veniamo
finalmente a quello che giustamente viene considerato il
conquistatore dei grandi spazi americani, il mezzo che ha unito la
sponda atlantica a quella del pacifico in un'unica nazione: il
treno.
Effettivamente
la ferrovia è la vera protagonista della rivoluzione dei trasporti
nel diciannovesimo secolo. Le prime due linee ferroviarie già
esistenti negli Stati Uniti nel 1830 e lunghe poco più di qualche
chilometro, si trovavano naturalmente negli stati dell’est.
Nel 1850 la
nazione contava già quasi 10.000 miglia di strada ferrata e appena
dieci anni dopo ce ne sarebbero stati quasi quarantamila.
Man mano
che la ferrovia avanzava verso ovest sorgevano nuove città e gli
abitanti del middle west passarono dai due milioni ai quattro
milioni di abitanti.
Da quelle terre
alla costa del pacifico, comunque, c’era ancora un immenso
territorio in cui la posta e le persone arrivavano solo col pony
express oppure con le diligenze.
I tempi di
percorrenza erano ancora lunghi, per cui, sia dalla California che
da Washington si cominciò ad accarezzare un progetto che per quei
tempi poteva sembrare una utopia: la Transcontinentale, la
costruzione cioè di una lunga strada ferrata che avrebbe unito la
capitale a San Francisco.
L’idea, all’inizio, venne fortemente
avversata negli ambienti di Washington e la stampa rincarò la dose
definendo il progetto una cosa pazzesca.
Alcuni
ingegneri, però, tra cui Theodore Judah, Grenville Dodge e Peter Dey
che credevano fortemente nell’impresa, cominciarono a presentare i
primi progetti.
Judah passò molto del suo tempo ad elaborare carte,
compiere rilievi geologici e a percorrere la Sierra Nevada per
individuare i punti dove poter far passare la ferrovia.
Contattò con
insistenza banchieri e industriali californiani. Dalla lungimiranza
di quattro di questi uomini – Collin Huntington, Mark Hopkins,
Charles Crocker e Leland Stanford -, nascerà nel 1861 la "Central
Pacific Railroad Company".
Tornato
all’est, Theodore Judah ottenne direttamente da Lincoln nel 1862 la
promulgazione del "Railroad Act",
in altre parole l’atto di nascita ufficiale della Transcontinentale.
La
realizzazione dell’impresa venne affidata a due compagnie: la "Central
Pacific" appena costituita e la "Union Pacific" già operante nei
territori dell’est.
La prima
compagnia, partendo da San Francisco, avrebbe dovuto dirigersi ad
ovest attraverso le montagne rocciose.
La seconda, avrebbe dovuto
andarle incontro partendo da Omaha nel Nebraska. L’appuntamento era
stato fissato presso Salt Lake City nello Utah.
Le due
compagnie dovevano impegnarsi nella costruzione della
Transcontinentale nell’arco di quattordici anni, pena la confisca
dei materiali e delle concessioni delle terre.
Bisognava
attraversare sei stati: il Nebraska, il Wyoming, il Colorado, lo
Utah, il Nevada e la California. Bisognava affrontare montagne di
tremila metri, deserti, fiumi, canyon e, non ultimo, le incursioni
degli indiani.
Più di quindicimila uomini, per la maggior parte
cinesi, vennero impiegati per la realizzazione dell’opera. Provetti
cacciatori vennero ingaggiati per procurare carne agli operai.
Il
solo Buffalo Bill in quegli anni si vantò di aver ucciso da solo
circa 4.000 bisonti.
Fu la "Central
Pacific" ad iniziare i lavori a Sacramento (California) l’8 gennaio
1863 con la benedizione di Charles Crocker e del presidente della
compagnia Leland Stanford.
Le operazioni
andarono avanti tra mille difficoltà. Ci furono molti operai che
abbandonarono il loro posto di lavoro attratti dall’oro segnalato a
Virginia City, senza contare che le riserve finanziarie si
esaurirono rapidamente.
Migliaia di cinesi, i coolies, sostituirono
gli operai mancanti. Molti di essi morirono sottoposti a turni
massacranti, esposti alle tormente di neve e alle valanghe che a più
riprese spazzarono via interi accampamenti.
Con le loro mani, i
cinesi, scavarono sulla Sierra Nevada gallerie come il "Summit
Tunnel" che a prima vista sembrava inattaccabile.
Per quanto
riguarda la "Union Pacific", bisognò attendere la fine del 1863
affinché gli operai cominciassero i primi lavori sotto la direzione
di Grenville Dodge, un ingegnere ex generale dell’esercito
dell’unione.
Dodge, con la
benedizione del presidente della società Thomas Durant e la
collaborazione di Jack e Dan Casement, individuò i terreni, i fiumi
e le alture da attraversare. Miglio dopo miglio vennero posate le
rotaie, una operazione effettuata a gran velocità, spesso però
rallentata dall’intervento di bande isolate di cheyenne, Arapahos,
Pawnee e Sioux.
Altre cause
responsabili delle frequenti interruzioni delle operazioni, oltre
agli indiani, erano le continue risse che scoppiavano nei saloon che
sorgevano come funghi lungo le rotaie.
Migliaia di
avventurieri e prostitute alleggerivano le tasche degli operai e
spesso nelle liti ci scappava il morto.
Faticosamente
la ferrovia, dopo aver attraversato il Nebraska e il Wyoming, arrivò
alla piana di Salt Lake City nello Utah. Tra la "Central Pacific" e
la "Union Pacific" si concordò che Promontory Point, una località
vicino Ogden, dovesse essere il punto d’incontro.
Il 10 maggio
1869, in una fredda mattina, due locomotive, la "Roger 119" della "Central
Pacific" e la "Jupiter 60" della "Union Pacific", si incontrarono
in quel punto e un chiodo d’oro conficcato in una traversina sancì
l’unione della nazione.
Dopo quella data
il treno cominciò a comparire dovunque sul continente americano. Uno
dopo l’altro, gli stati del Colorado, del Texas, del New Mexico,
dell’Arizona e dell’Oregon costruirono le loro ferrovie. La
conquista del west, anzi di una nazione, era alfine una realtà.