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La prima guerra indiana

I

combattimenti di quella che fu chiamata la prima guerra indiana durarono due anni. I primi attacchi iniziarono nell'agosto del 1866 e nel dicembre dello stesso anno i Sioux, guidati da Cavallo Pazzo, sterminarono un drappello di ottanta coraggiosi comandati dal capitano Fetterman (Approfondimento in questa stessa sezione - Clic nel riepilogo a sinistra), che aveva sostenuto di poter sconfiggere tutto il popolo Sioux con un pugno di uomini. La tattica usata da Cavallo Pazzo fu quella di attirare i soldati in una imboscata. Gli indiani attaccarono il gruppo dei boscaioli che dal forte uscivano ogni giorno per fare scorta di legname per le cucine e per scaldare i cameroni. Intervennero subito i soldati, appunto gli "80 cavalleggeri" con i quali Fetterman contava di poter schiacciare la rivolta indiana. Inseguirono gli indiani per un lungo tratto, credendo che fossero rallentati dalla neve e che stessero realmente fuggendo. Si trattava, invece, di uno stratagemma per attirare i soldati in un punto non visibile dal forte e Fetterman ci cascò, disobbedendo al suo superiore che gli aveva vietato di andare dietro agli indiani dopo aver liberato i boscaioli. L'agguato scattò rapidamente e i soldati vennero uccisi in neanche mezz'ora di combattimenti intensissimi. La battaglia fu chiamata dai bianchi il massacro di Fetterman, dagli Indiani fu ricordata invece come il «combattimento dei cento soldati uccisi». Il massacro del drappello di Fetterman provocò molte critiche tra gli Americani che si lamentarono dell'ambiguità della politica intrapresa nei confronti del problema indiano. Questo era trattato in modo contraddittorio: mentre l'Ufficio indiano cercava di ammansire i Nativi con regali e promesse, il dipartimento della Guerra continuava ad attaccarli. L'inverno del 1867 fu molto rigido e gli Indiani, trovando difficoltà a procurarsi il cibo, si divisero, dirigendosi in differenti zone per poter sopravvivere. Il governo decise di trattare nuovamente con Nuvola Rossa: il capo chiese che, prima di iniziare i colloqui, la pista Bozeman fosse abbandonata dai soldati. La richiesta non fu accolta e, ancora una volta, il tentativo di trattare la pace andò in fumo. La guerriglia riprese. Intanto fu allestita una spedizione con l'intenzione di arginare il secondo fronte, quello che  riguardava la parte centrale delle Grandi Pianure (Nebraska, Colorado, Kansas) e coinvolgeva specialmente il clan degli Cheyenne chiamato Soldati del Cane, guidato da Naso Aquilino, alcune tribù di Arapaho, Kiowa e altre di Cheyenne. Alla spedizione, comandata dal generale Hankok, partecipò il settimo Reggimento di cavalleria, comandato dal tenente colonnello George Armstrong Custer. Oltre al settimo Reggimento di cavalleria comandato da Custer, figurava anche, come scout, tale William Butler Hickok, meglio conosciuto come Wild Bill Hickok. La spedizione fu un fallimento, anzi, l'unico risultato che ottenne fu quello di rafforzare gli Indiani nei loro propositi: cacciare l'uomo bianco dai loro territori. Si moltiplicarono così gli atti di guerriglia in quelle zone che il Settimo  Reggimento era rimasto a pattugliare. I danni maggiori furono provocati alla Overland Stage Une, la compagnia di diligenze, e alla Overland Express, la compagnia telegrafica che ebbe chilometri di filo recisi.

Nonostante l'esito della guerra pendesse a favore degli Indiani, il generale Sherman non era pessimista. Egli infatti aveva capito che con il completamento della rete ferroviaria e la conseguente occupazione del territorio da parte dei coloni, la «civiltà» avrebbe annientato la cultura dei Nativi; inoltre i caciatori avrebbero sterminato le mandrie di bisonti, riducendo gli Indiani alla fame.

All'inizio dell'agosto 1867, Nuvola Rossa tentò di sbloccare la situazione che ristagnava in una continua serie di piccole battaglie. Non tutte furono a favore degli Indiani, come era avvenuto a Fort Kearny. I piani di Nuvola Rossa riguardavano in realtà il piccolo avamposto sorto a metà strada tra il forte e il bosco. La pineta, massicciamente sfruttata, era retrocessa pericolosamente per cui si era reso necessario proteggere i boscaioli che si recavano a fare legna. Al capitano Powell fu affidata una piccola guarnigione che si barricò in un recinto costruito con le sponde di alcuni carri; l'ufficiale, in questo modo, voleva evitare lo scontro in campo aperto, certo che non lo avrebbe favorito, confidando, tra l'altro, nelle su molte munizioni, nei nuovi fucili a retrocarica Springfield e nelle pistole Colt. Fu così che una sessantina di soldati americani ebbe la meglio su circa mille guerrieri Sioux. Lo scontro viene ricordato con il nome di “la battaglia delle sponde dei carri”.

Mentre il capo indiano tentava la carta della forza, gli Stati Uniti giocarono quella della diplomazia, firmando il trattato di Medicine Lodge con i Kiowa, i Comanche, gli Arapaho e gli Cheyenne che acconsentirono al passaggio nelle loro terre degli emigranti. In cambio sarebbe stata creata una zona interdetta ai bianchi. Fu l'ennesimo trattato non rispettato da entrambe le parti. Anzi, si dovette porre rimedio ai continui assalti ai danni dei coloni da parte dei Nativi; il generale Sheridan, comandante del distretto militare del Missouri, fornì reparti speciali di volontari. Uno di questi si scontrò con gruppo dei Soldati del Cane degli Cheyenne di Naso Aquilino a Beecher Island e subì la quasi totale distruzione. Nella battaglia perse la vita il capo Cheyenne. Naso Aquilino era protetto da una particolare «medicina» datagli da uno sciamano: non sarebbe mai stato colpito o ucciso in combattimento se prima di affrontare il nemico avesse eseguito tutte le cerimonie di purificazione, se non avesse mai usato oggetti metallici per mangiare e se avesse indossato il suo copricapo di guerra magico. Quel giorno l'attacco era stato deciso all'ultimo momento, e il capo scese in battaglia senza aver compiuto i riti propiziatori. Per giunta, il giorno prima, gli era stato servito del pane con una forchetta. Ormai tutto l'Ovest era infiammato dalla guerriglia indiana e la situazione divenne insostenibile per Sheridan, al comando del distretto militare del Missouri, che si vide costretto a firmare un nuovo trattato con Nuvola Rossa nella primavera del 1868. Il trattato di Fort Laramie prevedeva che la pista Bozeman venisse abbandonata dagli Americani e che il territorio del Sud Dakota a oriente del fiume Missouri e la zona compresa tra le Colline Nere e i Monti del  Bighorn fossero dichiarati territori indiani. La ferrovia doveva cambiare strada e passare a nord di tale zona. Rimasto da affrontare solo il fronte meridionale, i piani dell'esercito furono plasmati sulle intenzioni estremiste del generale Sheridan, che voleva rifarsi dopo la sostanziale sconfitta con Nuvola Rossa. Per capire il generale, basterà citare una frase da lui pronunciata: «L'unico indiano buono è quello morto...».

 

Primi fuochi. I primi attacchi iniziarono nell'agosto del 1866 e nel dicembre dello stesso anno i Sioux, guidati da Cavallo Pazzo, sterminarono un drappello di ottanta coraggiosi comandati dal capitano Fetterman.

 

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