a maggior parte degli storici è concorde nel ritenere che,
durante la colonizzazione del Nuovo Mondo, Inglesi, Francesi e
Spagnoli sfruttarono l’inimicizia fra le tribù pellirosse per
stabilire più facilmente il proprio predominio nel Nord America.
In effetti, questa interpretazione può essere considerata vera
soltanto parzialmente, perché i nativi americani fecero lo stesso
ragionamento, mirando a sconfiggere, con l’aiuto dell’una o
dell’altra potenza europea, i loro nemici di sempre.
Per comprendere meglio tale situazione, basti ricordare che due
nazioni dello stesso ceppo etnico-linguistico – Irochesi e Uroni –
mirarono a sopraffarsi vicendevolmente, finchè una delle due non
venne quasi cancellata. Più in generale, la rivalità fra Algonchini
e Irochesi, Muskogee e Cherokee, fu la causa del progressivo
indebolimento delle coalizioni indiane che intendevano opporsi
all’avanzata dei colonizzatori bianchi.
Verso la fine del XVII secolo, tutte e tre le potenze coloniali
che dominavano l’America settentrionale, cioè Spagna, Francia e Gran
Bretagna, erano più che mai decise ad instaurare una completa
egemonia sulle terre d’oltreoceano, sebbene la loro azione si
svolgesse secondo modalità e tempi diversi.
Gli Spagnoli avevano ramificato la loro espansione verso la
Florida, il Texas, il Nuovo Messico, l’Arizona e la California e
inviavano esploratori nelle regioni che corrispondono oggi agli
Stati di Utah, Colorado, Oklahoma, Kansas e Wyoming.
Gli Inglesi sembravano paghi delle loro colonie sulla costa
atlantica, conferendo agli insediamenti un assetto sempre più
stabile ed un’organizzazione che mancava sicuramente ai territori
ispanici del sud.
La Francia, che aveva puntato sull’America per sviluppare il
commercio delle pellicce su vasta scala, sembrava più sospinta dal
proprio spirito avventuroso che consapevole della crescente potenza
dei rivali. I suoi esploratori si erano già spinti oltre il fiume
Mississippi, tracciando nuove vie e fondando precari avamposti,
senza rendersi conto che il controllo delle immense regioni visitate
esigeva ben altre forze che la presenza trascurabile di cacciatori e
mercanti, mentre i coloni erano quasi assenti.
Man mano che i suoi “voyageur” e “trappeur” andavano verso
occidente, nascevano Trois Rivière, Sault Saint Marie, Fort
Vincennes, Fort Duluth, Kaskaskia, Fort Chartres, Detroit, ma i
colonizzatori di lingua francese rimanevano un pugno di uomini
sperduti in un continente sconfinato, nonostante il trasferimento
forzoso di detenuti e prostitute dalla madre patria. Nel 1660 Quebèc
era appena un villaggio di 70 case e 250 abitanti, mentre i potenti
vicini britannici, che occupavano una superficie notevolmente
inferiore, vi avevano già insediato stabilmente 260.000 coloni,
impegnati a costruire fattorie, strade e porti. L’impero francese,
simbolicamente esteso dal Canada alla Louisiana, alle spalle dei
possedimenti britannici, necessitava del pieno appoggio delle tribù
indiane per poter alimentare gli improbabili sogni di “grandeur” di
pochi nobili avventurosi.
Per contro, gli Inglesi apparivano assai più concreti e la loro
opera di conquista aveva basi di gran lunga più solide .
Nel 1681, Sir William Penn si era stabilito con i suoi
“Quaccheri”, un gruppo religioso mal tollerato dai Puritani inglesi,
nell’area compresa fra Massachussets e Maryland, fondando la città
di Philadelphia e battezzando Pennsylvania la nuova colonia.
Pochi anni dopo divampò lo scontro fra le due potenze europee,
coinvolgendo, com’era da aspettarsi, gli Indiani. Gli Uroni,
sterminati dagli Irochesi nel 1649, si schierarono dalla parte della
Francia, sostenuta dalla maggior parte degli Algonchini. Gli Inglesi
trovarono supporto nelle Cinque Nazioni, ma ebbero anche il sostegno
di qualche tribù algonchina.
