Su
Vero o falso?
Conclusioni

 


A cura di Maurizio Biagini

Un mito senza volto

L

a storia è rimbalzata dalle pagine della Gazette della città di Billings, stato del Montana, per approdare alla rete sul sito ufficiale del Parco Nazionale del Little Bighorn.

La vicenda prende spunto da un fatto di cronaca locale e si riallaccia alla ben nota polemica sull’autenticità di una foto che recentemente alcuni studiosi hanno attribuito a Cavallo Pazzo.

Come tutti gli appassionati della storia del west sanno, non esistono immagini ufficiali del grande leader militare Lakota, caso molto raro tra i grandi uomini delle tribù native, che in un modo o nell’altro hanno sempre lasciato alla storia traccia dei loro volti.

Le foto che sono state attribuite a Crazy Horse sono nel migliore dei casi molto dubbie e in altri casi appartenenti ad omonimi o a capi minori.

Nonostante ciò, il mito del coraggioso guerriero Sioux, strenuo difensore della causa della sua gente, ha fatto il giro del mondo affascinando intere generazioni, e l’alone di mistero che lo circonda ha aumentato la curiosità intorno alla sua figura.

Ne sa qualcosa l’italiano Pietro Abiuso, uno che se abitasse ancora nel paese dove è cresciuto, sarebbe sicuramente membro fisso di questo sito. Per lui il vecchio west è sempre stato un sogno e Cavallo Pazzo ne ha rappresentato bene il mito ed il mistero.

Emigrato ventitreenne negli Usa, Pietro ha cominciato a lavorare per il servizio postale americano a New York, continuando a coltivare la sua passione per la storia della frontiera e per il mito di Cavallo Pazzo.

Secondo la storia della Gazzette, il nostro connazionale nell’inverno del 2003, è atterrato all’aeroporto di Billings, Montana, per poter finalmente vedere con i propri occhi ciò che lo ha ossessionato per più di 20 anni: la foto originale di Cavallo Pazzo.

L’immagine era già conosciuta dagli studiosi, ma sempre circondata da generale scetticismo. Come Mr. Abiuso sia giunto alla sua conclusione e sia arrivato alla fine della ricerca è quantomeno curioso e molto legato alla spiritualità nativa.

Abiuso, infatti, ha fatto ben sette viaggi nei territori in cui Cavallo Pazzo visse, studiando in maniera approfondita tutto il materiale disponibile sul guerriero. E la sua personale ossessione lo ha portato, a suo dire, al punto di vedere il suo mito in sogno che lo fissava davanti alla sua tomba. Nient’altro che un sogno, certo, ma un giorno, sfogliando le pagine di un libro (To Kill an Eagle: Indian Views on the Last Days of Crazy Horse.") riconobbe in una foto il volto che aveva sognato tempo prima.

Si tratta dello scatto che recentemente, molti studiosi hanno accreditato come la più probabile immagine dell’eroe Lakota, quella che presumibilmente fu scattata a Fort Robinson pochi mesi prima dell’uccisione di Cavallo Pazzo.

Abiuso, con un paziente lavoro di investigazione, è riuscito a ricostruire la storia della foto (scatto, questo è sicuro, del fotografo della frontiera James Hamilton) e addirittura a rintracciare l’ubicazione della lastra metallica su cui era impressa l’immagine.

Dopo ulteriori indagini, l’italiano, è riuscito a scoprire che esisteva un documento autografo, firmato dalla figlia del proprietario della lastra, che dichiarava esplicitamente l’autenticità della foto.

Fu proprio grazie alla segnalazione di questo improvvisato detective che il museo decise di acquistare il documento di autenticazione e, in seguito, la lastra fotografica, adesso esposta come l’unica immagine esistente di Cavallo Pazzo.

Finalmente, nel novembre del 2003, Abiuso ha potuto volare a nel Montana e recarsi al Custer Battlefield Museum, 70 miglia a sud di Billings, per poter vedere con i suoi occhi la lastra metallica su cui è impressa la foto del suo mito.

Il museo si è mostrato molto riconoscente per il lavoro di Abiuso e ha più volte dichiarato che senza l’instancabile lavoro dell’adesso quarantasettenne italiano, il pezzo non sarebbe mai stato attribuito ed esposto con tanta sicurezza.

