na volta un
vecchio indiano disse che tutto ciò di cui il suo popolo necessitava
per una vita felice era il bisonte: esso dava tutto agli indiani
eccetto l'acqua ed i pali per le tende. Con il bisonte, il popolo
rosso della prateria trovava appagamento a tutte le sue necessità.
Era il dono che il Grande Spirito aveva dato agli indiani.
Dell'animale si
utilizzava tutto. Gli etnologi e gli antropologi hanno rinvenuto e
catalogato almeno ottanta oggetti derivanti dall'utilizzo della
carcassa del bisonte. Si va dal vestiario, agli oggetti per la
capanna, alle armi, ai giocattoli, agli strumenti di lavoro ed agli
oggetti magici. Le donne erano velocissime ed espertissime nel loro
lavoro. La sopravvivenza del villaggio dipendeva dalla loro abilità
di macellaie, sarte e cuoche, almeno quanto dipendeva dal valore dei
cacciatori. Senza la loro capacità di sfruttare quelle carcasse,
dalla testa fino allo zoccolo, tutta la fatica degli uomini sarebbe
stata inutile. Considerato che a quei tempi non esistevano né
frigoriferi e né i tir, ben si può comprendere la necessità di
organizzare fin nei minimi particolari tutto il lavoro necessario e
successivo alla caccia. Come vedremo più avanti, per la essicazione
della carne, il fattore meteorologico giocava un ruolo fondamentale
e cerimonie speciali venivano fatte per scongiurare la pioggia. A
maggior prudenza, prima di intraprendere la caccia, anziane donne,
dotate di speciali poteri divinatori, veniva interpellate sul tempo
che si avrebbe avuto.
Nulla doveva
essere sprecato. Un parziale utilizzo lo abbiamo già visto a
proposito delle armi, del tepee, delle suppellettili, dei vestiti e
della cucina. In seguito vedremo come si procedeva alla
conservazione della carne ed il trattamento delle pelli. Del bene
primario del bisonte esaminiamo adesso l'utilizzo di ogni singola
parte. Le donne lavoravano in gruppi. Si stendeva l'animale sul
ventre,quindi si praticava un taglio lungo la colonna vertebrale e
si staccava la pelle da ciascun lato in modo da formare due
superfici su cui venivano deposti i pezzi che man mano venivano
sezionati. Prima si procedeva con le interiora ed i principali
organi interni. Mentre procedevano all'espianto, e donne erano
circondate da sciami di bambini festosi ed in attesa di un
pezzettino di fegato. Una vera e propria leccornia per loro che lo
mangiano sempre crudo ed ancora caldo. Si procedeva poi a prelevare
tutto il resto: cuore, polmoni, reni.
Filetti,
controfiletti, spalle ed altri parti venivano trasportate subito al
villaggio con i cavalli per una successiva lavorazione, di cui
diremo più avanti. Man mano che procedeva il sezionamento ed era
pronto un carico si approntavano le tregge e continuava
l'andirivieni come una colonna di formiche quando trasportano le
provviste.
La pelle aveva
una incredibile quantità di usi, accompagnando, tra l'altro,
l'indiano dalla culla, come soffice pelle di un vitellino, alla bara
come manto funebre. Ecco perchè le donne prestavano una cura
particolare nello scuoiare la carcassa. Tagliavano e separavano le
pezze secondo il futuro impiego. Le aree della pelle più morbida da
una parte e quelle più dure da un'altra. Le une servivano per
coperte, vestiti, borse; mentre le altre per i cordami, le suole dei
mocassini, la copertura delle tende, il rivestimento degli scudi.
Gli scalpi, con
le corna ancora attaccate, ed i ciuffi di pelo denso e ruvido del
cranio, sarebbero diventati copricapo per la guerra e le cerimonie
religiose. Le corna, tolte dal cranio, venivano scavate per servire
da mestoli, cucchiai ed utensili per la cucina. Oppure come
contenitori per la polvere da sparo. Il cranio, con le corna, veniva
usato come altare nelle cerimonie più importanti. Con le ossa si
facevano i telai delle selle, le mazze da guerra, i raschietti per
scarnificare le pelli. Le costole, unite tra loro con corregge di
pelle grezza, diventavano slitte. Da tutte le ossa lunghe si
estraeva il midollo che, fatto a pezzetti, veniva bollito e messo
dentro le vesciche. Quando si raffreddava prendeva l'aspetto ed il
sapore del burro. Un altro uso delle vesciche era quello di
contenitori per l'acqua, dopo essere state gonfiate e fatte
asciugare. Oppure venivano riempite di sego per la conservazione
durante la stagione fredda. Le vesciche, inoltre, fatte seccare,
venivano riempite di sassolini per diventare giocattoli che le bimbe
si divertivano ad agitarle, come maracas, per accompagnare le loro
danze. I lunghi peli della criniera venivano intrecciati per fare
corde o cavezze per i cavalli, oppure come riempimento per cuscini e
selle. Con i tendini si facevano le corde per gli archi oppure con
essi si poteva rinforzare il dorso degli stessi. Altro utilizzo si
aveva tagliando i tendini in fili sottili e robusti con cui si
cucivano le pelli o si facevano collane infilando perline colorate,
denti di orso e conchiglie. Il cervello, quando non veniva lessato e
mangiato, era usato per il trattamento delle pelli, mischiato ad
altri materiali concianti. Gli zoccoli, lessati assieme ad ossa,
pezzi di corna e midollo fornivano un ottimo collante. Anche la coda
serviva, potendo diventare uno scacciamosche. Non tutto il ricavato
del bisonte però veniva consumato.
I cronisti
dell'epoca parlavano di importanti scambi commerciali tra le tribù
nomadi e quelle stanziali dedite all'agricoltura. Le prime si
sobbarcavano centinaia di chilometri per barattare con le seconde la
carne conservata, il sego, le pelli ed i manufatti con mais, fagioli
e zucche. Erano scambi equilibrati trattandosi di surplus in quanto
le varie etnie erano autosufficienti per sé.