on potevo certo lasciarmi scappare l’opportunità, recentemente
capitata tra le mie mani, di visitare di persona alcuni dei luoghi
dove si svolsero gli eventi della grande fuga dei Nasi Forati. In
particolare, il mio programma di viaggio prevedeva il passaggio
nelle vicinanze dei campi di battaglia di Clearwater, White Bird e
Fort Fizzle.
In realtà il primo elemento che ci avverte che stiamo entrando
“in territorio Nee-Mee-Poo” (foto 1), il nome originale di questa
tribù, sono i segnali stradali che indicano che ci troviamo sul
percorso del Nez Perce Historical Trail. Il Nez Perce National
Historical Trail è un’entità sancita dal Congresso Americano nel
1986 che sta a certificare a livello storico nazionale un percorso
di 1.170 miglia, dalla valle Wollowa nell’Oregon orientale fino al
campo di battaglia di Bear Paw, vicino all’attuale città di Chinook
nel Montana settentrionale (foto 2).
Il luogo migliore per documentarsi e raccogliere tutte le
informazioni utili è sicuramente il Visitor Center di Spalding sulla
Highway 12 dell’Idaho.
Poche miglia prima un cartello ci aveva avvertito che eravamo
entrati nella “Nez Perce Indian Reservation”.
Il Visitor Center è un edificio moderno, di cemento, ben segnalato e
di facile accesso (foto 3).
L’interno (foto 4) è diviso in diverse aree: il museo (foto 5 e 6)
dove sono esposti manufatti originali, una sala video dove ogni 30’
viene proiettato un filmato sulla storia e sull’attualtà della tribù
e l’immancabile gift shop. Tanto il contenuto del filmato quanto il
museo forniscono al visitatore un’immagine di grande dignità e
nobiltà di questa tribù, orgogliosa del proprio passato, ma nel
contempo consapevole del proprio dignitoso, seppur difficile,
presente.
Certo l’impressione che si ricava attraversando Spalding, Lapwai
e altre cittadine all’interno della riserva non è sicuramente quella
di un’economia fiorente né di un benessere diffuso. L’artigianato e
l’agricoltura sono le attività principali mentre modesta è
l’industria turistica che è invece significativa in altre zone dell’Idaho.
Clearwater
Il campo di battaglia di Clearwater è segnalato con un pannello
(foto 7) ai bordi della Highway 13 dell’Idaho a circa 2 miglia a sud
del villaggio di Stites (foto 8).
Attualmente il terreno del campo di battaglia è proprietà privata e
non è quindi visitabile.
Il giorno 11 luglio del 1877 le truppe del Gen. Howard individuarono
in modo assolutamente casuale il campo dei Nasi Forati sul
Clearwater River e lo attaccarono utilizzando anche colpi di
artiglieria. Gli indiani, pur sorpresi, reagirono prontamente e la
battaglia di Clearwater ebbe inizio.
Nel volgere di pochi minuti, i guerrieri inflissero perdite
consistenti ai soldati, soprattutto sfruttando la precisione dei
tiratori scelti.
Alla fine della giornata 8 soldati erano stai uccisi e 25 feriti di
cui 3 mortalmente, mentre tra i Nasi Forati si contarono 4 morti e 4
feriti.
Il giorno seguente gli indiani pensarono più a discutere e a fumare
che a combattere. Non fu trovato un accordo tra le varie fazioni e
fu infine deciso di abbandonare il villaggio muovendosi verso nord.
Attualmente dovrebbero essere ancora visibili tracce delle trincee
scavate dai Nasi Forati durante la battaglia, ma essendo la zona
parte di una tenuta agricola privata, tutto quello che è stato
possibile fare è stato scattare una fotografia dalla strada (foto
9).
White Bird
L’indicazione che segnala il campo di battaglia di White Bird è
costituita da un pannello posto a lato della strada sulla US Highway
95. Le successive indicazioni portano sulla vecchia US 95 perché il
campo di battaglia si estende infatti nell’area compresa tra le due
strade (foto 10).
