ohn Wayne
si è spento l’11 giugno 1979 in una clinica di Los Angeles, per
un male incurabile. Aveva cavalcato per l’ultima volta in “The
Shootist” (Il pistolero) di Don Siegel, recitando la parte di
malato senza speranza che la vita gli aveva realmente imposto. I
necrologi del grande “Jake” si sprecarono su tutta la stampa
mondiale, anche se i giudizi non furono univoci. Purtroppo per
alcuni Wayne rappresentava un’America disprezzata da molti,
quella del trionfalismo e dell’apologia dell’avventura
vietnamita cantata ne “I Berretti Verdi”.
Premesso
ciò, in questa serie di articoli parleremo soprattutto
dell’attore e di ciò che ha rappresentato nella lunga storia del
cinema western. E’ una rassegna necessariamente ristretta,
rivolta essenzialmente alle opere più selezionate del grande
attore.
Ciò che si
può dire innanzitutto di John Wayne è di essere stato a lungo
incompreso e accomunato talvolta, da chi intendeva fare di tutte
le erbe un fascio, ai protagonisti di “B movies” come Ronald
Reagan e Audie Murphy. Del resto si sa fin troppo bene che il
western è stato ritenuto a lungo un genere di seconda classe e i
suoi interpreti non furono quasi mai gratificati dalle parti
assunte nelle pellicole di Indiani e cow-boy. Solo in tempi
recenti la critica si è infatti sbilanciata a suo favore in
maniera quasi esagerata, concedendo 7 Oscar a “Balla Coi Lupi”
di Costner e 4 a “Gli spietati” di Eastwood.
Seguendo
tale logica discriminatoria, a John Wayne venne assegnato
l’Oscar alla carriera per “Il Grinta”, che non era stato certo
il suo film migliore. Un contentino finale per la lunga
militanza sulle scene di un attore eccezionale e versatile,
capace di improvvisare sul set la maggior parte delle sue
interpretazioni senza leggere le battute del copione, come gli
riconobbe il regista John Ford. Durante i suoi 49 di carriera,
in oltre 250 film John – “The Duke”, come venne soprannominato –
impersonò figure di sceriffi, pistoleros, militari, poliziotti,
ufficiali di marina, allevatori di bestiame e gente comune, come
nello stupendo ritratto irlandese di “Un uomo tranquillo”.
John Wayne
avrebbe meritato assai più di un Oscar, per “I cavalieri del
Nord-Ovest” soprattutto, ma forse anche per altri western come
“Sentieri selvaggi” e “L’uomo che uccise Liberty Valance”.
Ma la
giustizia degli uomini, si sa, è imperfetta e spesso
intempestiva. Se dobbiamo affidare “ai posteri l’ardua
sentenza”, ebbene, considerato il livello di molti film attuali
e le manciate di riconoscimenti che vengono talvolta attribuiti
ad essi, il nostro caro John è da considerarsi veramente grande.
Fra i
giganti della cinematografia di tutti i tempi, detiene
senz’altro un posto di primo piano, che gli spettava quand’era
in vita e gli spetta tutt’ora.
[continua]