Gli Italiani del 7° Cavalleria
utti conoscono la vicenda del trombettiere
italiano Giovanni Martini a Little Bighorn; i più informati
probabilmente sono anche a conoscenza dell’avventura vissuta dal
Tenente Carlo Rudio durante la stessa battaglia. Tuttavia non è di
dominio pubblico il dato che vuole quel fatidico giorno del 1876,
ben 6 italiani presenti nei ruolini del 7° Cavalleria. Infatti,
oltre ai citati Martini e Rudio, risultavano regolarmente arruolati
nel 7° tali: Augusto De Voto, Giovanni Casella, Felice Vinatieri e
Francesco Lombardi.
La tabella che segue fornisce il dettaglio su
ciascuno di essi.
Nome Originale |
Nome
Angli-cizzato |
Luogo e anno di
nascita |
Luogo e anno di
morte |
Comp. del 7° Cav. |
Posizione al
momento della battaglia |
Giovanni Martini |
John Martin |
Sala Consilina (SA), 1853 |
Brooklyn, 1922 |
“H” |
Custer lo volle con sé al momento della divisione delle forze,
salvo poi rinviarlo a Benteen con il famoso messaggio di
richiesta d’aiuto |
Carlo Rudio |
Charles De Rudio |
Belluno, 1832 |
Los
Angeles, 1910 |
“A”
(tempora-neamente distaccato dalla Comp. “E” |
Con
Reno all’attacco del villaggio, restò staccato durante la
ritirata. Rimase nascosto nella valle per 2 giorni prima di
riunirsi alle truppe sulla collina di Reno |
Felice Vinatieri |
Felix Vinatieri |
Torino, 1834 |
Yankton, 1891 |
Banda Musicale |
Sul
battello “Far West” ormeggiato sul Powder River |
Augusto De Voto |
Augustus Devoto |
Genova, 1851 |
?
(sepolto nel cimitero della Cavalleria di Tacoma), 1923 |
“B” |
La
sua compagnia era adibita al trasporto delle munizioni e
salmerie. Arrivò quindi a cose fatte e si unì alle truppe di
Reno sulla collina. |
Giovanni Casella |
John James |
Roma, 1848 |
? |
“E” |
Assegnato al convoglio delle salmerie, arrivò sul luogo della
battaglia insieme alla compagnia “B” |
Francesco Lombardi |
Frank Lombard |
Napoli, 1848 |
? |
Banda Musicale |
In
malattia a Fort Lincoln |
Osservando le ultime 2 colonne si rimane
piacevolmente sorpresi nel constatare che tutti e 6 i nostri
compatrioti hanno salvato la pelle nonostante alcuni di essi fossero
originariamente assegnati a compagnie che furono poi annientate
durante la battaglia.
Infatti Carlo Rudio, poco simpatico a Custer
e forse anche per questo ancora più simpatico a noi, non fu da
questi nominato comandante della compagnia “E”, come gli sarebbe
spettato, ma fu distaccato alla compagnia “A”, a sua volta assegnata
alle forze di Reno prima della battaglia. Rudio visse l’avventura
che sappiamo e seppur per il rotto della cuffia riuscì a scampare la
morte.
Viceversa la
compagnia “E” fu sterminata in circostanze abbastanza misteriose, a
questo proposito segnalo la lettura di un volume ad essa dedicata
(“The Mistery of E Troop” di Gregory Michno).
Anche il romano
Giovanni Casella risultava assegnato alla “E”, tuttavia fu mandato
con la compagnia “B” a supporto della colonna dei rifornimenti che,
essendo molto più lenta, arrivò sul campo di battaglia quando i
giochi erano ormai fatti e si aggregò con i resti delle truppe di
Reno sulla collina assediata dagli indiani.
Anche la banda
musicale, diretta dal Vinatieri, rimase in retroguardia, addirittura
si fermò al campo sul Powder River.
Se a tutto questo
aggiungiamo l’episodio del trombettiere Martini, ultimo a vedere
Custer e i suoi in vita, dal comandante inviato in cerca di
soccorsi, salvandogli così la vita, non si può negare che la buona
stella abbia protetto i nostri compatrioti..
Onestamente per
spiegare il fatto non andrei a cercare motivazioni che sono forse
più acconcie alle moderne polemiche come la “furbizia” di italica
accezione o ”l’imboscamento”. Semplicemente il fato, unito nel caso
di Rudio ad un notevole sangue freddo e ad una dose addizionale di
buona sorte, portò in salvo i 6 italiani al servizio del 7°
Cavalleria.
Piuttosto viene da domandarsi cosa
ci facessero tutti quegli italiani a migliaia di chilometri dalla
madre patria, al servizio dell’esercito degli Stati Uniti. Tema,
questo, che da solo meriterebbe ampia discussione. Tuttavia, non si
è lontano dal vero se si afferma che le necessità, i bisogni
materiali, in buona sostanza la miseria, portarono molti nostri
compatrioti a traversare l’Atlantico e che, una volta sbarcati, non
trovarono di meglio che arruolarsi per poter contare su un magro, ma
sicuro stipendio. Molti di loro, e tra questi alcuni del 7°, in
realtà non fecero che replicare quanto fatto in patria dove avevano
già vestito divise di vari eserciti. Un’accelerazione in questo
senso arrivò dallo scoppio della Guerra Civile allorché l’Unione
favorì l’arruolamento volontario “per sostituzione” permettendo così
ai bisognosi immigrati di rimpiazzare gli americani “doc” nelle file
dell’esercito, con soddisfazione di entrambi.
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