Appena fuori dal modesto abitato di White Bird, Idaho, c’è
l’ingresso al sito costituito da un cancello dietro il quale parte
un sentiero che si snoda tra le colline (foto 11).
Nel periodo estivo, alcuni volontari sono presenti il martedì e
mercoledì per guidare i visitatori. Questo fa pensare che ci sia un
numero abbastanza consistente di turisti interessati a visitare
questo campo di battaglia. Fatto piuttosto sorprendente se si tiene
conto che l’Idaho occidentale non è esattamente sulle rotte del
turismo di massa e che la battaglia in questione, risoltasi con
un’umiliante sconfitta dell’esercito USA, non rappresenta certo
un’impresa militare di cui gli americani possano andare fieri.
In ogni caso, chi scrive è arrivato in un assolato e deserto giovedì
ed ha quindi obbligato i propri compagni di viaggio ad un tour
autogestito.
Sul cancello sono infatti presenti 2 contenitori che offrono ai
visitatori documentazione a supporto del tour (foto 12), dando
preziose informazioni sullo svolgimento della battaglia e fornendo
riferimenti importanti per individuare le zone dove si sono svolte
le varie fasi della battaglia.
Il tour parte da un pannello esplicativo situaato poco dopo
l’ingresso (foto 13) e, con l’aiuto dell’opuscolo, si raggiungono in
sequenza 4 punti lungo il percorso che prevede, tra l’altro, una
salita piuttosto ripida.
L’area circostante è agricola, tuttavia tutta la zona non presenta
grandi cambiamenti rispetto a come poteva apparire nel giugno del
1877.
In effetti risulta estremamente emozionante e coinvolgente far
scorrere lo sguardo lungo le colline e immaginare il fragore della
battaglia, gli spari, il fumo, le grida.
La Battaglia
Alle prime luci dell’alba del 17 giugno 1877 una sessantina di
guerrieri Nasi Forati prese posizione nascondendosi nei dirupi e
sulle colline a nord e ovest del loro villaggio lungo il White Bird
Creek che intendevano proteggere dall’imminente attacco delle truppe
(foto 14 e 15). Infatti 106 soldati appartenenti alle compagnie F e
H del 1° Cavalleria, comandati dal Capitano David Perry, oltre a 11
civili volontari, stavano per sopraggiungere da nord.
A testimonianza delle intenzioni poco bellicose degli indiani,
questi avevano predisposto un gruppo dotato di bandiera bianca che
stava aspettando i soldati con l’evidente intento di parlamentare e
cercare di evitare lo scontro.
Queste intenzioni furono immediatamente frustrate allorchè il capo
dei volontari, tale Ad Chapman, sparò, senza apparente motivo, al
gruppo di pace. Gli indiani risposero al fuoco e la battaglia ebbe
inizio.
Il Ten. Theller, che comandava il gruppo d’avanguardia, cercò di
disporre i suoi uomini in una posizione difendibile, ma subì ben
presto delle perdite tra le quali il trombettiere Jones. Perry
ordinò alla sua compagnia F di smontare da cavallo e formare una
linea a est del gruppo di volontari, mentre il Cap. Trimble
posizionava la compagnia H dalla parte opposta (foto 16).
Tutto questo sotto il fuoco micidiale dei guerrieri bene appostati
sulle colline circostanti (foto 17).
Il gruppo dei volontari fu il primo ad essere attaccato dai
guerrieri di Due Lune. Il risultato fu una fuga disordinata da parte
dei bianchi che lasciarono così un fianco dei soldati
pericolosamente scoperto. Poco dopo, infatti, fu proprio il gruppo
di Perry a essere sottoposto ad un furioso attacco dei Nasi Forati.
I soldati erano terrorizzati e fuggirono disordinatamente cercando
di recuperare le proprie cavalcature.
