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Il "Dizionario"

 


A cura di Laura Sampietro

Ambrose Gwynnette Bierce

I

l mistero avvolse questo illustre scrittore fin dalla nascita: vi sono ombre non solo sulla sua scomparsa ma perfino sulla sua nascita. Di certo vi è che rimase profondamente colpito dalla Guerra Civile americana e gran parte delle sue opere ne è una concreta testimonianza.

Fu uno scrittore dallo stile inconfondibile, dotato di "lingua tagliente" e sagace, temuto critico giornalistico ed autore di spessore, rivalutato solo dopo molti anni, capace di  evocare ambientazioni ed atmosfere fantastiche, orride e cupe. Fece emergere il lato oscuro del Far West, tanto che i suo scritti spaventavano ed attraevano i pionieri del suo tempo. 

Fu amico di Mark Twain e seppe differenziarsi dai suoi pochi rivali degni di merito - Allan Poe e H.P. Lovercraft - per lo stile con cui descriveva scene e particolari. Diceva infatti: “Uno scrittore può inventare i caratteri e l’intreccio, ma non deve immaginare alcunché che non possa accadere, pur se l’intera storia è francamente una menzogna.” Descrisse i momenti della guerra basandosi sulle sue esperienze nella civil war, l’orrore intrinseco ad essa, tramite l’attenta osservazione di singoli momenti della vita umana. Una miscela di ironia, cinismo, fantasia e horror.

Figlio di Laura Sherwood e Marcus Aurelius, Ambrose fu l’ultimo di 8 fratelli (qualcuno dice 14!) i cui nomi iniziavano tutti con la lettera "A".

Si narra che tra il 1850 e il 1860 lasciò la famiglia per andare a vivere dallo zio Lucius, ma sembra impossibile definire in quale contea, dato che le varie biografie discordano notevolmente. Di certo si sa che lo zio fu sindaco di una cittadina chiamata Akron.

Nella famiglia di Ambrose emerge la  figura del  militare. Il nonno infatti combattè nella rivoluzione americana e Lucius Verus fu intimo amico di John Brown, probabilmente apparteneva anche lui alla “undergroun railroad”. Lucius influenzò Ambrose non solo dal punto di vista politico, ma lo introdusse anche alla letteratura. Quando lo zio morì (presumibilmente condannato a morte nel 1859 dopo il tentativo di furto di armi nel Harper’s Ferry) Ambrose si arruolò nel IX Reggimento dell’Indiana (1861) tra i volontari di Lincoln. A soli 18 anni mostrò di avere un carattere deciso e coraggioso e le sue peculiarità lo portarono a diventare "ricognitore" prima della battaglia. Questo ruolo gli permetteva di spiare da vicino le postazioni strategiche e gli spostamenti dei sudisti e inoltre questo incarico, pur essendo assai pericoloso, gli concedeva di muoversi in completa autonomia e solitudine e la cosa era per lui altamente stimolante. Potersi accampare celandosi tra cespugli o appollaiato su un albero gli permise di osservare il comportamento degli uomini in battaglia aldilà della divisa che indossavano, come poi disse in un suo scritto "è nel campo di battaglia  che l’uomo può sperimentare l’assurdità della sua condizione e l’insensata violenza di cui è vittima".

Partecipò a diverse battaglie: Chickamuga, Shiloh, Murfreesboro ed alla campagna di Atlanta sotto il comando del Generale Sherman.

Le vicissitudini di guerra segnarono molto il suo spirito: vedere fuggire tutti gli ufficiali (Chickamuga) lo scosse molto, tanto che, si narra, l’idealismo di Bierce morì quel giorno per lasciare spazio al cinismo.

Il 23 Giugno del 1864 a Chattanooga venne colpito da “la pallota che portava il mio nome” alla testa. Una ferita che lo portò per mesi ad avere problemi di allucinazioni e vertigini.

Malgrado questo nel 1865 rientra nell’esercito ed insieme al Generale Hazen si diresse a San Francisco dove gli fu affidato il ruolo di Capitano. Ma dopo poco scoprì che la sua nomina era mutata in Secondo Luogotenente, grado che offriva ben poche possibilità di carriera. Così si trovò a dover compiere una scelta: restare nell’esercito o dedicarsi al giornalismo. Prese la decisione affidandosi ad una monetina con il classico "testa" (esercito) o "croce" (giornalismo) e l’esito è ormai a noi noto. Quarant'anni dopo disse: "Quella moneta aveva ragione."

