SEMINOLE DIMENTICATI
Nei conflitti contro i Bianchi, i Seminole della Florida furono
senz’altro fra gli Indiani più ostinati d’America, sostenendo almeno
tre guerre vittoriose contro le truppe statunitensi. La tenace
resistenza opposta dalla tribù di Osceola, rifugiatasi all’interno
delle paludi dell’Everglades per sfuggire alla serrata caccia degli
Americani, non suscitò tuttavia molto interesse nei cineasti, che
preferirono più spesso celebrare le gesta dei Sioux, dei Cheyenne o
degli Apache.
Tra i pochissimi film dedicati ai Seminole, due meritano una
particolare menzione. Il primo, di Raoul Walsh (1951) è “Tamburi
Lontani” (titolo originale: “Distant Drums”) che vide l’intensa
partecipazione di un Gary Cooper in piena forma (il capitano Quincy
Wyatt) affiancato da Mari Aldon, Richard Webb e Arthur Hunnicutt. La
storia è ambientata nel 1841, all’epoca della terza guerra seminole.
Il secondo, meno conosciuto e intitolato semplicemente “Seminole”,
fu girato invece dal regista Budd Boetticher nel 1953 ed ebbe come
interpreti Rock Hudson (tenente Caldwell) Barbara Hale ed Anthony
Quinn, quest’ultimo nella parte del capo Osceola, che umilia la
presunzione degli Americani lanciati alla conquista del suo
territorio.
SACAJAWEA
Sacajawea, la giovanissima indiana shoshone sposata al trapper
canadese Toussaint Charbonneau, fu la preziosissima guida che
permise alla spedizione di Meriwether Lewis e William Clark di
portare a termine con successo la prima traversata transcontinentale
nel 1804-06, esplorando l’immenso territorio della “Grande
Louisiana” ceduto dalla Francia agli Americani nel 1803. Secondo
alcune dicerie, la squaw diventò pure, nel corso del lungo viaggio
attraverso montagne, praterie e fiumi, l’amante del capitano Clark,
che più tardi si sarebbe preso cura di un figlio dell’Indiana.
Ancora più incerta è invece la data della morte di questa coraggiosa
Indiana. La maggior parte dei resoconti collocano la sua scomparsa,
a causa di un’epidemia, nel 1812, quando Sacajawea doveva avere
soltanto 24 anni. Altre fonti sostengono invece che la donna morì di
morte naturale molto più tardi, addirittura nel 1884, quando aveva
circa 96 anni.
MACKENZIE, IL MIGLIORE
Se Ulysses Simpson Grant e George Armstrong Custer ebbero un
curriculum militare alquanto discusso - il primo a causa della
smodata passione per gli alcolici, il secondo per l’indisciplina –
Ranald Slidell Mackenzie venne giudicato dallo stesso Grant “il più
promettente giovane ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti”. Nato
a New York nel 1840 e classificatosi al primo posto (Custer era
stato invece il 34° del suo corso, cioè l’ultimo in assoluto)
all’Accademia Militare di West Point, Mackenzie fu colonnello dei
Volontari durante la Guerra Civile e comandò il Quarto Cavalleria
regolare dopo il conflitto, distinguendosi spesso nelle campagne
contro gli Indiani. Determinato fino all’eccesso, causò anche un
incidente diplomatico con il governo messicano per avere sconfinato
nel 1873 e distrutto, al di là del Rio Grande, un villaggio indiano.
Nel 1876, richiamato al nord dal generale Philip Sheridan dopo gli
insuccessi di Crook e Custer nella campagna contro Sioux e Cheyenne,
distrusse un accampamento di questi ultimi al Willow Creek. Ottenuto
il brevetto di maggior generale dei Volontari e più avanti quello di
brigadier generale dell’esercito regolare, fu colto da pazzia e
collocato a riposo a soli 44 anni. Si spense vicino a Staten Island
(New York) nel 1889.
DONNE DISSOLUTE
Le donne della Frontiera che la leggenda e soprattutto il cinema
trasformarono spesso in eroine o presentarono come vittime delle
circostanze non furono sempre meritevoli di comprensione, almeno a
giudicare dalle numerose prove storiche che le presentano sotto un
aspetto assai diverso.
Martha Jane Canary, nota come Calamity Jane, fu un personaggio
volgare e trasgressivo, dedito all’alcool e alla prostituzione,
innamorata soltanto – secondo quanto scrisse lei stessa – del famoso
sceriffo James Butler “Wild Bill” Hickok, che peraltro smentì di
averla mai frequentata. E’ certo che Calamity ebbe relazioni, più o
meno occasionali, con vari uomini e donne che le capitò di
conoscere, lavorò in qualche bordello e non pose limiti ai propri
eccessi. Morì cieca nel 1903, alla presumibile età di 55 anni.