Perry cercò allora di riordinare le fila dei suoi e organizzare un
contrattacco, ma questa operazione fu resa quasi impossibile dal
fatto, tragicomico, di aver perduto un trombettiere e che un secondo
trombettiere aveva perduto il suo strumento nella confusione della
ritirata e pertanto risultò quasi impossibile trasmettere gli ordini
alla truppa.
Il panico contagiò tanto i soldati quanto i loro cavalli che
diventarono ingovernabili, mentre sull’altro fronte, gli indiani
esaltati dall’imminente vittoria, raddoppiarono il loro furore.
Il contingente del Ten. Theller fu spazzato via, mentre Perry, con
quello che restava delle sue forze, fuggì verso nord (foto 18),
inseguito dagli indiani per 4 miglia, cercando rifugio al Ranch
Jackson.
Il bilancio finale fu sconvolgente: 34 morti ed alcuni feriti tra i
soldati e solo 3 feriti leggeri tra i guerrieri. La vittoria indiana
fu arricchita da un bottino di oltre 60 fucili, numerose pistole e
munizioni recuperate sul campo di battaglia. Queste armi aumentarono
in maniera consistente l’armamento dei Nasi Forati e questo si
rivelò estremamente importante per le battaglie che seguirono.
A solo un anno da Little Bighorn, la disfatta di White Bird ebbe una
grande eco presso le autorità miltari e presso l’opinione pubblica
americana. Venne puntato il dito sull’inesperienza e sulla scarsa
preparazione dei soldati che, nonostante fossero in numero doppio
rispetto agli avversari, subirono una delle sconfitte più umilianti
di tutte le guerre indiane.
I Nasi Forati trassero da questa vittoria la convinzione di poter
validamente contrastare l’esercito. Molti infatti furono poi gli
episodi durante i quali i guerrieri ebbero modo di dimostrare tutto
il loro valore e la loro abilità militare.
Fort Fizzle
Il tratto di strada sulla Highway 12 tra la cittadina di Kooskia
nell’Idaho e il confine con il Montana, oltre il Lolo Pass, è uno
dei più belli e panoramici di tutto il nord-ovest degli Stati Uniti.
Il percorso si snoda lungo il Lochsa River in un paesaggio montano
di grande bellezza (foto 19).
Questo percorso ricalca quello compiuto dagli indiani in fuga dopo
la battaglia di Clearwater e White Bird che avevano assegnato alla
questione “Nasi Forati” i connotati della vera e propria campagna di
guerra. Le autorità militari temevano infatti che la rivolta dei
Nasi Forati potesse risvegliare gli animi delle tribù delle pianure
che solo pochi mesi prima si erano definitivamente convinte ad
entrare nelle riserve.
Il Gen. Howard partì quindi all’inseguimento degli indiani lungo il
Lolo Trail. Giova ricordare che i Nasi Forati si muovevano con tutta
la popolazione: guerrieri, ma anche donne, anziani, bambini e poi le
tende, le masserizie ed infine una consistente mandria di cavalli.
Quella che ora è una grande strada asfaltata percorsa anche dai
caratteristici “truck” (foto 20), era nel 1877 poco più di una
mulattiera con tutte le difficoltà che questo comporta ad una intera
tribù in fuga.
Proprio al Lolo Pass, che segna il confine tra Idaho e Montana, c’è
un bel Visitor Center (foto 21) nel quale si può attingere ad una
vasta e accurata documentazione sia turistica che storica (foto 22),
oltre a poter chiedere l’aiuto dei ranger.
L’indicazione di Fort Fizzle, poche miglia dopo il Lolo Pass, mi è
sfuggita ed ho dovuto tornare indietro per non perdere la visita ad
un luogo dove si svolse un evento particolarmente originale.
“Il Fiasco”
Nonostante non ci fosse unanimità di vedute sul da farsi tra i
vari Capo Giuseppe, Ollokot, Specchio e gli altri capi, fu presa la
decisione di andare nel Montana a chiedere aiuto agli amici Corvi.
