Cinesi nel west
el 1861, la compagnia ferroviaria Central
Pacific si trovava di fronte alla difficile impresa di attraversare
con i suoi binari i massicci della Sierra Nevada e i deserti
dello Utah. Gli immigrati irlandesi non
gradivano questo spossante lavoro. Così Charles Crocker,
uno dei "baroni" della ferrovia, provò a reclutare una
cinquantina di lavoratori cinesi, al principio come semplice
appoggio, cioè in qualità di cavatori di pietre, lavandai e
servitori domestici.
In
breve, gli operai cinesi della sola Central Pacific diventarono
14.000. Tra la
fine degli anni 40 e il 1870, la popolazione cinese del solo Stato
della California raggiunse la cifra di 71.000 anime, più di metà
delle quali vivevano a S. Francisco.
Un uomo minuscolo con la guancia rigata da cicatrici e piccoli
occhi vivaci, "John John", era l'addetto alla lavanderia di
Weaverville, in California. Per mesi lavò i vestiti sporchi dei
minatori bianchi senza ricevere un soldo in cambio e, anzi, venendo
preso in giro in maniera feroce.
Gli americani pensavano che fosse un po' tocco e credettero giusto
approfittarne alla grande.
Passò appena un anno che, per caso, uno di quei "furbi" minatori
incontrò "John John" a Sacramento. Era vestito in maniera
inappuntabile. Era diventato ricco! Era bastato lavare gli abiti
sporchi dei minatori per un anno, recuperando la polvere d'oro che
si annidava dietro i risvolti dei polsini o dentro le tasche, per
diventare così ricco da smettere di lavorare.
Questo fatto ci è arrivato in una testimonianza del cercatore di
metalli preziosi John Hoffman che seguì le piste dell'oro e
dell'argento per trent'anni attraverso le Sierras.
John John (il nomignolo era uno di quelli che gli americani
attribuivano ai cinesi nel periodo della corsa all'oro della
California) potrebbe essere stato anche quel cinese che,
approfittando del detto "i cinesi sono tutti uguali", finì per
registrare 18 suoi compatrioti nel libro-paga del suo principale, ma
facendone lavorare solo 10...
John John tenne i suoi compatrioti così impegnati che neppure il
sovrintendente americano si accorse mai della penuria di personale.
L'intraprendente cinese si intascava ben 8 stipendi e ai 10
lavoratori richiedeva la metà del loro salario quale imposta per
"aver avuto la fortuna di trovare lavoro".
James Marshall aveva scoperto l'oro presso la South Fork del
American River nel gennaio 1848 e la grande corsa prese avvio nel
1849. Già nel 1852 si potevano contare almeno 20.000 cinesi
residenti nell'area delle cosiddette "Golden Mountains" e di questi
solo una manciata erano maschi adulti. Negli anni che seguirono i
cinesi continuarono il loro particolare flusso migratorio,
costituendo numerose comunità - le Chinatown - all'interno delle
cittadine in cui andavano a stare. In ogni Chinatown c'era sempre
una pensione in cui vivevano sia i cinesi dediti alla ricerca
dell'oro che quelli che si occupavano di lavori domestici. Le stanze
di questi caseggiati erano talmente piccole che era possibile farci
stare solo una brandina ed un piccolo ppendiabiti. Si mangiava tutti
insieme in una stanza in cui si allestiva un tavolone, ma nelle
Chinatown non mancavano i piccoli ristoranti. A dire il vero c'erano
anche le lavanderie (che servivano prevalentemente gli americani),
qualche minuscolo negozio che vendeva di tutto (dalle seppioline
essicate al kerosene) e talvolta persino un bordello.
Il centro della vita delle Chinatown del west era il tempio, un
luogo di culto che talvolta era talmente ben costruito che era in
grado di resistere nel tempo. Così è stato per Oroville e
Weaverville, i cui luoghi di culto sono ancora oggi meta turistica.
