el corso del 1780 gli Indiani alleati della corona britannica
tormentarono gli insediamenti nella vallata del Mohawk River,
uccidendo 150 persone e costringendo il governo provvisorio della
Pennsylvania a ripristinare le taglie per chi consegnasse lo scalpo
di un Pellerossa.
Nel corso dell’inverno 1780-81, John Sevier, un pioniere della
North Carolina, si creò la fama di sterminatore d’Indiani,
annientando dapprima una banda di 80 Cherokee e radendo poi al suolo
alcuni dei loro villaggi. La sua azione di rappresaglia si protrasse
senza sosta per tutto l’anno successivo.
L’8 marzo 1782 la violenza dei Bianchi si accanì contro un gruppo
di 98 pacifici Delaware convertiti al Cristianesimo dai missionari.
La milizia della Pennsylvania, comandata dal colonnello David
Williamson, li rastrellò a Gnadenhutten e decise, con tanto di
votazione, di metterli a morte, per punire precedenti crimini
commessi dagli Indiani. Il massacro fu uno dei più spietati e
rivoltanti di tutta la storia d’America, perché venne eseguito con
ogni tipo di arma propria ed impropria. Morirono in modo spaventoso
35 uomini, 27 donne e 34 bambini, mentre soltanto 2 ragazzi si
salvarono con la fuga.
A maggio, il generale George Washington, ormai prossimo alla
vittoria finale contro gli Inglesi dopo il successo ottenuto a
Yorktown, incaricò il colonnello William Crawford, suo amico
personale, di guidare una spedizione di 300 uomini contro i Delaware
e i loro alleati Wyandott lungo il fiume Sandusky, nell’ Ohio.
L’ufficiale, benchè uomo esperto, non riuscì tuttavia ed evitare una
sconfitta sull’Upper Sandusky, perse molti soldati e per sua
disgrazia venne catturato vivo dai nemici guidati dal capo Hopocan,
che lo processarono immediatamente, condannandolo al supplizio.
Inutilmente Crawford si avvalse della mediazione di Simon Girty, che
conosceva la lingua dei Delaware, per tentare di salvarsi la vita.
Il colonnello offrì 1.000 dollari in contanti in cambio della
propria liberazione, ma i capi indiani diedero ugualmente il via
alla tremenda tortura che l’attendeva. “Nonostante ciò, Girty non si
stancò di intercedere in suo favore, ma quando gli furono tagliate
le orecchie dai suoi giustizieri, Crawford invitò Girty a lasciar
perdere, essendo il suo destino era ormai segnato. Fu legato ad un
palo che spuntava da un letto di carboni ardenti su un fuoco acceso,
alimentato da corteccia di quercia. E così il colonnello Crawford fu
bruciato vivo.” (Peter D. Clark, “Origins and Traditional History of
the Wyandots”, Toronto, 1870, p. 78).
Nel 1783 gli insorti di Washington e i rappresentanti della
corona inglese firmarono il trattato di pace a Parigi. A dicembre,
l’ultimo contingente militare britannico, al comando di Sir Guy
Carleton, abbandonò New York: gli Stati Uniti d’America, dopo sette
anni di lotta, erano ormai diventati una realtà.
La nuova nazione comprendeva 13 Stati ed una popolazione di
3.000.000 di abitanti, ma si affacciava su un territorio immenso,
che si stendeva ad occidente fino al Mississippi, riconosciutole dai
patti di Versailles.
Gli Indiani rimasti fra il Grande Fiume e la costa dell’Atlantico
erano in tutto 150.000, in larga misura ancora legati ai costumi
atavici e alle religioni tradizionali.
Nessuna magia avrebbe potuto salvarli dall’infelice sorte che li
aspettava nei decenni successivi.
[continua]