Guerrieri Lakota
uando i
guerrieri scoprirono un grande villaggio di tepee nei pressi di una
piccola insenatura nella zona delle Grandi Pianure... Inizia così il
racconto, frutto di lontani ricordi, di uno degli uomini che
partecipò all’azione guerresca che segue “...era in corso una grande
danza e al centro dello spazio dove si svolgeva la cerimonia, si
ergeva un piccolo palo sul quale sventolava una bandiera indiana”.
All’uomo balenò nella mente un piano. Lui insieme ad alcuni compagni
ben addestrati si sarebbero staccati dal gruppo principale e
avrebbero attaccato di sorpresa gli abitanti del villaggio. Essi
avrebbero caricato a cavallo, attraversando “quella porzione di
villaggio che era la più lontana dal raduno dei danzatori” e
avrebbero fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria per
aggiudicarsi l’onore di conquistare il vessillo nemico.
La carica
iniziò. Come diversivo, il piccolo gruppo di combattenti dette alle
fiamme la prima tenda che incontrò sul suo percorso per poi
precipitarsi verso la bandiera. Benché sorpresi dalla improvvisa
apparizione dei loro eterni nemici, i guerrieri del villaggio
risposero prontamente all’assalto. Secondo il resoconto del loro
leader, i combattenti affrontarono immediatamente “frecce volanti e
pallottole infuocate”. Il capo della spedizione stava per abbattere
l’asta che sosteneva la bandiera quando uno dei suoi uomini venne
colpito da un proiettile proveniente da un fucile. Il valoroso
combattente, ormai ferito, stava per cadere da cavallo quando il
capo ed un altro uomo lo afferrarono e lo trattennero in sella. I
tre tornarono verso il gruppo principale dei loro compagni, i quali
si stavano ritirando verso una scarpata ad ovest del villaggio.
I guerrieri
dell’accampamento balzarono sui loro cavalli incuneandosi
immediatamente nella zona posta tra le abitazioni e gli assalitori.
Per nulla scoraggiati, i combattenti tornarono all’assalto, fedeli
al compito che dovevano svolgere. Più tardi il loro capo ricordò che
quello che fecero a quel punto fu “manovrare per un attacco simulato
verso il lato sud del villaggio; quindi cambiare rapidamente
direzione sferrando l’attacco verso il lato nord con tutta la
rapidità che la velocità dei cavalli poteva consentire”. Gli
abitanti del luogo, comunque, erano in guardia anche per una simile
mossa e risposero a loro volta con una manovra altrettanto rapida,
fiancheggiando gli assalitori. Questi, come riferì il loro capo,
vennero dirottati “sul ponte, lontano dal loro obiettivo, verso la
zona nord del villaggio”.
Secondo il
racconto dell’unico guerriero ancora vivente quando venne acquisita
questa testimonianza, durante i due giorni successivi si combatté a
tratti. Nessuno venne ucciso ma molti furono feriti,. Nel pomeriggio
dell’ultimo giorno di battaglia, le opposte fazioni ebbero una
conversazione a distanza. I guerrieri del villaggio assalito,
tuttavia, ad un certo punto interruppero il dialogo. Essi
sventolavano una coperta, che nel linguaggio dei segni significa
“Venite e combattete con noi”. Gli uomini che nei due giorni
precedenti avevano così coraggiosamente attaccato il villaggio
declinarono l’invito. Subito dopo, seguendo gli ordini del loro
capo, erano “di nuovo in marcia”.
La “battaglia”,
combattuta nel diciannovesimo secolo, descritta qui sopra non ha
nome. Non se ne conosce nemmeno la data esatta. Il luogo in cui si
svolse è individuabile all’incirca nei pressi di Prairie Creek, non
molto distante da Platte River, l’attuale contea di Hall, in
Nebraska. I nomi dei combattenti coinvolti non sono noti, ad
eccezione di uno, quello di chi l’ha ricordata e descritta. La
mancanza di dettagli può risultare deludente o irritante, ma non c’è
nulla che si possa aggiungere. A nessuno degli uomini impegnati
nella battaglia venne richiesto di stilare un rapporto ufficiale.
Sotto certi aspetti questa battaglia può somigliare a uno degli
scontri che si erano verificati quando le pattuglie o le colonne
dell’esercito degli Stati Uniti erano incappate in un accampamento
indiano “ostile” nelle Grandi Pianure. Ma non è esattamente così, le
similitudini terminano presto. Certo è che c’era un capo con un
piano; certo la forza combattente principale si divise invece di
attaccare unita; indubbiamente ci fu un attacco a sorpresa ad un
villaggio ignaro e, di sicuro, venne incendiata una abitazione. La
scarsezza di particolari e sopratutto la diversità nel modo di
portare avanti il combattimento, seguito da un finale relativamente
incruento, è ascrivibile al fatto che la battaglia si è svolta fra
contendenti non inquadrati in truppe disciplinate, bensì a
combattenti “istintivi”, con regole di ingaggio, comportamento
durante lo scontro e successivo disimpegno ben diverse da militari
integrati in un esercito regolare. Quasi certamente, se fossero
state milizie di un esercito addestrato non si sarebbero
accontentati di cercare onore in guerra sottraendo una bandiera al
nemico ma ne avrebbero desiderato l’annientamento.