La gran parte di quegli edifici, invece, era costruita in semplice
legno, con inserti di pietra o mattoni. A volte l'aspetto rustico
degli esterni nascondeva la grande elaborazione degli interni, ma in
generale è vero che tra i cinesi era raro che vi fossero autentici
esperti delle costruzioni civili.
All'interno dei templi - persino in quelli delle comunità isolate
come Fiddletown e San Andreas, in California - i fedeli bruciavano
bastoncini di incenso di fronte a piccole statue di avorio e giada.
Lanterne di carta emanavano una luce tremolante tra vasi di
porcellana e statuette di bronzo e oro. I "gong" di ottone suonavano
cntinuamente, segnalando l'ingresso o l'uscita dei fedeli.
Il tempio non era solo un centro di cultura e di fede, ma serviva
alla comunità dei cinesi come punto di incontro tra la vecchia
cultura ed i tempi moderni. Entrare in un tempio equivaleva un po' a
sentirsi a casa.
Le donne erano sempre molto richieste nelle zone minerarie ed i
cinesi erano tra i primi a provvedere al bisogno dei minatori. I
capi delle Tong (società segrete e malavitose inserite nelle
comunità cinesi) facevano la guerra alle poche sale da ballo e
talvolta ci scappava il morto.
Per certe prostitute cinesi si lottava senza esclusione di colpi, ma
non sempre avere a disposizione una donna che si prostituiva
garantiva un reddito soddisfacente.
Frank Whitfield, un ingegnere minerario che divenne un rancher della
Plumas County, raccontò di un cinese, padrone di un bordello, che
decise di arruolare un omone svedese per convincere la gente ad
andare dalle sue donne e rimpinguare così i suoi bassi profitti.
"Lo svedese beveva parecchio" - ricordava Whitfield - "ma era forte
come un bue e certe volte si caricava sulle spalle i minatori e li
scaricava davanti al bordello!"
Non avere denaro non era una scusa valida per "prendere" una donna
nel bordello, visto che il "tenutario" accettava anche oro, argento,
fibbie di cintura, attrezzi e persino scarpe quali forme alternative
di pagamento. Sempre secondo la testimonianza di Whitfield, il
cugino del padrone del bordello aveva un negozio di cose usate in
cui vendeva proprio quel che la gente usava per pagare le donne del
bordello cinese.
Ingegnoso era anche il sistema con cui le donne dei bordelli
venivano fatte lavorare anche nelle lavanderie. In fondo, agli occhi
dei bianchi i cinesi era sempre tutti uguali.
Al riguardo, si raccontava una storia esemplificativa.
"Charlie One", un cinese un più vecchio degli altri e capace di
parlare un po' di inglese, riusciva a chiudere dei buoni affari,
trasferendo qualche donna dal bordello più vicino ad un certo campo
minerario.
"Charlie Two" non parlava inglese e lavorava duramente in una
lavanderia che gestiva con Charlie One. Era famoso per essere
velocissimo nella corsa.
Un giorno, un gruppo di minatori passava da quelle parti e pretese
di farsi gioco dei 2 cinesi, imponendogli di ballare davanti a loro.
Non soddisfatti, pretesero che quelli si levassero i pantaloni e, di
fronte alle giuste proteste, agguantarono i cinesi e gli strapparono
via i pantaloni. Ma, con sorpresa, scoprirono che Charlie Two era
una donna!
I cinesi scapparono via, distanziando i minatori e sparendo per
sempre.
I cinesi del tempo erano considerati da tutti come semplici operai o
servitori e perciò erano costretti ad arrangiarsi per sopravvivere
nelle remote regioni del vecchio west. I trasporti, ad esempio, non
erano quasi mai quelli tradizionali, ma altri, gestiti in proprio.
Corrieri cinesi attraversavano vaste zone, unendo idealmente le
diverse comunità cinesi, trasportando i loro risparmi o provvedendo
all'integrazioni dei rifornimenti. Non potevano mancare, ad esempio,
seppioline essicate, vegetali disidratati, statuette, stecchi di
incenso, tè, oppio.