La guerra denominata di “Re Guglielmo” ebbe inizio nel 1689 e fu
costellata, più che di battaglie decisive fra i due eserciti
contendenti, da una serie di atroci massacri commessi dai
Pellirosse.
Il 5 agosto, circa 1.500 Irochesi discesero il lago St. Louis a
bordo di numerose canoe, sbarcando nei pressi dell’insediamento
francese di Lachine, situato a nord di Montrèal. Dopo avere sostato
nei boschi fino all’alba, i guerrieri attaccarono la postazione,
difesa da pochissimi militari. L’eccidio fu uno dei più orrendi
della storia coloniale americana: in poche ore vennero uccise 200
persone ed altre 120 furono ridotte in cattività. Decine di donne
subirono violenza sessuale e invano la milizia coloniale francese
cercò di inseguire i responsabili della strage per restituire la
libertà ai prigionieri.
La ritorsione della Francia si concretizzò nel marzo successivo,
allorchè i suoi alleati algonchini colsero di sorpresa il villaggio
inglese di Schenectady, nel territorio di New York, difeso da appena
24 soldati. Una quarantina di coloni trovò anche qui una morte
orrenda, mentre 27 fra donne e bambini furono rapiti e trasferiti in
luoghi lontani. Poi fu la volta di Salmon Falls, nel New Hampshire,
dove Francesi e Indiani ripeterono l’operazione con risultati
pressochè identici.
Mentre il conflitto vero e proprio fra le due potenze non avrebbe
registrato avvenimenti determinanti – il governatore della Nuova
Francia, Louis de Buade, conte di Frontenac, fece assalire Albany;
gli Inglesi di sir William Phips invasero il Canada, senza riuscire
ad espugnare le roccaforti nemiche – la guerra indiana produsse
altri episodi che seminarono paura ed orrore dovunque.
Nel 1692 il villaggio di Deerfield, nel Massachussets – già
distrutto due volte durante la rivolta di Metacomet – subì un altro
disastroso attacco ad opera degli Abenaki, che non sarebbe comunque
stato l’ultimo della sua tormentata esistenza. Qualche anno dopo, il
15 marzo 1697, gli stessi Abenaki ripeterono le atrocità compiute a
Deerfield e nel villaggio di Wells, calando di sorpresa su Haverhill
(Massachussets) dove trucidarono 40 persone. Due donne – Hannah
Dustin e Mary Corliss Neff – furono condotte in un luogo lontano,
ma, aiutate da un ragazzo inglese catturato in precedenza dagli
Indiani, riuscirono a liberarsi. Nella notte fra il 30 e il 31
marzo, sorpresero gli Indiani, colpendoli selvaggiamente con
tomahawk e coltelli, ne uccisero 11 su 12 e li scotennarono. La
furia delle prigioniere non risparmiò neppure i bambini e le squaw,
perché la Dustin era stata costretta ad assistere, al momento della
cattura, alla barbara soppressione del proprio neonato, scagliato da
un Abenaki contro un albero.
Quando il conflitto franco-inglese si estinse, nel 1697, lasciò
soltanto una scia di sangue e di episodi efferati, nei quali i
Pellirosse erano stati quasi sempre in primo piano.
La pace fra le due potenze non fu di lunga durata, perché agli
inizi del Settecento si stavano di nuovo fronteggiando in seguito
alla nuova Guerra della Regina Anna.
A soffrirne maggiormente, più che gli sparuti eserciti in campo,
furono gli abitanti delle area colonizzate, primi fra tutti quelli
della tormentata Deerfield, nel Massachussets. Già assalita più
volte in precedenza, la cittadina, che possedeva 70 abitazioni e
meno di 300 residenti, fu oggetto di un nuovo raid il 28 febbraio
1704 da parte dei 50 soldati francesi del capitano Jean de Rouville,
aiutati da 200 guerrieri Abenaki e Mohawk dissidenti.
L’incursione causò 49 morti ai coloni inglesi, mentre 111
finirono prigionieri. Di questi, 53 perirono durante il loro
trasferimento verso il Canada.
L’odissea della deportazione, registrò, come avveniva di solito,
la violenza sessuale su alcune delle 24 donne catturate e
l’eliminazione di bambini e adulti che, sfiniti e terrorizzati, si
rifiutavano di proseguire la marcia.
[continua]