Su
La carne
Le pellicce

 


A cura di Gaetano Della Pepa

I mille usi del bisonte

U

na volta un vecchio indiano disse che tutto ciò di cui il suo popolo necessitava per una vita felice era il bisonte: esso dava tutto agli indiani eccetto l'acqua ed i pali per le tende. Con il bisonte, il popolo rosso della prateria trovava appagamento a tutte le sue necessità. Era il dono che il Grande Spirito aveva dato agli indiani.

Dell'animale si utilizzava tutto. Gli etnologi e gli antropologi hanno rinvenuto e catalogato almeno ottanta oggetti derivanti dall'utilizzo della carcassa del bisonte. Si va dal vestiario, agli oggetti per la capanna, alle armi, ai giocattoli, agli strumenti di lavoro ed agli oggetti magici. Le donne erano velocissime ed espertissime nel loro lavoro. La sopravvivenza del villaggio dipendeva dalla loro abilità di macellaie, sarte e cuoche, almeno quanto dipendeva dal valore dei cacciatori. Senza la loro capacità di sfruttare quelle carcasse, dalla testa fino allo zoccolo, tutta la fatica degli uomini sarebbe stata inutile. Considerato che a quei tempi non esistevano né frigoriferi e né i tir, ben si può comprendere la necessità di organizzare fin nei minimi particolari tutto il lavoro necessario e successivo alla caccia. Come vedremo più avanti, per la essicazione della carne, il fattore meteorologico giocava un ruolo fondamentale e cerimonie speciali venivano fatte per scongiurare la pioggia. A maggior prudenza, prima di intraprendere la caccia, anziane donne, dotate di speciali poteri divinatori, veniva interpellate sul tempo che si avrebbe avuto.

Nulla doveva essere sprecato. Un parziale utilizzo lo abbiamo già visto a proposito delle armi, del tepee, delle suppellettili, dei vestiti e della cucina. In seguito vedremo come si procedeva alla conservazione della carne ed il trattamento delle pelli. Del bene primario del bisonte esaminiamo adesso l'utilizzo di ogni singola parte. Le donne lavoravano in gruppi. Si stendeva l'animale sul ventre,quindi si praticava un taglio lungo la colonna vertebrale e si staccava la pelle da ciascun lato in modo da formare due superfici su cui venivano deposti i pezzi che man mano venivano sezionati. Prima si procedeva con le interiora ed i principali organi interni. Mentre procedevano all'espianto, e donne erano circondate da sciami di bambini festosi ed in attesa di un pezzettino di fegato. Una vera e propria leccornia per loro che lo mangiano sempre crudo ed ancora caldo. Si procedeva poi a prelevare tutto il resto: cuore, polmoni, reni.

Filetti, controfiletti, spalle ed altri parti venivano trasportate subito al villaggio con i cavalli per una successiva lavorazione, di cui diremo più avanti. Man mano che procedeva il sezionamento ed era pronto un carico si approntavano le tregge e continuava l'andirivieni come una colonna di formiche quando trasportano le provviste.

La pelle aveva una incredibile quantità di usi, accompagnando, tra l'altro, l'indiano dalla culla, come soffice pelle di un vitellino, alla bara come manto funebre. Ecco perchè le donne prestavano una cura particolare nello scuoiare la carcassa. Tagliavano e separavano le pezze secondo il futuro impiego. Le aree della pelle più morbida da una parte e quelle più dure da un'altra. Le une servivano per coperte, vestiti, borse; mentre le altre per i cordami, le suole dei mocassini, la copertura delle tende, il rivestimento degli scudi.

Gli scalpi, con le corna ancora attaccate, ed i ciuffi di pelo denso e ruvido del cranio, sarebbero diventati copricapo per la guerra e le cerimonie religiose. Le corna, tolte dal cranio, venivano scavate per servire da mestoli, cucchiai ed utensili per la cucina. Oppure come contenitori per la polvere da sparo. Il cranio, con le corna, veniva usato come altare nelle cerimonie più importanti. Con le ossa si facevano i telai delle selle, le mazze da guerra, i raschietti per scarnificare le pelli. Le costole, unite tra loro con corregge di pelle grezza, diventavano slitte. Da tutte le ossa lunghe si estraeva il midollo che, fatto a pezzetti, veniva bollito e messo dentro le vesciche. Quando si raffreddava prendeva l'aspetto ed il sapore del burro. Un altro uso delle vesciche era quello di contenitori per l'acqua, dopo essere state gonfiate e fatte asciugare. Oppure venivano riempite di sego per la conservazione durante la stagione fredda. Le vesciche, inoltre, fatte seccare, venivano riempite di sassolini per diventare giocattoli che le bimbe si divertivano ad agitarle, come maracas, per accompagnare le loro danze. I lunghi peli della criniera venivano intrecciati per fare corde o cavezze per i cavalli, oppure come riempimento per cuscini e selle. Con i tendini si facevano le corde per gli archi oppure con essi si poteva rinforzare il dorso degli stessi. Altro utilizzo si aveva tagliando i tendini in fili sottili e robusti con cui si cucivano le pelli o si facevano collane infilando perline colorate, denti di orso e conchiglie. Il cervello, quando non veniva lessato e mangiato, era usato per il trattamento delle pelli, mischiato ad altri materiali concianti. Gli zoccoli, lessati assieme ad ossa, pezzi di corna e midollo fornivano un ottimo collante. Anche la coda serviva, potendo diventare uno scacciamosche. Non tutto il ricavato del bisonte però veniva consumato.

I cronisti dell'epoca parlavano di importanti scambi commerciali tra le tribù nomadi e quelle stanziali dedite all'agricoltura. Le prime si sobbarcavano centinaia di chilometri per barattare con le seconde la carne conservata, il sego, le pelli ed i manufatti con mais, fagioli e zucche. Erano scambi equilibrati trattandosi di surplus in quanto le varie etnie erano autosufficienti per sé.

 

Sfruttamento. Dell'animale si utilizzava tutto. Gli etnologi e gli antropologi hanno rinvenuto e catalogato almeno ottanta oggetti derivanti dall'utilizzo della carcassa del bisonte. Si va dal vestiario, agli oggetti per la capanna, alle armi, ai giocattoli, agli strumenti di lavoro ed agli oggetti magici.

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Sotto: una caccia con i cavalli.

 

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