bbiamo visto
l'uso che gli indiani facevano delle parti del bisonte. Ora ci
occuperemo della preparazione della carne per le scorte invernali.
Gli indiani usavano una tecnica tutta particolare ed il prodotto
ottenuto sarà poi largamente usato anche dai trappers,
coloni,cacciatori e persino dai soldati. Nell'inverno del 1863 il
generale Sully attaccò e saccheggiò un villaggio Sioux composto di
400 tende. I soldati distrussero ed incendiarono tutto tranne
un'enorme quantità di pelli ed una scorta di quasi duemila chili di
carne secca di Pemmican.
Ma cosa era il
Pemmican?
Il vocabolo
Pemmican è originario del linguaggio dei Cree ed indica appunto
la carne di bisonte, opportunamente trattata in modo da poter essere
conservata. Abbiamo visto come le donne sezionavano l'animale, dopo
la caccia, per trasportarne al villaggio i vari pezzi. Qui si
procedeva alla successiva lavorazione. Per il pemmican si usavano
solo le parti scelte e magre del bisonte: cosce, lombata, spalla.
Si tagliavano i
pezzi in strisce lunghe e sottili, lasciandole essiccare per alcuni
giorni al sole su appositi trespoli sollevati dal terreno.
Successivamente le donne preparavano preparavano due fuochi con
legna di pioppo e proseguivano l'essiccamento delle strisce di
carne, grigliandole, alternativamente, su un fuoco e togliendole non
appena il fumo si faceva denso, per passarle sull'altro fuoco stando
bene attente a non farle bruciare. Si procedeva in questo modo fino
a quando la carne non raggiungeva la consistenza tale per essere
sbriciolata ed essere ridotta in polvere.
Questa
successiva operazione si faceva su una pelle di bisonte, dalla parte
senza peli, usando un flagello assai simile a quello che una volta i
nostri contadini usavano sull'aia per far uscire il grano dalle
spighe: un tozzo pezzo di legno duro legato ad un manico di legno
più lungo. Mentre alcune donne erano così impegnate, le altre
preparavano il sego facendo bollire e sciogliere le parti grasse
della bestia e le mammelle delle femmine di bisonte.
Una vera e
propria catena di montaggio.
Altre donne
preparavano le sacche entro cui conservare il pemmican usando la
pelle dei fianchi di un bisonte giovane, cucite insieme.
Dentro queste
sacche veniva versata la carne polverizzata ed il sego, in rapporto
di quattro a due. Poi il tutto veniva rimescolato, con molta
energia, per amalgamare bene il composto ed eliminare le bolle
d'aria createsi all'interno della sacca. Altre volte,il miscuglio
veniva messo a strati sovrapposti, poi, chiusa la sacca e lasciata
raffreddare un poco, la donna vi saltava sopra e vi ballava a piedi
uniti, per far uscire l'aria.
Le sacche
pesavano 30,35 chili ciascuna. Per riempire una sacca ci voleva la
carne scelta di due o tre bisonti. Un pemmican particolarmente
apprezzato era quello con l'aggiunta di mirtilli, bacche ed altra
frutta selvatica. Il valore nutritivo era di circa cinque volte
superiore a quello della carne fresca. Inoltre, per questa
preparazione si poteva usare anche la carne dei tori, più dura, meno
ricercata e quasi immangiabile fresca. Questo composto poteva essere
consumato così come era stato conservato, senza aggiungere altro,
oppure il composto farinoso si versava nell'acqua calda per farne,
secondo la densità, una sostanziosa minestra o un brodo
particolarmente nutriente.
Per le suddette
proprietà, oltre a quella di potersi conservare a lungo (addirittura
per anni), e per la facilità di trasporto il pemmican ebbe, sul
mercato degli scambi commerciali, una richiesta sempre crescente sia
da parte dei bianchi, sia da parte di quelle tribù che non
cacciavano il bisonte. Specialmente tra i pionieri del West, il
pemmican ebbe un successo tale da poter essere paragonato alle
scatolette di carne e alle gallette dei militari. Così ì pellerossa
delle praterie si industriarono a produrre il pemmican non solo per
loro, ma anche per gli altri, dando un notevole incremento
all'annientamento delle immense mandrie di bisonti. Le sacche di
pemmican, venivano conservate, per l'alimentazione invernale di
tutto il villaggio (e non per singoli gruppi familiari), dentro
buche scavate nel terreno,profonde circa due metri, con erba secca
pigiata tutta intorno creando uno strato isolante dalla terra. Le
buche erano poi rivestite di sassi per evitare la predazione da
parte degli animali selvatici. C'erano ancora due modi di conservare
la carne: l'affumicazione e l'essiccazione. L'affumicazione avveniva
su griglie, fatte con bastoncini di legno, poggiate ad una certa
distanza dalla brace e rivoltate continuamente fino a quando la
carne non perdeva completamente il grasso, che, colando sulla brace,
alimentava la produzione di calore e di fumo evitandone
l'abbrustolimento. I pezzi di carne da affumicare erano strisce
spesse non oltre i quattro centimetri e sezionate perpendicolarmente
in modo da avere nella stessa striscia strati di carne magra
alternati a quella grassa. La tecnica usata dagli indiani venne
subito imitata dai bianchi tanto che ancora oggi quelle striscioline
di carne affumicata, beef-jerky, si trovano nei supermercati
americani.
L'altro modo di
conservare la carne consisteva nel farla essiccare al sole. Si
appendevano le strisce di carne a dei bastoni orizzontali, sostenuti
da due grucce, fuori dalla portata dei cani e dai lupi, in zone del
villaggio ben esposte al sole. Si lasciava così la carne per diversi
giorni fino a che si seccava al punto da poter essere trasportata
senza pericolo che si guastasse.