Ma cosa fa credere agli studiosi del museo che la foto sia autentica, dopo che molte altre foto sono state dichiarate false?

Il direttore del museo Chris Kortlander, l’ha acquistata al prezzo di 6.500 dollari, dopo aver esaminato attentamente tutti gli indizi che l’hanno convinto pienamente dell’autenticità del pezzo. “Il museo non ha un budget abbastanza elevato da potersi permettere di spendere soldi in possibili falsi”, ha dichiarato lo stesso Kortlander.

Una delle prove chiave, secondo il direttore, risiede nella lista scritta su un documento, anch’esso recentemente acquistato dal museo, in cui sono catalogate tutte le immagini riprese dal famoso fotografo della frontiera James Hamilton. Nella lista delle lastre fotografiche sono indicate più di 200 foto. La numero 104 ha come didascalia “Crazy Horse”.

Per quanto riguarda la lastra fotografica, originariamente apparteneva alla famiglia di Baptiste (Little Bat) Garnier, uno scout dell’esercito di origini francese e sioux, noto per essere amico fidato di Crazy Horse.

Assieme alla foto, Abiuso ha scoperto l’esistenza di una dichiarazione di autenticità della foto firmata dalla figlia di Little Bat.

Il testo dice:

“Questo (documento) certifica che la lastra fotografica di Cavallo Pazzo appartenuta alla nostra famiglia fin dal momento in cui fu scattata, prima appartenne a mio padre Little Bat Garnier ed in seguito a mia madre fino ad arrivare a me attraverso l’eredità.

Molte volte mio padre raccontò alla nostra famiglia che quella era veramente una foto di Cavallo Pazzo.

Firmato MRS Howard”

Ma qual è la storia di questa immagine?

James Hamilton partì da Sioux City nella primavera del 1877, per fotografare la corsa all’oro sulle Black Hills. Dopo 46 giorni di viaggio giunse, in compagnia del figlio Charles a Rapid City e da lì cominciò a lavorare in un piccolo avamposto militare destinato a passare alla storia: Fort Robinson.

Nel maggio di quell’anno Cavallo Pazzo e la sua gente si arresero proprio in quel forte e furono sistemati in due agenzie nelle prossimità dell’avamposto.

Secondo il figlio del fotografo, Hamilton fotografò tutti i più importanti indiani di ogni tribù delle loro agenzie. Ma come avvenne quello scatto?

Sembra che Baptiste "Little Bat" Garnier avesse convinto l’amico Cavallo Pazzo a posare per la foto assicurandogli che avrebbe tenuta l’immagine segreta fino alla sua morte. Secondo Little Bat, infatti, Cavallo Pazzo non aveva superstizioni contro le fotografie, ma credeva che l’anonimato fosse necessario per difendersi dal grande numero di nemici bianchi e rossi.

Little Bat conservò la foto fino al 1900, quando fu anch’egli assassinato da un certo Jim Haguewood, a Crawford, Nebraska. La foto rimase proprietà della moglie Julie Mousseau, (cugina di Crazy Horse) per essere ereditata dalla figlia Elle Howard.

In seguito la lastra fu venduta da Mrs Howard ad uno storico, Fred Hackett assieme alla già citata lettera di autenticità e fu pubblicata per la prima volta nel 1956 nel libro "With Crook on the Rosebud" scritto assieme a J.W. Vaughn.

Ma la storia dell’immagine non finisce qui, tempo dopo infatti arrivò allo storico Carroll Friswold, autore dell’introduzione del libro "The Killing of Chief Crazy Horse", edito nel 1976, che ne inserì una riproduzione nel testo.

Da lì si perdevano le tracce, ma il detective per passione Pietro Abiuso riuscì, attraverso, i registri automobilistici degli stati del West (!) a rintracciare il figlio di Friswold.

Abiuso non poteva permettersi di acquistare la lastra originale ma grazie alle sue indagini, il museo di Garryowen si convinse dell’autenticità del pezzo e lo acquistò assieme alla lettera di garanzia e alla lista degli scatti del fotografo, che dovrebbe rappresentare un'altra prova dell’autenticità del reperto.  

[continua]

 

Fotografia. Cavallo Pazzo nel corso della sua breve e avventurosa esistenza sempre rifiutò di farsi fotografare dai bianchi...

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