Quelli "cattivi"
assando ora ai
cosiddetti pistoleri “cattivi”, quelli cioè che compirono le loro
azioni al di fuori della legalità, non possiamo esimerci dal mettere
in cima alla lista quello che probabilmente è stato la pistola più
veloce dell’intera storia della frontiera: John Wesley Hardin.
Nessuno poteva stargli alla pari nell’estrarre e centrare il
bersaglio. Si dice che la sua pistola avesse quaranta tacche incise
sul calcio. Probabilmente le tacche sono pura invenzione, ma il
record è presumibilmente vero dato che tra i tanti pessimi individui
che circolavano nell’ovest, John W. Hardin era l’assassino più
feroce.
Ormai non più
giovane, sulla quarantina, era ancora capace di strappare l’applauso
di un esperto come Jeff Milton, sceriffo di El Paso, il quale dopo
averlo visto in azione disse testualmente : “Hardin è l’uomo più
veloce con la pistola che io abbia mai visto”. Le pistole di Hardin
facevano a tal punto parte di se, che egli le estraeva e le usava
con la stessa rapidità di riflessi che un uomo normale impiega a
chiudere gli occhi quando qualcosa li minaccia. Tale rapidità non
gli lasciava il tempo per meditare su ciò che stava facendo. La sua
non era emotività eccessiva, né paura, ma una pura e semplice
reazione al pericolo.
Il bersaglio
poteva essere un serpente, un indiano o un uomo dai riflessi simili
ai suoi, ma regolarmente meno veloci.
Ad Abilene, nel
1871, Hardin incontrò l’unico uomo forse in grado di fronteggiarlo:
Wild Bill Hickok. A tale proposito, nelle sue memorie, Hardin
racconta un fatto che non è chiaro quanto appartenga alla realtà e
quanto alla leggenda. Hickok, deciso ad arrestare il giovane texano,
pare gli chiedesse le pistole. Wes Hardin gliele porse tenendole per
la canna, ma quando il marshal fece per prenderle, il texano le fece
ruotare sul guardiamano: un secondo dopo, Hickok guardava le bocche
delle colt di Hardin che lo tenevano sotto tiro.
Partecipò alla
sanguinosa faida che oppose la famiglia Sutton a quella dei Taylor
schierandosi dalla parte di questi ultimi. Dopo aver accoppato
l’ennesimo sceriffo, Hardin venne finalmente arrestato nel 1877.
Sedici anni di carcere lo cambiarono radicalmente, divenne avvocato
e aprì uno studio legale a El Paso. Venne assassinato alle spalle (
non poteva essere altrimenti ) da John Selman nel 1895 mentre
sorseggiava un wiskey nel saloon “Acme” di El Paso. John Wesley
Hardin è sepolto a El Paso presso il Concordia Cemetery.
Un altro
personaggio veloce come il fulmine e mortale come un cobra era
sicuramente John H. Holliday , “Doc” per quanti lo conobbero sulla
frontiera.
Nato in Georgia
nel 1851, era figlio di un ufficiale confederato. Come la madre si
ammalò presto di tisi, una malattia che nel secolo diciannovesimo
non dava molte speranze. Per tale ragione si spostò nel west, con la
speranza che il clima secco di quei territori desse giovamento alla
sua salute. Calato nella nuova realtà, Doc imparò presto che il buon
uso della colt era un complemento essenziale per la sopravvivenza. I
risultati che ottenne gli diedero ragione. A detta di Wyatt Earp che
lo conobbe meglio di chiunque altro, l’unico uomo che poté in
qualche modo avvicinarsi all’abilità di Holliday nell’uso della
colt, era “Buckskin” Frank Leslie di Tombstone. Ma a Leslie mancava
il coraggio fatalistico di Doc, un coraggio che probabilmente gli
derivava dalla natura della malattia e dalla consapevolezza che non
aveva comunque molto da vivere. Quel fatalismo, assieme all’inaudita
velocità e alla micidiale precisione del suo braccio, concessero a
Holliday un vantaggio mortale su chiunque gli si parasse di fronte.
A Fort Griffin (Texas), nel 1877 avvenne l’incontro con Wyatt Earp, un
incontro che avrebbe condizionato il corso della sua vita.
Il legame,
profondo, tra due uomini così diversi tra loro, resta un enigma
nella storia del vecchio west.
Wyatt Earp, nel
1928, durante la stesura delle sue memorie, confidò allo scrittore
Stuart N. Lake di aver subito dal primo istante che lo conobbe, il
fascino di Holliday, una sensazione che provava ancora a distanza
di moltissimi anni. Earp riferì pure allo scrittore che Holliday, in
un corpo a corpo le avrebbe prese anche da un ragazzino di quindici
anni date le sue condizioni, ma che la sua stretta di mano risultò
forte come l’acciaio. Forse era questo il segreto della sua grande
maestria nei trucchi con le carte e nell’uso della pistola. Doc,
disse Earp, “fu un gentiluomo che la malattia aveva trasformato in
un vagabondo di frontiera, un uomo che la vita aveva reso cinico,
un uomo quasi morto di consunzione e allo stesso tempo il più abile
giocatore di carte e il più temerario, veloce, micidiale pistolero
che io abbia mai conosciuto”.