Un discendente di uno di questi corrieri cinesi ha rivelato che non
indossavano mai abiti nuovi o "importanti", anche perché nelle
pieghe dei loro stracci nascondevano migliaia di dollari che
venivano spostati da una comunità all'altra.Un cinese non viaggiava
mai da solo perché alla frontiera era forte il rischio di perdere la
vita. Perciò si formavano piccoli gruppi di corrieri che si
spostavano insieme. Piuttosto che farsi notare pagando biglietti di
viaggio o di attraversamento dei fiumi, preferivano lavorare da
sguatteri, taglialegna, stallieri o mozzi in cambio di un passaggio.
Il corriere portava agli immigrati beni e notizie, lettere e denaro.
In cambio del suo lavoro riceveva soldi o cibo.
Molti corrieri riuscirono col tempo ad impiantare vere e proprie
attività in città come Portland e San Francisco in cui erano
presenti Chinatown piuttosto ben organizzate.
Molti immigranti cinesi arrivati negli Stati Uniti tra gli anni '60
e gli anni '70 provenivano dalla provincia cinese del Kwangtung. A
dispetto di altri gruppi, quali gli indiani o i messicani, che
tentarono sempre di mantenere una posizione autonoma nella geografia
sociale americana, i cinesi riconobbero fin da subito la propria
posizione subalterna rispetto agli americani. Migliaia di cinesi
posarono rotaie, costruirono dighe e costruirono palizzate lungo
tutta la strada che portava dal British Columbia al Messico, ad
occidente verso il pacifico e ad est verso il Wyoming ed il Montana.
Lavorarono anche come giardinieri, servitori domestici e spazzini.
Ma divennero famosi solo per le loro lavanderie ed i ristorantini
che mandarono avanti in tutto il west.
In un suo diario datato 1882, Levancia Bent annotava che i cinesi
"sembravano essere disposti a fare cose che la nostra gente non
voleva o non poteva fare". Una gran parte delle imprese che
avviavano comportava l'impiego di un piccolo capitale e di un gran
mole di lavoro. Per aprire un ristorante, un cinese riteneva
sufficiente acquistare ciò che serviva per un giorno. Per avviare
una lavanderia riteneva bastante procurarsi qualche tinozza e un
lavatoio, magari anche un po' di sapone. Rispetto agli imprenditori
europei, i cinesi avevano anche cura di offrire un servizio
"universale", veramente rivolto a tutta la popolazione. A partire
dal 1880 era perciò possibile trovare un ristorante cinese o una
drogheria cinese in tutti i quartieri dalle "luci rosse",
dall'Alaska al Guatemala.
Talvolta i cinesi attrezzavano anche salottini destinati al gioco
d'azzardo. In questi locali era possibile fare pochi e semplici
giochi con scommesse abbastanza contenute, ma il successo era
garantito ed evidentemente c'era quel po' di guadagno che bastava al
gestore cinese per vivere dignitosamente.
Un "gambler" di nome Lip Shee era diventato famoso nei dintorni di
San Francisco perché fingendosi un povero cinese entrato in possesso
di una fortuna in oro grazie all'eredità di un parente morto, pian
pianino attirava al suo tavolo persone desiderose di "spennarlo".
Alla messinscena aggiungeva un finto stato di leggera ubriachezza
che invogliava gli altri al gioco. Una volta che la partita era
iniziata, il "povero cinese" riusciva a volgere la sorte dalla sua e
vinceva tutto, lasciando i suoi increduli avversari in mutande.
Giocava a carte o ad altri giochini d'azzardo, ma qualunque fosse il
gioco scelto dagli avversari, il loro destino era segnato.
Il geologo Diller sospettò che Lip Shee fosse anche un abile
borseggiatore. In ogni caso la sua rapida ed incredibile carriera fu
favorita dall'idea di brava ed ingenua persona che riusciva a
trasmettere agli altri.