Così nel 1866 trovò lavoro alla Zecca e cominciò a scrivere articoli per il San Francisco News and Commercial Advertiser. Nei suoi scritti utilizzava un linguaggio crudo e al quanto ironico, con i quali attaccava apertamente i personaggi pubblici del tempo. Il suo stile lo portò ad avere molti nemici, ma scrivendo solo il vero, non si procurò mai alcuna querela e solo un nomignolo: ”Bitter Bierce”, Bierce l’Amaro.

Nel 1872 si sposò con Molly Day (figlia di un ricco proprietario di miniere) e con lei si trasferì in Inghilterra. Qui collaborò per alcune pubblicazioni umoristiche e pubblicò i primi volumi satirici: “ Nuggest and Dust”, “The Fiend’s Delight “ e “ Cobwebs from an Empty Skull”.

Nel 1875 tornò a San Francisco dove divenne uno dei maggiori e temuti critici . Fu presto vice-direttore della rivista politica “The Argonaut”. Tra il 1881 e il 1886 diresse il giornale umoristico “The Wasp”. Nel 1886 William Randolph Hearst, compra l”Examiner”, un giornale politico di scarsissimo successo, e... per poterlo rilanciare chi meglio di Bierce avrebbe potuto aiutarlo? E così fu, tanto che lo stile dell’Examiner divenne presto “il nuovo stile giornalistico americano”.

Nel 1891 pubblicò “Tales of Soldiers and Civilians“ ribattezzato poi “In the Midst of life”. Questa raccolta di vari racconti, fu divisa in due parti dall’autore. L’uomo, secondo l’autore in guerra come in pace, è sempre in balia del "fato" che governa totalmente la sua vita.

I soldati infatti, uomini che uccisero e morirono a migliaia, vengono ritratti, in un solo fotogramma: il momento esatto in cui stanno per sparare ad un altro uomo, o quello in cui incontrano la loro stessa morte. I civili invece vengono coinvolti in una serie di equivoci e fraintendimenti senza avere piena coscienza della realtà. In piccoli istanti, fotogrammi, in una singola frase, Bierce riusciva a narrare tutto l’orrore e la piccolezza della vita stessa e della condizione umana.

Nel 1893 pubblicò “Can such things be?” “Possono accadere simili cose?”

In seguito scrisse racconti fantastici indipendenti tra di loro, Tall stories (versi satirici derivati dalle storie che si narravano i Cowboy nei bivacchi, dove realtà, fantasia e grottesco si confondevano in un unico fluire), una raccolta di storielle ironiche ispirate alle Favole classice (Fantastic Fables 1899) ed infine, nel 1906, il famosissimo "Dizionario del Diavolo", una serie infinita di aforismi che Bierce aveva iniziato mentre scriveva nel 1881 sul Wasp.

Nel 1908 si ritirò per stampare l’Opera Omnia dei suoi scritti, una raccolta di 12 volumi, “The collected works of Ambroce Bierce”, un’opera di cui però rimase completamente insoddisfatto perché, a suo dire, "totalmente inutile".

Nel frattempo la sua vita era ormai distrutta: un figlio fu ucciso nel 1889 durante una rissa, l’altro morì nel 1901 alcolizzato, la moglie Molly lo abbandonò nel 1904. Così, probabilmente spinto dalle delusioni della vita e dalla forte insoddisfazione per il suo ultimo sforzo letterario, andò in Messico per allearsi con Pancho Villa. Vi sono diverse ipotesi sulla sua scomparsa. La più fantasiosa viene descritta da Pier Francesco Prosperi in una storia di Martin Mystere (1988) intitolata “La cosa da un altro mondo” in cui si ipotizza che Bierce si sia dissolto nel nulla, probabilmente attaccato da una forza extraterrestre descritta in parte dallo stesso autore in uno dei suo racconti brevi “La cosa maledetta”. Certa comunque è una dichiarazione che fece Bierce in cui affermò che nessuno sarebbe stato in grado di ritrovare le sue ossa nel giorno della sua morte...

 

Scrittore. Fece emergere il lato oscuro del Far West, tanto che i suo scritti spaventavano ed attraevano i pionieri del suo tempo.

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Sotto: una posa rilassata di Bierce

Sotto: un ritratto

Sotto: la riproduzione della firma di Bierce

 

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