Myra Belle Shirley, nata nel 1860 nel Missouri, fece anche di
peggio, ponendosi alla testa di una gang che per alcuni anni
imperversò alla Frontiera. Prostituta e poi amante di Coleman
Younger, membro della banda di Jesse James, ebbe da lui la figlia
Pearl, ma si unì in seguito a Jim Reed, al bandito pellerossa Anatra
Blu e al cherokee Sam Starr, partecipando ad una serie di furti e
rapine nel Territorio dell’Oklahoma. Incriminata nel 1883 come
capobanda della cricca criminale, ottenne una mite condanna a soli
nove mesi di reclusione. Di nuovo processata e assolta per
insufficienza di prove e rimasta vedova nel 1886, si mise insieme
all’indiano creek Jim July, con il quale continuò imperterrita la
sua esistenza da fuorilegge, finendo ricercata dagli sceriffi con
una taglia di 5.000 dollari sulla sua testa. Ritiratasi, si fa per
dire, “a vita privata” Belle fu assassinata a soli 39 anni nel 1889,
pare per la vendetta di un vicino di casa con cui aveva litigato.
Del delitto venne però sospettato anche il figlio Edward, nato
dall’unione di Myra Belle con Reed, che l’avrebbe uccisa perché
stanco della relazione incestuosa a cui la madre lo obbligava da
tempo.
I NERI NEL WESTERN
Il cinema western nacque per celebrare le gesta degli Americani di
razza bianca che colonizzarono la Frontiera, ma si accorse,
quand’era ancora agli albori, dei Pellirosse e dei loro
problemi, soprattutto per merito di registi come Thomas H. Ince
e David W. Griffith. Invece gli uomini dalla pelle nera non
diventarono veri e propri protagonisti nel cinema fino agli Anni
Sessanta del Novecento, dopo avere fatto in precedenza da
contorno alle diverse vicende narrata in “Via col vento”, “Joe
Bass, l’implacabile” o “L’uomo che uccise Liberty Valance”. Una
delle prime fiction che rese giustizia ai Negri fu il
monumentale “I dannati e gli eroi” di John Ford (titolo
originale: “Sergeant Rutledge”, 1960) imperniato sul processo a
Braxton Rutledge, sottufficiale di colore del Nono Cavalleggeri
accusato indiziariamente di avere violentato e ucciso una
ragazza bianca in un presidio del West. Il ruolo principale
venne assunto dal bravissimo Woody Strode, che interpretò da
grandissimo attore il dramma vissuto, con estrema dignità, da
una razza discriminata. Per molti aspetti, questo film
rappresentò il riscatto degli ex schiavi, disprezzati figli
minori di un’America che li arruolava nell’esercito per portare
la civiltà nel West.
Meno apprezzabile il tentativo di Mario Van Peebles, nel 1993,
di riportare i Neri alla ribalta con “Posse. La leggenda di
Jessie Lee” (titolo originale: “Posse”) interpretato dallo
stesso regista ed ambientato subito dopo la Guerra
Ispano-Americana del 1898. Benchè spettacolare ed avvincente, il
film non raggiunge mai il pathos di “Sergeant Rutledge” e
finisce per diventare apologetico e forzatamente celebrativo,
quando non scade apertamente nella velleitarietà.
PERCHE' LI CHIAMARONO YANKEE
Molti vocaboli di uso corrente nella lingua americana hanno
un’origine incerta, come la parola “yankee”, usata negli Stati
del Sud per indicare i Nordisti dell’Unione al tempo della
guerra di secessione. I popoli latini, primi fra tutti i
Messicani, imitati anche da quelli del Centro e Sud America,
battezzarono spregiativamente “yankee” tutti i cittadini degli
Stati Uniti, chiamati anche “Americanos” o “Gringos”. Quanto
all’origine remota del termine, si sostiene derivi dall’errata
pronuncia che qualche tribù algonchina fece della parola “English”,
al tempo in cui i Puritani inglesi sbarcarono nel Massachussets.
GLI INDIANI KOOTENAY
I Kootenay, di ceppo etnico-linguistico algonchino, si trasferirono
dalle loro sedi orientali degli Stati Uniti e del Canada verso
occidente intorno al XVIII secolo, come i Cheyenne, i Piedi Neri
e gli Arapaho. Insediatisi fra la Columbia Britannica, l’Idaho
ed il Montana, assimilarono la cultura del gruppo linguistico
salishan, al quale appartenevano i Cayuse, i Flathead, gli
Spokane ed un’altra ventina di tribù. In poco tempo, i Kootenay
abbandonarono l’idioma degli Algonchini, incominciando a parlare
quello dei Salish, tanto da essere spesso confusi con le
popolazioni di questa etnia. Nemici dei Piedi Neri, dai quali
peraltro discendevano, non superarono mai i 1300 componenti e
quando la colonizzazione americana raggiunse il Nord-Ovest,
vennero concentrati in una riserva del Montana, insieme ai
Flatehead (Teste Piatte).