Tecumseh
i chiamava in realtà Ticamthi o
Tecumtha, equivalente a Tigre Accucciata ed era nato, secondo le
testimonianze indiane, ad Old Chillicothe, territorio dell’Ohio, nel
marzo 1768.
Suo padre Puckeshinwah, o
Pekshinwah, era stato un valoroso capo degli Shawnee caduto nella
battaglia di Point Pleasance, nell’ottobre 1774. La madre Methotasa
era una donna della stessa tribù, sebbene spesso gli storici
l’abbiano confusa con la prima moglie di Puckeshinwah, appartenente
ai Creek. Altre versioni la ritengono invece di origine olandese,
Marguerite Mary Iaac, figlia di Frederick Iaac e Mary Galloway,
rapita insieme ai suoi fratelli dai Cherokee durante un’incursione,
quand’era ancora bambina. Trascorsi diversi anni come squaw presso
questa tribù, era caduta nelle mani degli Shawnee quando questi
avevano effettuato una delle loro tante razzie nel villaggio dei
suoi catturatori. In seguito, Puckeshinwah si era invaghito di lei,
sposandola.
Comunque Methotasa era cresciuta con
una mentalità prettamente indiana, allevando il figlio secondo i
principi della più ferma intransigenza verso gli invasori americani
ed esortandolo a non cedere mai ad alcun compromesso nei riguardi
dei Bianchi.
Dopo essere rimasto orfano,
contribuirono all’educazione di Tecumseh anche il fratello maggiore
Chicksika e la sorella Recumapease, che alcuni anni dopo, nel 1787,
lo accompagnarono in una lunga visita presso i Cherokee ed i Creek.
Probabilmente in questa occasione, il futuro condottiero si rese
conto di quanto fosse indispensabile fondere tutte le tribù in
un’unica, potente nazione.
A 26 anni
Tecumseh aveva preso parte allo sfortunato corpo di spedizione
sconfitto dal generale Wayne a Fallen Timbers. Un anno dopo il
giovane si era dissociato dalla firma dei patti di Greenville, con
cui gli Indiani avevano regalato molte delle loro terre ai coloni
dalla pelle chiara.
Durante la
prima giovinezza, Tecumseh aveva cambiato residenza varie volte,
abitando in seguito presso i Delaware dell’Indiana fino all’età di
40 anni e trasferendosi più tardi fra i Kickapoo e i Pottawatomie.
Ma la sede definitiva che il capo scelse per portare avanti i suoi
piani divenne infine il punto di confluenza fra i fiumi Tippecanoe e
Wabash, una striscia di terra donata dai Pottawatomie agli Shawnee,
su cui sarebbe sorto l’esteso villaggio destinato, secondo il suo
ambizioso progetto, a diventare la capitale di una grande
confederazione di tribù.
Sebbene molti
Bianchi sorridessero all’idea da lui sbandierata di creare uno
“Stato Indiano” fra il Canada britannico e gli Stati Uniti, Tecumseh
lavorò incessantemente alla realizzazione della sua opera. Per
questo si spostò frequentemente dall’Indiana al Wisconsin,
raggiungendo il Minnesota ed altre regioni, dove riscosse sempre
larghi consensi in ogni villaggio indiano visitato.
In pochi mesi,
il nuovo simbolo della resistenza pellerossa all’Uomo Bianco riuscì
a far confluire oltre 1.000 indigeni – Shawnee, Wyandot, Delaware,
Ottawa, Nipissing, Kickapoo e Ojibwa - a Tippecanoe, che veniva
ormai chiamata “La Città del Profeta”.
Se gli Inglesi
non davano troppo credito a Tecumseh, pur fingendo di appoggiarlo
per contrastare gli Americani, il governatore del Territorio
dell’Indiana, William Henry Harrison, lo prese in seria
considerazione. Infatti, egli scrisse a proposito di questo
condottiero che “ se non
fosse per la vicinanza con gli Stati Uniti, potrebbe fondare un
impero che rivaleggerebbe con le gloriose realizzazioni compiute nel
Perù e nel Messico.”
(John Tebbel-Keith Jennison, “Le guerre degli Indiani d’America”,
Newton-Compton, Roma, 2002, p. 102).
Nonostante
l’avversione della maggior parte dei coloni americani verso gli
Indiani, Tecumseh era abbastanza popolare e rispettato dalla gente
della Frontiera. Di lui si diceva che possedesse un innato senso
della giustizia e detestasse le torture inflitte ai prigionieri,
pratiche alle quali non volle mai partecipare. Fra le molte
illazioni circa le sue origini, circolava anche la voce,
probabilmente infondata, che fosse figlio di un Bianco.
Nel 1796
Tecumseh sposò una ragazza mezzosangue di nome Manete e ne ebbe un
figlio, chiamato Puckethei, ma il matrimonio non durò a lungo per i
continui litigi. Poco tempo dopo che la moglie lo ebbe lasciato, il
capo divenne amico di una splendida ragazza bionda di nome Rebecca
Galloway, figlia di un agricoltore dell’Ohio. Da lei apprese, in una
serie di incontri sempre più intimi, la lingua inglese e la storia
del mondo, restando affascinato dalle figure di Alessandro Magno e
Giulio Cesare. Sotto la guida di Rebecca, Tecumseh potè leggere
anche la Bibbia e conoscere la figura del grande drammaturgo William
Shakespeare. Studiando la storia d’America. si soffermò a lungo
sulla figura di Pontiac, il condottiero che aveva cercato di unire
gli Indiani in una comune lotta contro i Bianchi. Nella sua mente,
il disegno di istituire uno stato interamente indiano si sviluppò
sempre di più, fino a diventare una certezza.
La
calda amicizia con Rebecca non poteva che sfociare in una proposta
di matrimonio da parte di Tecumseh, ma la ragazza gli pose una
condizione che equivaleva alla rinuncia a tutti i suoi piani: quella
di vivere fra i Bianchi, abbandonando gli usi e costumi della sua
gente. Il padre della fanciulla, James Galloway non si oppose alle
possibili nozze, lasciando che fosse Rebecca a decidere: il leader
emergente degli Shawnee, dopo avere riflettuto per un mese, con
molta tristezza dichiarò che non avrebbe potuto sacrificare il
futuro del suo popolo ai propri desideri personali. Fallito il
matrimonio, Tecumseh non si impegnò mai più con una donna. Da quel
momento ebbe infatti un solo obiettivo: la salvezza dei Pellirosse,
il riscatto della loro dignità e la fondazione di qualcosa che nella
sua mente somigliava ad uno Stato sovrano. Consapevole che gli
Indiani dovessero acquistare prioritariamente l’autosufficienza
economica, li invitò a copiare il modo di vivere dei Bianchi e le
loro tecniche agricole, pur preservando rigorosamente l’essenza
della cultura tribale.
Nel
1811 le sue aspettative avevano cominciato a dare buoni frutti e
l’embrione dell’alleanza che potesse dare vita allo “Stato Indiano”
si stava sviluppando rapidamente.
Purtroppo per lui, il fratello
Tenskwatawa, autoproclamatosi Il Profeta, non possedeva minimamente
le qualità di Tecumseh e in una fredda giornata di novembre avrebbe
vanificato , con la sua
avventatezza, tutti gl i
sforzi compiuti dal condottiero.
[continua]
|