Il cattivo profeta
sistono molti dubbi
sulle origini del fratello di Tecumseh, soprattutto intorno alla
possibilità che si trattasse del suo gemello, ma è comunque certo
che quest’uomo fosse di carattere completamente diverso rispetto al
condottiero degli Shawnee.
Nato verso il 1775,
probabilmente a Piqua, sul Mad River (Ohio) durante la prima
giovinezza si chiamò Lakawethika, equivalente a “Sonaglio”, prima di
mutare il suo nome in Elskwatawa o poi in Tenskatawa, che significa
“Porta Aperta”.
Di costituzione
gracile e carattere pigro, si lasciò ben presto contagiare da uno
dei peggiori vizi introdotti dagli Europei, quello dell’alcool.
Abbandonato dalla madre e disprezzato dai contribali, lasciò il
villaggio per andare a vivere in mezzo ai Bianchi delle città,
trasformandosi in un vagabondo rissoso e indisponente, tanto che nel
corso di una rissa perse l’occhio destro. Lavorando saltuariamente,
fece anche il mozzo e riuscì ad imparare la lingua inglese e a
conoscere le abitudini del popolo americano, ma si impadronì pure di
una serie di trucchi insegnatigli da un prestigiatore da baraccone.
Dopo l’improvvisa
morte del veggente Lalawethika, avvenuta nel corso dei negoziati di
Greenville, Tenskwatawa ebbe un’idea folgorante. Gli Shawnee e i
loro alleati avevano bisogno di un nuovo profeta e sarebbe stato
sciocco sprecare l’occasione offertagli dal destino. Con una
decisione repentina, l’uomo trovò la forza di parlare al suo popolo
riunito e giurò di avere avuto una visione inviatagli dal Grande
Spirito. All’improvviso, l’impudente bevitore si proclamò alfiere
del proibizionismo, attaccò duramente gli Americani e mise in
guardia gli Indiani dal proseguire sulla strada del vizio, che
avrebbe fatto il gioco dei loro nemici. Superando gradualmente lo
scetticismo dei suoi ascoltatori, il nuovo leader religioso cominciò
a dettare norme di condotta molto rigide, che comprendevano il
rifiuto delle bevande alcoliche, il ritorno alle usanze dei padri e
l’abbandono dei costumi introdotti dagli Americani. Dopo avere fatto
breccia nel cuore di alcuni contribali, Tenskwatawa non esitò a
proclamarsi guida spirituale del popolo pellerossa, aggiungendo ai
suoi comandamenti nuove regole morali, come l’invito ai giovani ad
occuparsi assiduamente delle proprie famiglie e particolarmente
degli anziani e delle persone bisognose.
Tecumseh era
rimasto più sorpreso che convinto da quella incredibile performance:
benchè non avesse mai amato lo sciagurato fratello minore, riusciva
a tollerarne la presenza, assistendo incuriosito alla sua
improbabile escalation. Forse però, in quel momento il condottiero
pensava che i principi etici e gli appelli alla fratellanza lanciati
da Tenskatawa potessero giovare alla propria causa.
L’unificazione
degli Indiani e soprattutto la fondazione di uno Stato avrebbero
richiesto grandi sinergie, un impegno lungo e costante e la fede in
un obiettivo comune. Il ritorno ai costumi atavici invocato dal
neo-profeta, non poteva che accelerare questo processo, richiamando
il popolo pellerossa a fare quadrato intorno alle sue tradizioni
etiche e religiose più antiche. Del resto anche Tecumseh dovette
presto constatare il carisma che Tenskatawa si stava creando, perché
la sua credibilità era in continua crescita, diffondendosi a macchia
d’olio fra i Wyandot, i Delaware, i Pottawatomie, i Chippewa, gli
Ottawa e i Kickapoo. L’atteggiamento assunto dai nativi dopo il
nuovo corso avviato da Tecumseh e dal fratello era divenuto fermo ed
intransigente nei confronti dei Bianchi: le tribù respingevano
qualunque negoziato, rifiutavano di vendere altre terre e qualcuna
si era messa a reclamare quelle cedute in precedenza. Inoltre,
bandivano i trafficanti d’alcool, accettando di trattare solo con
coloro che offrivano fucili, pistole e polvere da sparo.
Ma uno Stato,
seppure in embrione, necessitava di una capitale simbolica e
Tippecanoe, voluta da Tecumseh come punto di raccolta principale
degli alleati indiani, ne stava assumendo i contorni. Sfruttando
abilmente la popolarità acquisita in poco tempo, Tenskwatawa
insistette perché il grande villaggio si chiamasse “La Città del
Profeta”.
Purtroppo, il
progetto degli Indiani, sostenuto soltanto a parole dagli Inglesi
del Canada, urtava fortemente contro gli interessi degli Americani.
Il primo a
preoccuparsene seriamente fu il governatore del Territorio
dell’Indiana, Harrison.
Con lui, Tecumseh e
il Profeta avrebbero avuto vita dura.
[continua]
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