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A cura di Maurizio Biagini

Conclusioni

A

questo punto ognuno è libero di farsi una propria opinione sull’argomento. A noi non resta che fare qualche considerazione generale su quello che avete appena finito di leggere.

La foto di cui abbiamo finito di parlare è nota pubblicamente dal 1954. Si tratta di una delle tante immagini accreditate ad un personaggio circondato da un alone di mistero che ha alimentato il fuoco della fantasia popolare ed, inevitabilmente, l’interesse degli studiosi.

Rispetto alle altre foto, questa volta sono state presentate delle prove e degli studi compiuti sulla lastra originale dell’immagine, un evento che ha portato un museo a presentare il reperto come l’unico esistente esponendosi a tutti i rischi del caso.

Inutile dire che l’operazione presenterà anche dei vantaggi non indifferenti, per l’immagine del museo e per il prestigio degli studiosi. Anche l’investimento commerciale dell’operazione è stato avviato, come abbiamo visto, e sicuramente porterà dei proventi economici.

Nonostante ciò, la scoperta dell’icona di uno dei più leggendari protagonisti della storia americana, non ha suscitato l’eco mondiale che avrebbe dovuto suscitare.

Se da una parte il gli studiosi di Garryowen sembrano avere una risposta per tutte le obiezioni mosse all’iniziativa, dall’altra parte, molti membri della comunità storica americana e soprattutto di quella del popolo Lakota, ha negato con convinzione l’autenticità dell’opera.

La sensazione è che alcune delle prove a sostegno delle tesi del museo di Garryowen siano quantomeno accettabili, mentre la ragione dello scetticismo dei discendenti del leader Lakota, è sempre la stessa: “Cavallo Pazzo non volle mai farsi fotografare nella sua vita e non esistono sue immagini.”

Esiste un forte legame tra Crazy Horse ed i suoi discendenti, un legame profondamente spirituale, che va molto al di là dei significati storici o della semplice curiosità degli occidentali. Per tutti questi anni, i discendenti ne hanno difeso strenuamente la memoria cercando di impedire che anche il suo ricordo finisse nelle mani dei wasichu, così come lo era stata la sua vita.

Ad oggi esistono 169 diversi prodotti che utilizzano il nome Crazy Horse. A questo scopo i diretti discendenti dell’eroe del popolo Lakota stanno formando un ente per tutelarne il nome: il Tasunke Witko Tiwahe Inc. (dove Tiwahe sta per famiglia) Grazie questa iniziativa, in futuro, coloro che utilizzeranno il nome per attività commerciali, dovranno pagare i diritti ai suoi discendenti e alla sua tribù.

Tutto questo, ovviamente, ci fa capire come nessuna prova fornita da qualunque studioso, verrà mai accreditata dalla gente del leader Oglala, anche in caso questa risultasse vera.

Ma al momento di chiudere, dobbiamo rispondere al quesito proposto: l’immagine è vera?

L’impressione, in base alla prove presentate, è che potrebbe esserlo, ma ovviamente il dibattito è appena stato acceso e molto sarà scritto da coloro che sosterranno la tesi opposta. Tutto materiale da leggere con attenzione.

La sensazione alla fine di questo viaggio nella storia e questa carrellata di ricordi, dichiarazioni e polemiche, è che la cosa non sia molto importante.

L’uomo di cui stiamo parlando giocò un ruolo fondamentale nel periodo storico della storia della frontiera, ma nonostante ciò, la sua figura mantenne sempre una visibilità marginale che ha contribuito non poco a creare l’alone mistero che oggi affascina tanto gli occidentali.

Cavallo Pazzo non fu mai un capo, non firmò trattati, non fece viaggi a Washington per incontrare il Grande Padre Bianco, e morì in giovane età dopo una vita trascorsa a combattere per la sua gente.

La sua figura non è stata tramandata da film kolossal televisivi o cinematografici, ed il suo nome è stato usato principalmente come simbolo di qualcosa di sfrenato ed incontrollabile, valido per simboleggiare atteggiamenti sopra le righe, locali di spogliarello o bevande alcoliche. Quasi il suo nome rappresentasse il proverbio occidentale “matto come un cavallo”.

Quello che sappiamo su di lui ci è arrivato dalla flebile voce del suo popolo, raccolta in libri spesso poco noti o studiata nei ristretti ambienti accademici.

L’immagine che la sua gente ci ha tramandato è stata quella di un uomo coraggioso, semplice e umile e capace di sacrificare tutta la vita per il bene del suo popolo, proprio mentre il mondo stava crollando in testa alle tribù delle praterie.

Quest’immagine si è diffusa lentamente con gli anni (ed il fatto che si sia diffusa attraverso la pagina scritta di libri, spesso rari da trovare, la dice lunga anche su coloro che se ne sono interessati) finendo per creare molta curiosità intorno alla sua figura, ma anche molto rispetto. Non sappiamo quanto di quello che ci è arrivato sia storia o quanto solo leggenda, ma non ha importanza. Per i discendenti di coloro che si batterono contro l’invasione bianca, Cavallo Pazzo rimane il simbolo dei migliori valori del proprio popolo, testimonianza di una cultura che sta lottando per non sparire e che necessita proprio di quei valori per continuare a sopravvivere.

Il materiale da cui è stato tratto questo articolo proviene dalla rivista Billing's Gazette del 16 novembre 2003, che ha ricostruito l’indagine di Mr. Abiuso. Il pezzo è riportato integralmente sul sito del Parco Nazionale del Little Bighorn .

Altro informazioni provengono dal sito internet del Custer Battlefield Museum di Garryowen, Montana che possiede la lastra della foto di cui abbiamo parlato e che è mostrata in questo pezzo.

Tutte le dichiarazioni rilasciate dai discendenti di Cavallo Pazzo sono tratte dalle stesse fonti.

Corredo fotografico.

Baptiste "Little Bat" Garnier (foto n° 1). Secondo le sue dichiarazioni ebbe in custodia la lastra della foto dallo stesso Cavallo Pazzo, di cui era sincero amico. Aveva il compito di tenerla nascosta fino alla morte del leader Oglala. In realtà la tenne nascosta per il resto dei suoi giorni.

Secondo molti discendenti di Crazy Horse, il personaggio ritratto nella la foto del museo di Garryowen sarebbe in realtà Capo No Neck. In una immagine abbiamo un confronto tra l’immagine in oggetto ed una foto senz’altro raffigurante No Nek (foto n° 2).

Mr Abiuso, l’italiano che per 23 anni ha indagato sulla storia di Cavallo Pazzo e Mr Thompson, responsabile del museo che possiede la presunta foto di cui ci siamo occupati (foto n° 3).

Un’anteprima dell’immagine dopo il lungo e paziente lavoro di colorazione informatica. Si noti la coperta rossa, simbolo di prestigio tra i Sioux (foto n° 4).

È lui?

La presunta foto di Cavallo Pazzo (foto n° 5) ricavata dalla lastra fotografica acquistata all’asta dal museo di Garryowen. Inutile dire che l’esposizione dell’immagine nel museo che porta il nome di Custer e la messa in vendita delle riproduzioni colorate, ha causato non poco disappunto tra i discendenti della sua gente.

 

Fotografia. Cavallo Pazzo nel corso della sua breve e avventurosa esistenza sempre rifiutò di farsi fotografare dai bianchi...

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Foto n° 1

Foto n° 2

Foto n° 3

Foto n° 4

Foto n° 5

 

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