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A cura di Domenico Rizzi

Il profeta dei Delaware

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opo la caduta di Montreal, soltanto i fortini più occidentali testimoniavano ancora della presenza francese nel Nord America. Erano soprattutto avamposti abitati da uomini che vestivano abiti di pelle di daino, calzavano mocassini o stivali di foggia indiana e parlavano dialetti algonchini e irochesi.

I Francesi avevano vissuto la conquista americana come una stimolante esperienza esplorativa e commerciale, facendo la conoscenza di decine di tribù pellirosse, alle quali donavano vestiti, fucili, polvere da sparo e rum, quale corrispettivo per lo sfruttamento venatorio dei loro territori. Un incontenibile impulso avventuroso li aveva spinti lungo il fiume Mississippi fino al Golfo del Messico e Robert de La Salle, cavaliere audace e pieno di iniziativa, era venuto in contatto con i Caddo e gli Uto-Aztechi delle pianure del Texas.

Per gli Indiani, “Le Francais” era un individuo affabile e cortese, generoso e disponibile agli scambi, almeno quanto l’Inglese sembrava arrogante e distaccato, desideroso soltanto di affermare il proprio dominio sulle terre che invadeva.

Neolin, un Delaware poco più che ventenne al tempo in cui la corona britannica estendeva il suo dominio su Quèbec, aveva invece una visione più radicale, non accettando distinzioni fra i colonizzatori che si impossessavano gradualmente del suolo americano, sospingendo gli Indiani sempre più verso occidente.

Convinto che la civiltà europea portasse soltanto decadenza e morte fra la sua gente, iniziò a predicare nel proprio villaggio, condannando ogni sorta di collaborazione con Francesi o Inglesi ed invitando a bandire le bevande alcoliche e perfino i fucili, per ritornare all’armamento tradizionale. Quando la sua influenza divenne abbastanza forte e valicò i confini dell’accampamento sul fiume Cayahoga, vicino al Lago Erie, Neolin cominciò a lanciare le sue violente filippiche contro gli uomini bianchi, ammonendo i contribali: “Se gli inglesi resteranno fra di voi, presto sarete tutti morti. Le malattie, il vaiolo e i loro veleni vi annienteranno!” (Howard H. Peckam, “Pontiac and the Indian Uprising”, Chicago, 1961)

In poco tempo, gli insegnamenti del neo-profeta si diffusero fra le altre tribù. Man mano che l’uomo di medicina si faceva conoscere ed esponeva ai Pellirosse la sua dottrina, il fermento cresceva e l’intolleranza verso gli Inglesi diventava sempre più forte. Sfruttando il suo potere mistico e facendo leva sulla delusione degli Indiani per l’inaspettata sconfitta francese nella Guerra dei Sette Anni, Neolin giunse ad annunciare di avere avuto una visione, nella quale gli si prospettava la prossima cacciata dei Bianchi dal continente. 

Con ciò, lo sciamano aveva dimostrato quanto il pianeta pellerossa fosse sensibile alle sollecitazioni che provenivano dal suo legame con il mondo spirituale, una questione che gli Europei, ispirati a concezioni molto più pratiche e condizionati dalle esigenze commerciali, non erano in grado di comprendere. Inglesi e Francesi, rigorosamente fedeli ai propri modelli sociali e religiosi, consideravano il misticismo degli Indiani d’America una semplice superstizione pagana, che spettava ai missionari reprimere, sostituendovi il vero credo del Cristianesimo.

Ma per il Pellerossa la vita quotidiana procedeva in simbiosi con il mondo invisibile e il paganesimo introdotto dai Bianchi e dalla loro tecnologia non poteva estirpare le abitudini di vita, i riti e le credenze millenarie delle genti indigene.

Per questo, il potere esercitato da uomini come il Profeta dei Delaware, fu sovente sottovalutato dai colonizzatori, convinti che le cause delle varie insurrezioni indiane fossero legate a fattori contingenti, quali la necessità di procurarsi armi e bottino.

L’ascendente di Neolin sul suo popolo era lo stesso che nel 1680 aveva portato Popè alla leadership politico-spirituale dei Pueblo nella rivolta contro gli Spagnoli del Nuovo Messico e che, più avanti, sarebbe stato ereditato da Tenskwatawa, Toro Seduto, Ishatai e soprattutto Wovoka, nell’estremo, disperato tentativo di salvare le loro nazioni dall’annientamento culturale.

A questi mistici difensori dei costumi atavici, la storia affiancò ogni volta – tranne forse nel caso della Danza degli Spiriti, nel 1890 – condottieri audaci ed intelligenti, come Tecumseh, Cavallo Pazzo e Quanah Parker, che non riuscirono tuttavia a dare corpo all’impossibile sogno  pellerossa.

Neolin, il cui ruolo è stato spesso sottovalutato dagli storici, credette ciecamente nel suo progetto e ne affidò la realizzazione ad un uomo dalle indiscusse capacità militari. Il leader emergente si chiamava Pontiac ed era già stato un buon alleato della Francia nell’ultimo conflitto contro gli Inglesi.

A lui, il nuovo profeta della libertà assegnò il compito di difendere ciò che restava di un popolo antichissimo e fiero, duramente provato da una incessante conflittualità, ma ancora fermamente deciso ad opporsi allo strapotere dei Bianchi.

[continua]

 

Radicale. Neolin, un Delaware poco più che ventenne al tempo in cui la corona britannica estendeva il suo dominio su Quèbec, aveva invece una visione più radicale, non accettando distinzioni fra i colonizzatori.

 

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