva di avere visto con i propri
occhi in una lontana regione del nord. L’avventuroso “conquistador”
partì nel 1540 da Culiacàn con una colonna di 400 uomini e parecchi
cavalli e raggiunse la regione chiamata in seguito Arizona. Dopo i
disagi, le malattie e le diserzioni che colpirono la spedizione,
Coronado scoprì alcuni villaggi di indiani Pueblo, una tribù di
lingua uto-azteca e chiese invano informazioni sulle mitiche città,
ottenendo soltanto di essere deriso. La leggenda narra che, avendo
lo Spagnolo domandato ad un capo-villaggio indigeno dove avesse
visto dell’oro, questi, additando i fregi ricamati sull’armatura di
Coronado, gli rispose “Sulla tua corazza”.
STERMINATRICE DI INDIANI
Durante il
periodo coloniale, uno dei più cruenti massacri compiuti dagli
Indiani fra la popolazione civile fu quello di Haverhill, un
villaggio inglese del Massachussets. Il 15 marzo 1697 gli Abenaki,
alleati dei Francesi, assalirono il villaggio di sorpresa e vi
uccisero 40 abitanti, mutilandoli e scotennandoli orrendamente. Fra
le vittime vi fu anche la neonata creatura di Hannah Webster Dustin,
una signora presa prigioniera insieme alla sua balia Mary Corliss
Neff.
Le due donne
vennero trasferite al nord e affidate ad una piccola banda indiana,
che le portò su un’isola del fiume Contoocook, nel New Hampshire, a
non molta distanza dalla cittadina di Concord. Nonostante i
maltrattamenti e la fatica per il lungo viaggio, durante il quale
gli ostaggi erano stati fustigati e percossi in continuazione,
Hannah e Mary escogitarono un progetto di fuga. Assicuratesi
l’appoggio di un ragazzo inglese, Samuel Leonardson, catturato un
anno prima dagli Indiani, la notte del 30 marzo attesero che tutti i
12 componenti della banda - 2 guerrieri, 3 squaw e 7 bambini - si
fossero addormentati profondamente accanto ai fuochi. Quindi i
prigionieri, armati di tomahawk, bastoni e coltelli, si avventarono
sugli ignari Abenaki, colpendo spietatamente prima i due guerrieri
adulti, poi le donne e infine anche i bambini. Soltanto una delle
squaw, benchè ferita, riuscì a fuggire nella foresta. L’ultima
operazione ordinata dalla Dustin fu di scotennare i cadaveri,
riponendo le loro capigliature in un sacco, per mostrarle a tutti
come prova al ritorno nella colonia. Quindi, l’infernale trio si
imbarcò su una canoa e navigò verso la salvezza.
In poche
settimane la fama di Hannah, la sterminatrice di Indiani, si sparse
in tutto il New England, diventando il simbolo delle coraggiose
donne della Frontiera. Un anno dopo la donna, all’età di 39 anni e
già madre di 12 figli, dei quali 8 viventi, portò felicemente a
termine una nuova gravidanza. Hannah Dustin morì nel 1729, all’età
di 70 anni.