Cavallo Pazzo nella riserva
uindi, a partire dal novembre del 1876, i
militari di Fort Robinson, situato a poche miglia dall’Agenzia di
Nuvola Rossa, registrarono sul libro mastro le famiglie Arapaho,
Cheyenne e Sioux che risiedevano nell’agenzia, compilando di fatto
un censimento.
Gli eventi che seguirono la battaglia di Little Bighorn sono noti:
l’eccezionale vittoria indiana rimase uno straordinario quanto
isolato momento storico e militare cui purtroppo fece seguito il
frazionamento del grande campo, scelte strategiche diverse tra le
varie tribù e bande e, di fatto, lo smembramento della grande
alleanza indiana. Questo non fece altro che favorire l’esercito
degli Stati Uniti che, fermamente deciso a risolvere al più presto e
ad ogni costo il “problema indiano”, mise in campo mezzi e forze
ingenti nella campagna invernale. Le bande indiane furono infatti
braccate per mesi da migliaia di soldati che non diedero loro tregua
e impedirono di fatto la tradizionale sosta per il campo invernale.
Continui spostamenti nella neve, il gelo e l’impossibilità di
procurarsi il cibo necessario a sfamare uomini, donne e bambini
fiaccarono, a lungo andare, la resistenza degli indiani più delle
piccole battaglie ingaggiate, di tanto in tanto, con le truppe
dell’esercito.
Toro Seduto scelse la strada dell’esilio volontario in Canada, dal
quale comunque rientrò poco più tardi, mentre il resto degli
“ostili” si arrese in momenti successivi e, a piccoli gruppi, andò a
ripopolare le Agenzie di Nuvola Rossa e Coda Chiazzata.
Nel febbraio del 1877, il tenente Charles A. Johnson, incaricato di
organizzare le registrazioni, aveva provveduto ad un secondo
censimento che totalizzava in 4303 gli abitanti dell’agenzia,
prevedendo, peraltro correttamente, un massiccio arrivo (o ritorno)
di Arapaho, Cheyenne e Siuox nei mesi successivi. Cavallo Pazzo fu
tra gli ultimi a cedere, ma alla fine, costrettovi dalle condizioni
disperate della sua gente più che dalla reale volontà di arrendersi,
si presentò all’Agenzia di Nuvola Rossa.
Erano i primi di maggio del 1877. Quello della resa di Cavallo Pazzo
e della sua banda è un momento tra i più significativi di tutta la
storia degli Indiani d’America. I bianchi, negli anni, lo
spettacolarizzarono a proprio favore, enfatizzando il fatto che il
“sanguinario” capo guerriero, sterminatore di Custer e del 7°, aveva
infine dovuto chinare la testa e cedere le armi ai soldati bianchi.
Al di là di questa iconografica e faziosa visione dei fatti, rimane
il “momento storico” con le sue grandi valenze umane, emozionali e
sociali. Grazie al citato registro, siamo quindi in grado di avere
un riscontro oggettivo di questo evento.
L’ultimo e più numeroso gruppo fu appunto quello di Cavallo Pazzo e
della sua gente che assommava a quasi 900 unità. Il 6 maggio 1877 il
grande capo Oglala cavalcava lentamente alla testa del lungo corteo
e, intorno alle 2 del pomeriggio entrava nel grande accampamento
dell’agenzia, scortati dai soldati e ufficiali di Fort Robinson che
gli erano andati incontro.
Il giorno successivo furono tutti contati e registrati sul libro
mastro che indica un totale di 899 persone così suddivise: 217
maschi adulti, 312 femmine adulte, 186 bambini e 184 bambine.
Risultano inoltre almeno 15 vedove tra i capi famiglia, i cui
mariti, è facile ipotizzare, sono da contare tra le vittime della
guerra appena conclusa. Da altre fonti risulta inoltre che il gruppo
consegnò un centinaio tra fucili e pistole (lo stesso capo consegnò
3 fucili) oltre a una mandria di circa 2200 cavalli.
Chi scrive non ha timore nel confessare una certa emozione nello
sfogliare le pagine, peraltro non originali, del registro per
arrivare alla pagina 168 dove finalmente si trova, scritto in bella
calligrafia: “Crazy Horse”, seguito dai dettagli del suo nucleo
famigliare. Il valore emozionale del registro sta nel fatto che, pur
esistendo ovviamente altri documenti dell’epoca come giornali,
lettere, dispacci militari che citano Cavallo Pazzo, in questo caso
non si può fare a meno di immaginare accanto all’impiegato che verga
a mano le parole “Crazy Horse” proprio il grande capo, in piedi di
fronte alla scrivania, disorientato per quanto gli sta accadendo
intorno e immerso in pensieri probabilmente tristi.
Il registro offre davvero una serie di informazioni che rendono
legittima la sua collocazione nella lista dei documenti storici più
importanti del settore. A questo proposito basti pensare al
contributo portato nel lavoro di studio della genealogia delle
famiglie indiane in un periodo fondamentale della storia di questa
popolazione.
Dopo la sua iscrizione nella popolazione dell’agenzia, Cavallo Pazzo
trascorse qui i suoi ultimi mesi di vita tra gelosie,
incomprensioni, tensioni e probabilmente tanta nostalgia della vita
libera delle praterie.
Dopo la sua morte, nel settembre dello stesso anno, l’agenzia e con
essa i suoi abitanti, fu spostata a est e il controllo ripassò nelle
mani del Dipartimento degli Interni.
A quel punto anche il “Crazy Horse Surrender Ledger”, così come gli
storici chiamarono poi quel registro senza nome, chiuse
definitivamente le proprie pagine. |