Con i coloni è subito guerra
uindi, tutta l'industria del
bestiame era alle sue ultime battute. Era nata e si era basata sullo
sfruttamento delle terre dello Stato e senza questo principio non
poteva esistere. Un altro duro colpo venne inferto quando il
presidente Cleveland varò il provvedimento che vietava l'affitto o
l'acquisto di terre indiane. Vi fu poi l'istanza che ordinò
l'eliminazione di tutte le recinzioni innalzate sul demanio. Le
terre dello Stato sarebbero state distribuite ai coloni. Gli
allevatori non potevano stare a guardare mentre il governo sottraeva
loro quei territori che avevano sempre considerato propria esclusiva
proprietà. Tentarono con ogni mezzo di appropriarsi di più
appezzamenti possibile.
Iscrissero
i loro cowboy nelle liste di coloro che erano in attesa di un pezzo
di terra e quindi li convinsero a cedere loro i lotti così
ottenuti. Ma ormai erano alle strette. I problemi tra allevatori e
coloni sfociarono in scontri che, in alcuni casi, divennero delle
vere e proprie guerre.
Per tutelare i propri interessi,
i grandi allevatori si riunirono in associazioni con il principale
scopo, in realtà, di incrementare il loro potere a scapito di
allevatori di minori proporzioni o di agricoltori. Con l'accusa di
furto di bestiame vennero eliminati innocenti con il solo scopo di
estirpare il problema alla radice. Questa fu la causa di quella che
gli storici chiamano la guerra della Contea di Johnson che si svolse
nella primavera del 1892 e che vide addirittura impegnato
l'esercito, oppure del contrasto sviluppatesi tra gli agricoltori
della Contea di Lincoln.
Prima che gli avvenimenti
sfociassero in questi estremismi, l'impero del bestiame si era già
trasformato.
Oltre ai problemi con gli
agricoltori e le leggi di quarantena e di regolamentazione dei
pascoli, si aggiunsero altri fattori che decretarono la fine
dell'industria del bestiame.
Le recinzioni e le restrizioni
legali per impedire la diffusione di epidemie avevano interrotto il
fenomeno tipico dell'impero del bestiame: la lunga marcia.
Anche la pratica di allevamento
del pascolo aperto era tramontata, lasciando il posto al ranch, dove
le bestie erano selezionate per migliorarne la qualità della carne
con incroci con altre razze bovine. Questo bestiame era meno
resistente e voleva quindi ripari, acqua abbondante e mangime
eccellente.
Il problema dell'acqua fu
risolto con la costruzione
di mulini a vento che pompavano l'acqua dalle profondità della
terra in superficie e che permisero l'installazione di ranch in
posti dove prima era impensabile poterlo fare.
Il lavoro dei cowboy cambiò
sostanzialmente, limitandosi alla manutenzione dei mulini e dei
recinti.
Con il boom degli anni Ottanta
si verificò un sovraffollamento dei pascoli. Vi erano troppe bestie
in uno spazio ristretto: l'erba cominciò a scarseggiare. Infine, un
nuovo allevamento sorse a dare il colpo finale all'impero del
bestiame: quello delle pecore.
Vi furono numerosi scontri tra
allevatori di bovini e quelli di ovini a causa del problema dei
pascoli. I primi, infatti, sostenevano che le pecore rovinassero
l'erba estirpandola alla radice, intorbidassero le pozze d'acqua
rendendole inservibili, e allontanassero i bovini a causa del loro
cattivo odore: si arrivò addirittura allo scontro armato. Negli
anni Novanta, tuttavia, le mutate condizioni indussero molti
allevatori di bovini ad abbandonare tale attività per dedicarsi al
più redditizio allevamento di ovini: il business del bestiame era
ormai tramontato e le nuove esigenze economiche costrinsero gli
allevatori a questo mutamento.
Un altro fattore che contribuì
al tramonto dell'impero del bestiame fu il cattivo tempo: i
terribili inverni del 1885-86 e 1886-87 provocarono perdite in
alcuni casi dell'80%. I prezzi crollarono: dai 40 dollari circa a
capo si passò agli 8-10 dollari, ma non sempre si riusciva a
vendere.
Non solo i singoli allevatori,
ma anche le grandi compagnie fallirono. La Swan Land and Cattle
Company Ltd restò con cinquantasettemila capi dei centotredicimila
che ne aveva e fu costretta a dichiarare bancarotta.
Gli allevatori abbandonarono il
pascolo aperto, e, per cercare di salvare i pochi capi rimasti, si
convertirono al ranch.
Con il tramonto dell'impero del
bestiame, sparì anche la figura più tipica dell'Ovest americano:
il cowboy. Ormai egli aveva abbandonato quelle pratiche che avevano
caratterizzato il suo lavoro per anni. La lunga marcia verso il Nord
non esisteva più, la recinzione non rendeva più necessario il
raduno per marchiare le bestie. Cambiata la sua mentalità sino al punto di formare
associazioni e indire scioperi, di essere sottoposto a regolamenti
imposti e firmare contratti di lavoro, il più famoso prodotto del
West tramontò per vivere solamente nei rodei e nelle pagine degli
scrittori dell'Est che sottolinearono l'aspetto romantico della sua
vita, sebbene il lavoro del cowboy fosse solo fatica, polvere e
solitudine e i momenti di romanticismo fossero, in realtà,
inesistenti.
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