Il 1862
a situazione strategica che andò delineandosi nella tarda estate del
1862 non era certamente rosea per le truppe federali. Solo pochi
mesi prima i soldati unionisti erano alle porte della capitale
confederata, Richmond, mentre ora era Washington ad essere
seriamente minacciata: il generale Robert E. Lee aveva condotto una
magistrale campagna militare in Virginia, costringendo il generale
John Pope a ritirarsi, prima di batterlo duramente nella seconda
battaglia di Bull Run.
Dopodiché Lee attraversò il Potomac ad Harper’s Ferry e avanzò in
Maryland: per lungo tempo sembrò che la sua pura abilità bastasse a
compensare il grande vantaggio che il nord aveva in termini di
materiali e risorse umane.
Anche ad ovest le cose non andavano bene, visto che Grant, subito
dopo la sua avanzata su Shiloh, che lo aveva portato ai confini con
il Mississippi, era stato fermato; doveva, inoltre, inviare rinforzi
in Tennessee dove i generali sudisti Bragg e Smith stavano avanzando
con decisione verso il fiume Ohio.
Il 17 settembre fu combattuta la battaglia di Antientam, che sul
piano puramente militare fu un “pareggio” ma da un punto di vista
umano costò al nord quasi 12mila uomini; in più pareva certo che da
un momento all’altro la Gran Bretagna dovesse riconoscere gli stati
del sud: per Lincoln la situazione si stava facendo difficile. Molte
persone nel suo stesso partito, sia perché disgustate dalla perdita
di vite umane sempre più gravi, sia perché si stavano convincendo
dell’inutilità di trattenere gli stati della Confederazione contro
la loro volontà, volevano il termine della guerra.
Il Presidente aveva perciò bisogno di vittorie, e ne aveva bisogno
in fretta.
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