Il villaggio
assalito era abitato da una banda di Omaha, indiani che abitualmente
vivevano in abitazioni di terra nell’est del Nebraska, vicino al
fiume Missouri, ma usavano tepee costruiti con le pelli quando si
avventuravano verso ovest per la caccia al bisonte. Gli aggressori,
che si erano opposti a questi “abitanti dell’est” calpestando i loro
terreni di caccia, erano combattenti tra i più temuti nelle Grandi
Pianure. Erano Oglala, una suddivisione dei Teton Sioux dell’ovest,
meglio conosciuti come Lakota. In questa occasione i Lakota e gli
Omaha si equivalsero, e benché il combattimento fosse durato molto
più a lungo rispetto alla maggior parte degli scontri tra indiani,
non si rivelò una battaglia mortale. Attualmente vi è memoria di
questo episodio soltanto perchè il capo Lakota che cercò di
catturare la bandiera Omaha si avviava a riscuotere grandi successi
in battaglia, precisamente nel 1860 contro l’esercito degli Stati
Uniti. In seguito, nel 1893, durante una visita ad un vecchio amico
nella riserva di Pine Ridge in Sud Dakota, si abbandonò ai ricordi
degli anni della sua gioventù. Quei ricordi si possono trovare
nell’autobiografia di Nuvola Rossa “War leader of the Oglalas”,
pubblicata nel 1997 a cura di R. Eli Paul.
“Ottenendo in
gioventù un grande successo come guerriero Lakota, Nuvola Rossa
divenne senza dubbio il più grande leader del suo popolo fino
all’ascesa di Cavallo Pazzo” scrisse Paul nella sua introduzione.
Perfino chi ha soltanto un interesse passeggero per la storia di
frontiera riconosce il caratteristico nome di questi due famosi
Oglala.
Finora, Nuvola
Rossa e Cavallo Pazzo erano rimasti in una posizione marginale nella
nazione Teton rispetto a Toro Seduto, il leader spirituale Hunkpapa.
Ma insieme, questi tre Lakota, sarebbero diventati il terzetto
indiano più noto del West del diciannovesimo secolo, uguagliati in
popolarità forse soltanto dalla triade Apache composta da Geronimo,
Cochise e Mangas Coloradas, fino a far discutere se l’aggettivo
“bellicoso” sia stato adoperato più frequentemente per i Sioux o per
gli Apache.
Certi
combattimenti mortali come l’Insurrezione del Minnesota, il Massacro
di Grattan, il Massacro di Fetterman, il Massacro di Wounded Knee,
il Combattimento di Wagon Box, la Battaglia di Rosebud, la Battaglia
di Slim Buttes, la Battaglia di Blue Water e la Battaglia di Wolf
Mountain sono rimasti impressi nella nostra mente, anche se quelle
etichette (“massacri”, “combattimenti”, “battaglie”, “insurrezioni”)
si sono perse nella nebbia della semantica. Come l’indimenticabile
Battaglia di Little Bighorn, che non lascia mai i nostri pensieri,
rimane lì in un cantuccio come un proiettile esploso dal Settimo
Cavalleria o una punta di freccia Lakota.
Quello che a
volte sfugge è quanto i Sioux fossero un popolo bellicoso già prima
di opporsi seriamente all’espansione euro-americana nei territori
dell’ovest Minnesota e delle Grandi Pianure del nord, a metà del
diciannovesimo secolo. I cacciatori Omaha, attaccati da un giovane
Nuvola Rossa, furono soltanto una delle tante popolazioni native
che, per molte lune, non videro le cose allo stesso modo dei Sioux.
Infatti, il nome “Sioux” deriva da un termine Ojibwa (Chippewa), “nadowe-is-iw”,
che significa “vipera” o “nemico”, che venne trasformata dai
viaggiatori francesi in qualcosa che somiglia a “nadoussioux”. Molto
spesso i membri della tribù chiamavano sé stessi Dakota (i gruppi
dell’est), Nakota (i gruppi centrali) o Lakota (i gruppi
dell’ovest). Ognuno di questo termini significa “alleanza di amici”
nei tre dialetti Sioux che portano lo stesso nome. Essi si
riconoscevano anche con il termine “Oceti Sakowin” (I fuochi dei
sette consigli), per via dei sette maggiori sottogruppi alleati:
Sisseton, Wahpeton, Wahpukute e Mdewakanton (i gruppi dell’est,
comunemente conosciuti dai bianchi come Santee Sioux, di lingua
Dakota), Yankton e Yanktonai (gruppi centrali, noti come Yankton
Sioux, di lingua Dakota e Nakota), e Teton (gruppo dell’ovest, i
Teton Sioux, di lingua Lakota).
