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A cura di Andrea Galasso -Dineh

L'ultima battaglia del guerriero

E

ra una calda giornata d’estate, di quelle tipiche di quando si è nella luna in cui le ciliegie diventano rosse (Luglio), il cielo era limpido e la gola bruciava a causa della prateria estiva.

Le pelli essiccavano al sole, i bambini rubavano i pezzi di carne stesi al sole dalle vecchie, mentre i più grandi apprendevano dai loro kola (guerriero adulto, guida e amico) o dagli anziani alla scuola della natura, molte donne erano fuori a raccogliere bacche da mettere nei wasna (insaccati di carne essiccata e frutti) per l’inverno o per le spedizioni.

D’improvviso un tuono spaccò l’animosità dell’accampamento, un lampo squarciò il cielo e dal lago uscì un cavaliere sfolgorante.

Era un guerriero Lakota, ma aveva qualcosa di strano: indossava una sola pezzuola di daino ai fianchi, i capelli intrecciati erano raccolti in una crocchia ed un’unica penna, una penna di falco rosso ne faceva ornamento. Dietro il lobo sinistro si vedeva spuntare una pietruzza e montava uno splendido baio lanciato al galoppo; sembrava quasi volare, fluttuava nell’aria tra proiettili e frecce nemiche che si dissolvevano per incanto intorno a lui. D’improvviso apparve il suo popolo, centinaia di persone che cercavano di stringerlo, abbracciarlo, poi un tuono, un fulmine colpì in pieno l’uomo misterioso e una pioggia di grandine si scatenò di colpo fino a dissolversi poi, per restituire agli occhi la splendida figura del cavaliere in corsa, fin quando la folla lo raggiunse e lo disarcionò, facendolo precipitare a terra. Poi un falco rosso volò via e fu il buio.

Cosa significava quella visione?

All’inizio della Luna delle piogge primaverili, il 6 maggio per i bianchi, i wasichu (ladri del buono), lui, Tashunka Uitko, alla testa dei suoi 900 Oglala Lakota, si arrendeva ai soldati di Fort Robinson. Proprio come l’uomo del sogno, e come in tutti i suoi scontri col nemico, indossava una sola pezzuola di daino ai fianchi, una penna di falco rosso tra i capelli a crocchia, un sassolino dietro il lobo, montando il suo fedele baio, ormai allo stremo per la fame, con i colori del fulmine e della grandine.

Così, in quella che da resa era diventata una marcia trionfale, con l’intero popolo accorso a cantare il suo profeta -seppur ormai a capo di una massa di derelitti- fu l’amico Cane, dei Lakota Piedineri, come da cerimoniale, a donare il suo piumaggio onorario (oltre 100 penne) al capo dei soldati Cappello bianco (Ten. Clark).

Il grande guerriero, infatti, non aveva niente: come gli era stato imposto dalla Sua visione, non poteva tenere nulla per sé, né bottino, né trofei, doveva donare tutto, proprio Lui, che quando aveva indossato la sacra camicia, ancora 10 anni prima, aveva ben 240 simboli d’atti di valore!

Quel giorno fu l’inizio della fine definitiva di un Uomo e del suo Popolo. Tashunka Uitko, Cavallo Pazzo, si era consegnato per due motivi tanto semplici quanto spietati.

L’estate gloriosa aveva segnato la sconfitta della campagna voluta dal Gen.Sheridan (1876), ma non aveva permesso agli indiani di fare provviste per l’inverno, perciò durante il culmine della fredda stagione, sotto la luna degli alberi che si spaccano (gennaio)molti bambini erano morti e molte donne e anziani erano caduti nella neve ridotti a stracci dalla fame e dalla tosse dell’uomo bianco. Inoltre i capi “in pace” delle riserve avevano dovuto subire la minaccia di essere trasferiti sul Missouri qualora lui non si fosse arreso.

Si sarebbe ripercorsa la strada da cui era stato salvato, proprio dal grande ribelle indiano, il popolo di Coda Chiazzata, con donne e anziani a mangiare polvere, ragazzi legati alle ruote dei carri e neonati gettati nelle acque gelide per puro divertimento.

Avevano già patito l’atroce tortura di non aver nessun sostentamento, né alcunché di niente, come estorsione per la cessione dell’intero territorio delle Black Hills e del Powder; loro, che per la pace erano diventati amici dei bianchi, consegnando ogni arma e proprietà come rifiuto della guerra, ora si trovavano lì senza viveri, senza poter cacciare e circondati dai soldati armati. Abbandonare anche quel poco di territorio proprio che era rimasto loro sarebbe stato troppo, troppo doloroso, era l’ultimo cordone che li legava alla loro identità.

Così Tashunka Uitko, con la promessa di una propria agenzia, finì col consegnarsi, come ultimo e più doloroso sacrificio per il bene e la sopravvivenza del suo popolo (e francamente non aveva scelta).

 

Speciale. In questo speciale non possiamo gratificarvi con la pubblicazione del consueto materiale iconografico che da sempre contraddistingue Farwest.it perché Cavallo Pazzo scelse di non farsi ritrarre dall’uomo bianco. Potete approfondire la conoscenza del mondo di Cavallo Pazzo leggendo in questo sito la biografia dello “strano uomo degli Oglala”, lo speciale sulla battaglia del Little Bighorn e tanti altri articoli rintracciabili per mezzo del nostro motore di ricerca.

 

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