La battaglia del Washita
rrivò infine il tempo in cui i pionieri iniziarono a desiderare le
terre dei popoli indiani e le desiderarono talmente che le prime
scintille di guerra scatenarono un incendio le cui conseguenze
parvero subito incalcolabili.
Fatti e fatterelli si susseguirono
accrescendo la diffidenza tra i due popoli, le recriminazioni, le
lamentele, al punto che il Governo Americano decise di promuovere
una delle tante conferenze di pace che nella zona delle Grandi
Pianure si alternavano senza riscuotere grandi consensi, né grandi
risultati.
Tra ottobre del 1867 e quasi 5000 indiani si incontrarono con i
commissari governativi, prima a Fort Laramie e poi a Medicine Lodge
Creek, per discutere dell'assetto da dare alle terre reclamate a
gran voce dai bianchi ma rivendicate con archi e frecce dagli
indiani.
Tutto procedeva bene con le parate dei soldati e le giostre
equestri dei guerrieri, i discorsi dei commissari e quelli dei capi.
Solo i Comanche di Quanah, grandi razziatori e guerrieri
temibilissimi, se ne stavano in disparte, indecisi sul da farsi.
In
verità, tra traduzioni discutibili e approssimative, incapacità a
comprendere le diverse esigenze e la stessa diversità di approccio
al problema, la conferenza di pace procedeva, sì, ma senza creare
reali presupposti di pace.
I bianchi, bontà loro, proposero persino
di costruire delle case di legno per garantire il miglior comfort
agli indiani durante l'inverno. Solo che quelli, nomadi irrudicibili,
sempre al seguito delle mandrie di bisonti, tutto potevano gradire
fuorché case di legno, per giunta così spigolose, così contro
natura e difficili da trasportare.
Alla fine le promesse - che nessuno avrebbe mai mantenuto - e la
volontà di preservare la propria gente dalle guerre che certo ci
sarebbero state, spinsero alcuni capi a firmare "la pace",
pasticciando un segno su un foglio di carta fitto fitto di parole e
formule incomprensibili.
Firmarono il Cheyenne Pentola Nera,
evidentemente ancora non scottato dai fatti di Sand Creek, Uccello
Saltante per il popolo Kiowa, Dieci Orsi dei Comanche. I loro popoli
gli avevano permesso di parlare anche per loro, per quella
circostanza, e di loro si fidavano.
Ai commissari governativi
bastavano quei nomi per essere autorizzati a dire che nel west,
finalmente, ci sarebbe stata la pace. Si trattava di affermazioni
che non tenevano conto della particolare struttura sociale degli
indiani tra i quali non esistevano capi in grado di parlare
realmente per tutto un popolo: ogni leader rappresentava appena se
stesso e quelli che lo seguivano in quel momento.
Niente più!
Quindi, anche un patto siglato da dieci persone non poteva
rappresentare il variegato mondo delle nazioni indiane che si
affacciavano alla frontiera. Dieci firme rappresentavano dieci
persone e chi gli dava fiducia, fino a prova contraria.
E infatti la frontiera grondava di sangue, soprattutto bianco. Tutte
le promesse di pace, di stare lontani dalle piste frequentate dai
pionieri, di lasciare in pace i coloni, di non fare la guerra tra
tribù... Il patto non funzionava.
Kansas, Colorado e Texas
proseguirono la triste conta dei loro morti. Gli indiani incolpavano
gli agricoltori di voler trasformare in terreno agricolo le pianure;
accusavano la ferrovia di fare scappare via i bisonti, per sempre.
Sostenevano la pericolosità di quel torpedone infinito di carri che
attraversavano la loro terra disseminando sporcizia, tagliando gli
alberi, portando terribili e sconosciute malattie e distribuendo
l'alcool.
I bianchi, a ondate successive, occupavano la terra e la
presidiavano con l'uso delle armi e si spingevano sempre più
avanti.
In questo contesto sembrò normale che Sheridan, il Generale a capo
dell'esercito americano nelle pianure occidentali, desse l'incarico
di punire severamente gli indiani, quali che fossero, a George
Armstrong Custer, un autentico professionista della guerra,
coraggioso e azzardato quanto basta, sempre in cerca di occasioni di
gloria.
Custer prese l'incarico con la massima serietà. Addestrò il VII
Cavalleria come mai nessuno aveva fatto fino ad allora. Arruolò
numerose guide della nazione Osage per sfruttarne le innate capacità
di perlustrazione e di ricerca del nemico.
Alla fine partì in cerca
degli indiani.
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