Attualmente, le
lingue Dakota-Nakota-Lakota vengono spesso chiamate Sioux, sebbene
molta gente mostri di preferire i termini “Dakota” o “Lakota” alla
parola che li identifica.
All’inizio del
diciassettesimo secolo, i Sioux occupavano principalmente il
territorio che sarebbe diventato lo stato di Minnesota e parte del
Wisconsin, ma alcune bande di Lakota iniziarono a emigrare dalla
valle dell’alto Mississippi verso le Grandi Pianure a causa
dell’altro prezzo che la guerra contro gli indiani Cree li obbligava
a sostenere. I Cree erano armati con fucili francesi e iniziavano a
fare pressione partendo dai territori occupati dagli Ojibwa andando
verso est. Anche il richiamo delle mandrie dei grandi bisonti
incoraggiò l’espansione verso est e, dopo l’arrivo dei cavalli
intorno al 1750, la migrazione divenne molto più semplice… così come
anche il combattimento.
I Lakota
entrarono in guerra contro popolazioni stanziali di agricoltori come
i Pawnee e gli Arikara e anche contro popoli nomadi quali gli
Cheyenne, i Kiowa, gli Arapaho e i Crow. “Scoprendo” intorno al 1776
i pendii boscosi e i terreni rigogliosi delle Black Hills (Paha
Sapa), i Lakota, ora ben riforniti anche di armi da fuoco,
iniziarono ad allontanare da quella regione gli Cheyenne e i Kiowa,
i quali avevano goduto fino ad allora dell’abbondate cacciagione,
legname e acqua di quei territori.
La sconfitta
degli Arikara nel 1792 consentì ai Lakota di espandersi nella valle
centrale del Missouri e nella parte occidentale del territorio che
in seguito sarebbe diventato il Sud Dakota. Nel 1814 i Lakota
trattarono la pace con i Kiowa verso i quali cessarono ogni
ostilità, questi riconobbero formalmente il controllo delle Black
Hills da parte del loro ex-nemico. All’inizio del 1820, i Lakota
unirono le loro forze con un altro precedente nemico, gli Cheyenne,
per scacciare i Crow dai loro insediamenti situati nella zona est di
quello che sarebbe diventato il Wyoming.
Lo storico
Elliott West descrive questa “vampata espansionistica” nel suo libro
“The Contested Plains”, premiato nel 1998. “Fin dal 1830”, scrive
West, “i Lakota detennero il potere preminente nelle pianure del
nord. Con le Black Hills come loro centro spirituale e geopolitico,
essi giunsero in breve a spaziare verso ovest fino allo spartiacque
delle Montagne Rocciose, verso est fino al bacino del Missouri,
verso sud fino ai fiumi South Platte e Smoky Hill e verso nord fino
alle terre occupate da due potenti rivali, i Crow e i Blackfeet”.
Dal 1840 i
Lakota fecero pace con gli Cheyenne e gli Arapaho, ma non fu
altrettanto nei confronti di quelle tribù dell’est che si spostavano
all’ovest per la caccia al bisonte (Pawnee, Osage, Omaha, Potawatomi
ecc.) oppure con le popolazioni del nord, Crow e Blackfeet. Gli
incontri con popolazioni non-indiane che in passato erano stati poco
frequenti, aumentarono quando i coloni di Oregon e California
impegnati nella ricerca dell’oro iniziarono ad attraversare le
Grandi Pianure. Vennero disturbate le mandrie di bisonti, e gli
indiani delle Grandi Pianure, a loro volta, tentarono di
interrompere le carovane di carri. “Era solo una questione di
tempo,” scrive R. Eli Paul, “prima che l’espansionismo dei Lakota
entrasse in conflitto con l’altro grande potere, gli Stati Uniti
d’America.”
Alla metà del
secolo, circa 15.000 Lakota erano stanziati lungo la “via del
progresso”. Questo gruppo dell’ovest era suddiviso in sette gruppi:
Hunkpapa, Oglala, Minneconjou, Two-Kettle, Sans-Arc, Blackfoot e
Brulé.
Nuvola Rossa,
all’epoca, aveva circa 30 anni, Toro Seduto non ne aveva ancora 20,
Cavallo Pazzo era un ragazzo di circa 10 ancora conosciuto come
Curly o Curly Hair. Probabilmente perfino il giovane Cavallo Pazzo
poteva aver già mostrato a quel tempo coraggio, generosità, saggezza
e forza d’animo, le quattro grandi virtù dell’uomo Lakota ma
certamente Nuvola Rossa si era ormai creato la fama di cui godeva
tra i Lakota. Sicuramente in quei giorni il trio era ancora
sconosciuto alla maggioranza del mondo “civile” che in nessun caso
aveva mostrato alcun interesse per loro. Questa condizione era
destinata a cambiare non appena i tre divennero una minaccia per
quella piccola parte di bianchi che attraversarono il territorio
Teton.
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