Il temperamento
incontrollabile e l’amore maniacale per le risse gli procurarono non
pochi problemi nei saloon che frequentava.
Con Holliday a
un tavolo da poker, prima o poi ci scappava sicuramente il morto.
Girovagò per tutto il west e l’amicizia con Wyatt Earp lo portò
infine a Tombstone a partecipare, quel pomeriggio del 26 ottobre
1881, allo scontro all’OK Corral coi fratelli Clanton e i Mc.
Lowery.
Abbandonata
l’Arizona, alcuni anni dopo Doc si trasferì in Colorado nella
speranza che l’aria fine di montagna potesse in qualche modo giovare
alla sua salute. Si spense a soli trentasei anni nel 1887 in un
sanatorio di Glenwood Spring totalmente consumato dalla tisi e
dall’alcool. Doc Holliday è
sepolto nel cimitero locale.
Il nuovo
Mexico, lo stato confinante con l’Arizona, fu invece il teatro delle
gesta di un giovane esile dagli occhi azzurri nato a New York nel
1859 e il cui nome era Henry Mc. Carty.
Il ragazzo
cominciò molto presto a maneggiare la pistola e a quindici anni
Henry era già un ricercato. Nel 1877, capitato dalle parti della
contea di Lincoln, venne assunto come cowboy da John Tunstall, un
inglese amico del grande allevatore John Chisum, al quale si
opponeva per il controllo del territorio il gruppo di Laurence
Murphy.
La mattina del
18 febbraio 1878, John Tunstall venne assassinato e quel omicidio fu
l’inizio di una sanguinosa guerra che si concluse con la morte di
alcune centinaia di persone.
Henry Mc.
Carty, nel frattempo aveva cambiato nome in William Bonney, ma per
tutti era Billy Bonney o più semplicemente “Billy the Kid”.
Il Kid vendicò
la morte di Tunstall uccidendo dapprima gli esecutori materiali
dell’omicidio dell’inglese e poi lo sceriffo Brady e il suo vice
Hindeman.
Ricercato in
tutto il Nuovo Messico e scaricato ormai da Chisum, in quanto
personaggio scomodo, Billy si rese protagonista con la sua banda di
una lunga serie di omicidi, interrotta soltanto dal suo arresto a
Stinking Springs da parte di Pat Garrett.
Tradotto a
Lincoln per l’impiccagione, Billy riuscì ad evadere non prima di
aver freddato J. B. Bell e Bob Olinger, gli agenti che lo avevano in
custodia.
Il Kid trovò la
morte la sera del 13 luglio 1881 in casa di Pete Maxwell, ucciso a
tradimento da Pat Garrett, lo sceriffo che un tempo era stato suo
amico.
Garrett, per
l’omicidio, perché di quello si trattò, divenne famoso in tutto il
west. Fu un assassinio in piena regola perché non dette al Kid la
minima possibilità di difesa e perché realizzato con la complicità
di Pete Maxwell contro il quale Garrett aveva un mandato di cattura
per furto di bestiame.
Patrick Floyd
Garrett sarà assassinato a sua volta dal pluriomicida Jim Miller nel
1908. In quanto al Kid, ancora oggi è oggetto di discussione se egli
sia stato il giovane psicopatico e sanguinario descritto dalla
stampa al soldo dell’associazione dei grandi allevatori, oppure se
più semplicemente egli sia stato vittima di un ingranaggio più
grande di lui.
Billy The Kid è
sepolto a Fort Sumner, accanto ai suoi vecchi compagni Tom O’
Folliard e Charlie Bowdre.
La storia del
vecchio west è piena zeppa di personaggi che in qualche modo hanno
fatto della pistola la ragione della propria vita.
Nomi come Ben
Thompson, Clay Allison, Bill Longley o Johnny Ringo meriterebbero
certamente maggior attenzione, ma per ragioni di spazio e di tempo
non è possibile andare oltre e soprattutto non è possibile elencarli
tutti, “buoni” o “cattivi” che fossero.
Tutti a loro
modo furono dei giganti nel tempo in cui vissero, un’epoca violenta
nella quale si metteva in conto la possibilità di uccidere o di
essere uccisi.
Tutti
sicuramente avranno avuto una giustificazione per le loro azioni,
una motivazione che si può riassumere in quello che disse una volta
Clay Allison a sua difesa: “Non ho mai ucciso un uomo che non
meritasse di essere ucciso”. |