La cattura
In data 11 dicembre 1737, una truppa di soldati, uscita
all’alba per contare i cavalli, vide un Apache nel loro mezzo. Questi venne
catturato e portato al presidio, dove confessò che a una distanza di circa dieci
leghe c'era una banda di sedici Apaches – otto uomini e otto donne - comandata
da Cabellos Colorados. Apparentemente, questi volevano visitare il presidio con
lo scopo di proteggere la pace con gli spagnoli, ma a quanto venne riferito, il
loro reale fine era quello di osservare la posizione dei cavalli per rubarli.
L’alfiere Galván, con una forza di ventotto uomini, si diresse verso la non
lontana rancheria, situata in un luogo noto come El Chapintillo, dove i 16
apache, che non si attendevano un attacco, vennero tutti circondati, catturati e
poi imprigionati nel presidio di Bexar.
Fù lo stesso alfiere Juan Galvan, nella sua testimonianza su “L’infedeltà degli
Apache”, a dire che "era sua opinione che gli Apache non intendevano visitare il
presidio per commerciare, visto avevano tre cavalli e tre asini che
appartenevano ai cittadini del luogo."
Alcuni giorni dopo la già menzionata incursione di settembre a El Cibolo, la
moglie di Cabellos Colorados - accompagnata da tre donne e da un guerriero – si
era recata al presidio per scambiare carne di bufalo con tabacco. Gli spagnoli
li trattarono gentilmente, dicendo che finchè gli apache sarebbero rimasti
tranquilli non sarebbero stati molestati. Questa donna (definita una capitana) e
due delle sue compagne figuravano nella lista degli apache catturati insieme a
Cabellos Colorados.
Nel giugno del 1738, il governatore del Texas, Prudencio de Orobio y Bazterra,
sosteneva che gli Apache di Cabellos Colorados avevano violato il trattato di
pace – inesistente - del 1733. Nella sostanza, fù questi a mettere in piedi
questa sorta di processo (denominato appunto “Infedeltà degli Apache” ) contro
Cabellos Colorados e il suo gruppo.
Questo l’elenco dei testimoni, ovviamente tutti spagnoli: luogotenente Mateo
Pérez ; capo della polizia Vicente Alvarez Traviso; capitano José de Urrutia;
alfiere Juan Galván; caporale Juan Cortina. Deposizioni del 26–28, giugno
1738....Contra las Infedelidad de los Apaches.
La Professoressa Juliana Barr, dell’Università della Florida - che sembra aver
approfondito l’argomento di recente - afferma che le prove a loro carico erano
basate su coincidenze, voci e pregiudizi....e riporta le seguenti motivazioni
spagnole a carico di Cabellos Colorados:
In primo luogo, gli spagnoli considerarono elemento sospetto il fatto che le
rancherias di Cabellos Colorados erano quelle più vicine a San Antonio de Bexar;
In secondo luogo, i soldati dichiararono che, dal momento in cui Cabellos
Colorados era stato catturato non vi era stato più nessun assalto, cosicché i
razziatori e gli invasori dovevano essere coloro che - ora - si trovavano in
prigione.
Infine, il comandante presidiale José de Urrutia, identificò Cabellos Colorados
come un uomo di rango e di gran reputazione tra gli Apaches… dichiarando che si
vociferava che il leader si fosse vantato col "capitan grande" della nazione
Apache (carica che non esisteva tra gli Apache) che egli avrebbe razziato tutte
le mandrie di cavalli presidiali di San Antonio, Coahuila, San Juan Bautista e
Sacramento e quindi massacrato tutti gli abitanti.
Ma chiaramente, il potente Cabellos Colorados venne scelto come capro
espiatorio... la cui rovina avrebbe risollevato la reputazione - in calo - degli
spagnoli. [continua] |