Bear Paw
Nasi Forati avevano ormai chiaro in
mente che non avrebbero avuto altra via di scampo che la fuga in
Canada, dove già gli Hunkpapa di Toro Seduto avevano trovato rifugio
dopo lo scioglimento della grande coalizione che aveva vinto a
Little Bighorn.
Fiaccati nel fisico e nel morale da
mesi di fughe e battaglie giunsero a circa 40 miglia dal confine
canadese, nella zona delle Bear Paw Mountains. Sapevano di avere un
discreto vantaggio sulle truppe del Gen. Howard; quello che
ignoravano era la marcia forzata alla quale il Col. Miles stava
costringendo le sue truppe, che tra le altre includevano anche
alcune compagnie del 7° Cavalleria, partite da Fort Keogh.
In questo scenario, la decisione di
Specchio, capo militare dei Nasi Forati, di sostare alle Bear Paw
per far riposare uomini e cavalli, non poteva risultare più nefasta.

Il 30 settembre i soldati
piombarono sul campo indiano, ma ancora una volta, nonostante il
panico che prese donne e bambini, i guerrieri riuscirono a
organizzare una difesa straordinariamente efficace. La risposta
indiana alla carica delle truppe fu micidiale per precisione. I Nasi
Forati, che erano eccellenti tiratori, decimarono gli ufficiali che
sapevano riconoscere dai gradi sulle giubbe.
Nel corso della giornata Miles
ordinò ripetutamente la carica, supportata da fuoco di artiglieria,
con il solo risultato della cattura di alcune centinaia di cavalli,
ma al prezzo di decine di morti e feriti.
La situazione degli indiani non era
comunque migliore in quanto, oltre alle vittime (molte donne e
bambini), bisognava fare i conti con il terrore e il disagio dei
superstiti che si erano dispersi nei molti anfratti e avvallamenti
della zona.
Miles decise suo malgrado di
rinunciare al suo programma che prevedeva una vittoria lampo prima
dell’arrivo del Gen. Howard, ma che vista la situazione, avrebbe
significato un’enorme numero di
Nella notte il tempo si fece più
inclemente e prese a nevicare.
Nel tentativo di chiedere aiuto a
Toro Seduto, furono inviati di nascosto alcuni messaggeri che,
tuttavia, non raggiunsero mai l’obiettivo in quanto furono uccisi da
un gruppo di Assiniboine. Toro Seduto venne comunque a sapere della
situazione dei Nasi Forati quando però era troppo tardi e la resa
ormai avvenuta.
Il 1 ottobre un riluttante Capo
Giuseppe accettò di recarsi nel campo di Miles, con una bandiera
bianca, per negoziare la resa. Il capo indiano capì subito che Miles
non aveva nessuna intezione di trattare e chiedeva una immediata
resa senza condizioni. Non solo, fece addirittura arrestare Capo
Giuseppe incatenandolo e imprigionandolo nel tentativo di convincere
i Nasi Forati ad arrendersi.
Questi ultimi, intuìto l’inganno,
ebbero la prontezza di trattenere a loro volta nel campo il Ten.
Jerome, che venne però trattato con tutti i riguardi.
Il giorno successivo i prigionieri
vennero scambiati e l’assedio proseguì.
Le condizioni degli indiani
peggioravano di ora in ora e le truppe del Gen. Howard si erano
ormai unite al contingente di Miles, ma Specchio non intendeva
arrendersi. Quando però anche quest’ultimo fu colpito a morte
(probabilmente da uno scout Cheyenne), Capo Giuseppe decise per la
resa, comunicandola a Miles con quel famoso discorso che passò alla
storia (il testo del discorso lo si può trovare su questo sito)
Nella notte, approfittando
dell’oscurità, circa 230 indiani riuscìrono a scivolare tra le linee
nemiche e a fuggire in Canada.
Gli altri 418, in stragrande
maggioranza donne e bambini, si arresero all’esercito e furono
deportati in Oklahoma. Solo anni più tardi, i pochi superstiti
furono definitivamente condotti nelle riserve dell’Idaho.
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