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a cura di Sergio Mura

La caccia è iniziata

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a notte del 23 novembre del 1868 fu una di quelle da segnare nel calendario. Un freddo intenso agevolò la caduta della neve, tanta quanta non se ne vedeva da tempo. Per tutta la notte tormentò i soldati di Custer. Zuppi, assiderati, stanchi e affamati non ebbero nemmeno molto tempo per provare a riposare. All'alba il loro implacabile comandante li voleva nuovamente in marcia, lui che pareva non stancarsi mai, lui che dormiva poche ore per notte e a volte non dormiva affatto. Il sole del giorno successivo li salutò mentre cavalcavano in un paesaggio da favola, con fiocchi di neve grandi così che cadevano pigramente in un silenzio rotto qui e lì da qualche animale che fuggiva spaventato dai cavalloni americani. La visibilità non consentiva di vedere oltre pochi metri tanto che era legittimo pensare che se pure avessero trovato gli indiani forse nessuno se ne sarebbe accorto!
Custer prese decisamente la guida dei soldati intirizziti e, bussola alla mano, decise dove si doveva andare. Le guide Osage facevano tutto il resto perché lì, bussola o no, senza un indiano a indicare il sentiero era più facile finire dentro uno dei tanti fossi in grado di contenere uomo e cavallo insieme. La temperatura si alzò leggermente facendo sciogliere la neve. I soldati pativano mille acciacchi tra cui frequenti acceccamenti dovuti al riverbero e un generale indolenzimento alle natiche causato dalle pelli inzuppate che ricoprivano le selle. La zona era ricca di selvaggina e i soldati poterono gustare ottima lepre in tutte le salse quel giorno. L'avanzata procedeva al ritmo di 15-18 miglia giornaliere.
Il 25 novembre, un altro giorno di freddo terribile, portò i soldati e Custer lungo il Wolf Creek. Lo percorsero per un tratto per poi rivolgersi in direzione del Canadian. Tra gli improperi di una truppa sì fedele ma esasperata da una marcia faticosissima e da periodi di riposo troppo brevi. E poi, tutti fradici allorquando la neve si scioglieva e tutti ghiacciati quando la temperatura si abbassava repentinamente. Il 26 novembre fu deciso di mandare in avanscoperta il Maggiore Elliot e tre squadre del VII Cavalleria con vari esploratori bianchi e indiani.
Gli altri seguirono il Canadian River avendo come punto di riferimento le Antelope Hills, l'unica cosa che si vedesse con precisione nella nebbia mattutina. Quando fu trovato il guado adatto nel Canadian, iniziarono le operazioni di trasporto dei carri verso l'altra sponda. Concluse queste operazioni, Custer salì sulla cima di una collina per guardarsi intorno e fu in quel momento che notò che uno dei soldati al seguito di Elliot rientrava in tutta fretta. Ne aveva motivo: erano state scoperte le tracce di un accampamento di almeno 150 guerrieri a non molta distanza da dove si trovavano e ora attendevano istruzioni. "Cambia cavallo - gli ingiunse Custer - e rientra immediatamente da Elliot! Dovrete aspettarci prima di compiere qualunque azione. Lasceremo i carri indietro e viaggeremo tutti più spediti".
"Stivali e sella! - ingiunse Custer alla truppa - Entro pochi minuti dobbiamo essere in grado di ripartire!"
Ci volle l'intera giornata per raggiungere il Maggiore Elliot che li attendeva con un'altra grande notizia.

Alle nove di sera il VII Cavalleria ricongiunse le forze e finalmente Custer poté parlare con Elliot. "Le tracce che abbiamo scoperto e seguito per un pezzo risalgono a non oltre 24 ore! Lo dicono i nostri scout e lo confermano gli Osage." Così disse Elliot, eccitatissimo, al suo comandante, restando in trepidante attesa di conoscere le decisioni di Custer.

Per fortuna gli uomini di Elliot, non potendo fare affidamento sull'accensione dei fuochi nel buio della prateria, avevano preparato il caffè con largo anticipo per cui tutti lo poterono bere subito, perché Custer rimise tutti in moto nemmeno un'ora dopo essere arrivati al campo. Alle 22, infatti, la cavalleria e gli scout erano sulla pista, seguendo le tracce come meglio non avrebbe saputo fare un cane da caccia.

 

Osages. Le guide Osage facevano tutto il resto perché lì, bussola o no, senza un indiano a indicare il sentiero era più facile finire dentro uno dei tanti fossi in grado di contenere uomo e cavallo insieme.

 

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