Poiché moltissimi cinesi consumavano oppio e laudano (un derivato
dell'oppio che fungeva da antidolorifico), la distribuzione tra gli
anglo-americani di questi prodotti fu molto semplice. D'altro canto
il loro uso non venne vietato fino al 1906 e fino ad allora oppio e
laudano potevano essere importati e venduti abbastanza liberamente.
In ogni chianatown era possibile trovare almeno una stanza adibita
al consuno dell'oppio. Bastava allestire un certo numero di brandine
e di pipe da oppio. Al resto pensavano le decine di corrieri cinesi
che trasportavano l'oppio fin dalla lontana Cina.
Almeno uno di questi corrieri serviva la popolazione
anglo-americana. Il suo nome era Tson Tin o Son Sun, a seconda delle
fonti. Era anche un vero specialista di medicamenti alternativi a
base di rare piante cinesi. Diceva di saper curare una gran varietà
di malattie, naturalmente dietro compenso.
Tson Tin girò parecchio tempo nel nord della California, riscuotendo
un discreto successo tra I suoi clienti grazie ad un “farmaco
paradisiaco” il cui segreto era una dose di oppio che certamente
serviva a lenire I dolori. Naturalmente, quando l’effetto dell’oppio
passava, I dolori si ripresentavano identici a prima, rendendo
necessario un nuovo ciclo di farmaci cinesi.
Il “farmaco paradisiaco” non fu l’unico esempio di medicamento
diffuso da questi guaritori. C’erano, però, cinesi veramente esperti
di medicina cinese ed erano rispettati dai medici occidentali del
west, specialmente quando utilizzavano certe tecniche legate
all’agopuntura.
Nonostante alcuni indubbi successi i medici ed i guaritori cinesi
ebbero talvolta la sventura di venire indicati come “curatori del
demonio” e per questo di subire alcune ingiuste persecuzioni.
Quando la febbre dell'oro scemò e i campi auriferi furono chiusi,
l'odio anti razziale costrinse moltissimi cinesi a lasciare le
piccole cittadine del west, preferendogli le più grandi città della
costa.
In California già c’era un
grave problema di razzismo nei confronti di indiani e messicani e
l’arrivo in massa di lavoratori cinesi fu la miccia che fece
esplodere la rabbia di tutti i bianchi che vedevano minacciato il
proprio stile di vita dagli "stranieri", ma che
soprattutto temevano per i loro precari e mal pagati posti di lavoro
che non potevano reggere la concorrenza di una manodopera a basso
prezzo e disposta a qualsiasi sacrificio. Per tutti gli anni 60 e
70, San Francisco fu sconvolta da vere proprie insurrezioni contro i
cinesi, ma mentre il Governatore della California tuonava contro i
sempre nuovi ingressi di immigrati, la Central Pacifìc e le altre
compagnie ferroviarie assumevano.
Questo tipo di movimento non risparmiò nessuna comunità cinese,
neppure quelle più grandi e famose di città come Chico e Folsom
(California). In queste rimasero solo alcuni tra i cinesi più
anziani, ma tutti gli altri furono costretti a trasferirsi.
Alcuni incendi distrussero la chinatown di Folsom nel 1908 ed anche
in questo caso i cinesi preferirono abbandonare la piazza, piuttosto
che azzardare una difficile ricostruzione.
Intanto i poveri figli
d’oriente dovevano subire anche la tirannia delle Tong, cioè dei
clan mafiosi cinesi che tiranneggiavano su di loro, reclutandoli,
oltre che per la ferrovia e le miniere, per le sale da oppio, le
case da gioco e i bordelli. Si è calcolato che otto donne cinesi su dieci a S. Francisco
esercitassero la prostituzione, in orribili condizioni di schiavitù.
Quel che accadde ai cinesi in quegli anni a causa della ferocia
dei razzisti fece dimenticare i sacrifici fatti da quelle comunità
per far progredire la civiltà americana.
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