Ignari del fatto che dai Corvi, ormai alleati dei bianchi, non
avrebbero avuto nessun supporto, i Nasi Forati si avviarono lungo il
Lolo Trail.
La notizia si diffuse preso i coloni del Montana che temevano
scorrerie e razzie da parte degli indiani, una volta penetrati nel
loro territorio. Da Fort Missoula partì un contingente di una
trentina di soldati del 7° Fanteria guidati dal Cap. Rawn ai quali
si unirono circa 150 civili del Montana.
Questo gruppo si mosse verso ovest lungo il Lolo Trail andando
incontro agli indiani, fermandosi a poche miglia dal loro campo.
Qui i soldati e i civili costruirono delle barricate lungo la pista,
utilizzando grossi tronchi d’albero per bloccare il passaggio agli
indiani. Questi non desideravano ingaggiare di nuovo battaglia,
perciò una delegazione di capi incontrò il Cap. Rawn e i suoi
ufficiali per trovare una soluzione pacifica.
Tuttavia, misero subito in chiaro quali erano i loro intendimenti:
non avevano nessuna intenzione di molestare i coloni del Montana, ma
tantomeno volevano arrendersi ai soldati e consegnare loro armi e
cavalli. La loro richiesta fu quella di poter entrare nel Montana e
attraversare la Bitteroot Valley pacificamente.
Gli ordini ricevuti da Rawn, al contrario, erano quelli di non far
passare gli indiani e conseguentemente le trattative entrarono in
una fase di stallo.
A questo punto molti civili abbandonarono le barricate e tornarono a
casa, alcuni perché tranquillizzati dalle intenzioni pacifiche dei
Nasi Forati e altri invece spaventati alla vista di così tanti
indiani.
La beffa si compì la notte del 28 luglio allorchè tutta la tribù
aggirò il blocco dei soldati sulla pista passando dietro la collina
a nord e nascondendosi alla vista dei militari. Quando questi
scoprirono di essere stati giocati era troppo tardi per un
inseguimento e pensarono bene di rientrare a Fort Missoula.
Quando la stampa venne a sapere dell’episodio non tardò a battezzare
le barricate sul Lolo Trail con il nome di Fort Fizzle: vale a dire
“Forte Fiasco!”
Attualmente esiste uno spiazzo a lato della Highway 12 dove sono
stati piazzati alcuni pannelli informativi (foto 23) e una replica
delle barricate di tronchi (foto 24).
Le indicazioni sui pannelli sono piuttosto esaustive e prodighe di
dettagli sulle modalità di costruzione delle barricate e sulla
cronologia degli eventi storici. Particolarmente interessante
l’informazione riguardante l’esatta ubicazione delle barricate
originali proprio a cavallo dell’attuale Highway 12 dove fino a non
molti anni fa pare che se ne potesse ancora veder traccia.
Ancora più interessante l’indicazione di dove passarono gli indiani
eludendo il blocco (foto 25).
Si intuisce che non deve essere stata un’impresa facile per la tribù
muoversi in silenzio e al buio su un terreno così impervio con
l’aggravante di dover spostare anche tende, masserizie e cavalli.
Comprensibile anche se storicamente scorretto che la documentazione
trovata nell’attuale museo di Fort Missoula (foto 26) glissi
allegramente sul finale del’episodio di Fort Fizzle nell’evidente
tentativo di limitare il ridicolo che coprì l’esercito americano
nella fattispecie.
A Fort Missoula, purtroppo per me e per fortuna dei miei compagni di
vacanze, il mio percorso e quello dei Nasi Forati in fuga si
separano e prendono strade diverse.
Gli indiani presero a sud e mal calcolando il vantaggio sulle truppe
di Howard vennero da queste attaccate a Big Hole in quella che fu la
battaglia più sanguinosa di tutta la vicenda (descritta in questo
sito).
Il sottoscritto invece ha puntato a nord verso il Glacier National
Park, ma questo ai lettori di farwest.it interessa sicuramente meno.