Nel 1779 la guerra per l’indipendenza delle colonie aveva ancora
esiti incerti, ma gli Americani pensarono a sbarazzarsi del pericolo
costituito da Shawnee e Irochesi ostili.
Il 10 luglio il colonnello John Bowman assalì con 250 uomini il
grande villaggio shawnee di Chillicothe, sul fiume Little Miami,
riuscendo a conquistarlo abbastanza facilmente per l’assenza di
molti guerrieri, impegnati in una spedizione di caccia. I suoi
uomini si accanirono contro le capanne e le palizzate di difesa, ma
il ritorno del grosso degli Indiani li costrinse a ritirarsi
precipitosamente.
Il maggior generale John Sullivan assunse invece il comando di un
esercito di 4.200 soldati e miliziani per devastare il territorio
delle Sei Nazioni e spegnerne per sempre lo spirito guerriero. In
settembre, un corpo di spedizione da lui personalmente comandato,
seguì il fiume Susquehanna, fino al limite della colonia di New
York, mentre una seconda colonna, guidata dal generale James Clinton,
invadeva la Mohawk Valley costeggiando il Lago Otsego e una terza,
affidata al colonnello Daniel Brodhead, muoveva da Pittsburgh in
direzione dei Monti Allegheny.
Purtroppo per gli indiani, l’operazione ebbe pieno successo.
Le truppe americane occuparono la Gennessee Valley, distruggendo uno
dopo l’altro una quarantina di villaggi e uccidendone tutti gli
occupanti che incontravano sul loro cammino. Dapprima toccò ai
Seneca di Thayendanegea e Sagoyewatha, poi ai Cayuga ed agli
Onondaga. Sullivan adottò la strategia della terra bruciata, facendo
abbattere 1.500 alberi di pesco, razziando e uccidendo il bestiame e
ordinò di incendiare 160.000 staia di grano. Gli Indiani
raccontarono che la pelle di un guerriero seneca, caduto prigioniero
degli Americani e fatto scorticare vivo, venne utilizzata per
confezionare un paio di gambali. (Edmund Wilson, “Dovuto agli
Irochesi”, Il Saggiatore, Milano, 1994, p. 133). I superstiti si
rifugiarono a Fort Niagara, mettendosi sotto la protezione inglese.
In ottobre, mentre Sullivan informava John Jay, presidente del
Congresso americano, della grande vittoria riportata, il colonnello
Brodhead proseguiva nell’opera di distruzione in Pennsylvania,
affrontando e sconfiggendo bande sparse di Seneca e di Mingo. I suoi
uomini diedero alle fiamme centinaia di “wigwam” e devastarono altri
200 ettari di zone coltivate.
Da questa tremenda disfatta gli Irochesi non si sarebbero mai più
ripresi. Anche se alcune delle loro bande continuarono la guerra al
fianco degli Inglesi, ormai la loro supremazia era stata infranta.
Ridotti a poche migliaia di persone, senza più una guida politica
sicura, si ritrovarono deboli ed esposti alle rappresaglie della
nascente nazione americana.
In realtà avevano molto da recriminare sulle scelte effettuate nel
corso della loro travagliata storia. Erano responsabili della
distruzione degli Uroni, che appartenevano al loro stesso gruppo
linguistico e avevano continuato a guerreggiare con molte tribù
algonchine e sioux, sterminandosi in un’assurda faida che avrebbe
soltanto spalancato le porte all’avanzata dei Bianchi.
Secondo stime attendibili, la popolazione Irochese – esclusi i
Tuscarora, entrati più tardi nella Lega – contava quasi 22.000
elementi nel 1630. Dopo essere scesa a sole 3.700 unità verso il
1730, all’epoca dei primi moti insurrezionali americani, l’intera
nazione era salita ad oltre 7.000 membri.
Al termine della Rivoluzione la consistenza demografica del
popolo Irochese aveva toccato nuovamente il proprio minimo storico.
[continua]