uel mese di
novembre del 1813 si profilava uno dei più funesti della storia dei
Creek. Dopo i quasi 200
uomini persi a Tallassahatchee, gli Americani stavano per infliggere
loro una nuova, durissima lezione, vendicando per la seconda volta
la strage di Fort Mims ed infrangendo per sempre la loro potenza
militare.
Andrew Jackson
era riuscito a mettere insieme una forza davvero poderosa,
comprendente 1.200 fanti e 800 cavalieri. Aquila Rossa disponeva a
malapena di un migliaio di guerrieri ed era consapevole che il suo
avversario si fosse da tempo guadagnato l’appoggio di alcune tribù
indiane. Infatti la nazione creek era ormai spaccata in due e una
parte consistente di essa appoggiava apertamente gli Americani. Poi
vi erano i Choctaw di Pushmataha, circa 500 guerrieri, che si erano
offerti di combattere al fianco di Jackson.
Il 9 novembre 1813 Weatherford
assalì proprio un gruppo di Indiani fedeli ai Bianchi vicino a
Talladega, nel Territorio del Mississippi, a meno di 50 chilometri
da Tallassahatchee, provocando l’intervento massiccio delle truppe.
Benchè fossero in notevole inferiorità numerica – solo 700
combattenti – i Creek reagirono contrattaccando con veemenza, al
punto che lo scout Davy Crockett, presente a questa e ad altre
battaglie, li descrisse come “uno sciame di cavallette indiavolate”.
Nonostante il coraggio dei Bastoni
Rossi, la sproporzione di forze in campo e la superiore
organizzazione degli Americani si fece sentire in maniera
determinante. Tuttavia, il tentativo di Jackson di circondarli fallì
parzialmente, perché diversi uomini dei suoi reparti non
rispettarono le consegne ricevute.
Talladega fu comunque una vittoria
per gli Americani, che al termine dello scontro avevano messo fuori
combattimento oltre il cinquanta per cento delle forze nemiche,
considerando i guerrieri uccisi o feriti e quelli catturati.
Weatherford aveva subito 290 morti e
120 feriti, mentre l’esercito di Jackson lamentava 100 perdite
complessive, delle quali solo 15 decedute durante la battaglia.
Moltissimi Creek avevano ripiegato disordinatamente, disperdendosi
nella foresta senza una mèta ben precisa,
Gli Indiani superstiti si ritirarono
precipitosamente e il loro leader supremo avrebbe deciso, di lì a
poco tempo, di concentrare le sue residue bande a Tohopeka, una
sorta di grande villaggio fortificato sull’ansa Horseshoe Bend del
fiume Tallapoosa, nell’Alabama centrale. In quell’ultimo presidio
sperava di riuscire a tenere testa alle preponderanti forze
avversarie, attirando dalla sua parte qualche prezioso alleato. La
guerra degli Stati Uniti contro gli Inglesi era ormai in corso e la
speranza dei Pellirosse si fondava sull’auspicio che l’esercito
britannico infliggesse all’odiato nemico una sconfitta decisiva.
In realtà,
l’unico effimero vantaggio su cui i Creek potevano contare per
riorganizzare le proprie file, risiedeva nell’imminenza della
stagione invernale, che avrebbe presto costretto tutti ad una
sospensione dei combattimenti.
Ma gli stessi
Americani finirono, con grande disappunto di Jackson, per favorire
gli Indiani in un altro modo. Infatti quell’esercito composto quasi
interamente di miliziani, arruolati con una ferma troppo breve per
l’impegno che una guerra di frontiera richiedeva, stava creando
grossi problemi al suo comandante, manifestandogli apertamente
l’intenzione di tornare a casa.[continua]