Oklahoma!
on una sei-colpi appesa al fianco e
un Winchester a pompa nelle mani, il giovane mandriano affrontò un
altro pretendente illegale. “Siamo arrivati insieme”, gridava il
secondo uomo. Pretendeva una suddivisione non equa della
lussureggiante distesa verde da 160 acri nella quale si trovavano: a
lui sarebbe andata la porzione più grande e al giovanotto,
naturalmente, la più piccola. Il ragazzo fu irremovibile: “160 acri
o sei piedi, per me è lo stesso…” Alla fine – insieme al suo
Winchester – l’ebbe vinta ed ottenne la sua parte del nuovo Eden
nella più selvaggia, grandiosa corsa per le nuove terre nella storia
degli Stati Uniti.
La corsa ebbe inizio il 22 aprile 1889,
un luminoso giorno di primavera, mite e senza nubi. La prateria
dell’Oklahoma era rinverdita con la nuova stagione, un piccolo
angolo di paradiso per le migliaia di pionieri in cerca di terre.
Lungo i confini del Territorio
Indiano, conosciuto con il nome di Unassigned Lands, fremeva
uno sciame di persone eccitate che attendeva impaziente, pregava,
litigava, si spintonava per meglio posizionarsi. Esse avevano occhi
solo per il grandioso premio davanti a loro: 160 acri di terra del
governo, che sarebbero stati del primo che ne avesse rivendicato la
concessione... e che fosse riuscito a conservarla. Attendevano in
carri e calessi di ogni genere, a cavallo e anche a piedi. Il più
forte era in attesa al pari del cieco, del vecchio e del malato. I
partecipanti alla corsa erano sia bianchi che neri, sia nativi che
emigranti.
Per qualcuno essa fu semplicemente
un’occasione di profitto, una possibilità di impossessarsi di
ottima terra da rivendere in seguito. Per altri, fu l’occasione
della vita, forse l’ultima per trovare una casa. Per molti,
specialmente giovani, fu un’occasione di avventura.
Per più di uno fu un’occasione per
rubare e rapinare, per sopraffare il più debole. Contro questi
avvoltoi i rushers si affidarono soprattutto alle loro Colts
e ai loro Winchesters; c’era poco da aspettarsi dalla legge nelle
Unassigned Lands. Anche le persone oneste e timorate di Dio
oliarono e controllarono le loro armi. I Dieci Comandamenti potevano
ben poco tra i rami nord e sud del fiume Canadian; un proiettile era
ciò che di più sicuro si poteva avere.
L’esplosiva apertura delle
Unassigned Lands era avvenuta dopo un lungo tempo. Questo esteso
e fertile territorio era stato promesso agli indiani per trattato,
"...finché l’erba crescerà e i fiumi scorreranno..." Ma quando
l’America si rivolse ad Ovest dopo la Guerra Civile, i pionieri
bramarono queste stesse terre verdi e libere, e dal 1884 ogni anno
al Congresso veniva presentata una legge, studiata per consentire
l’ingresso dei coloni nel libero e vasto Territorio Indiano.
Per un po’, i Cherokee e altre tribù
respinsero tutti i tentativi di aprire le loro terre, ma alla fine
la pressione fu troppo forte. Ironia della sorte, un legislatore
Cherokee e veterano confederato, il colonnello E.C. Boudinot, fu uno
dei primi a premere per l’apertura dei due milioni di acri di ottima
terra rimasta non assegnata dai trattati del 1866.
L’agitazione crebbe, dentro e fuori
del Congresso. In aggiunta ai continui tentativi di legalizzare la
libera colonizzazione delle Unassigned Lands, in Kansas,
Missouri, Texas and Arkansas sorse un movimento di coloni. I Boomers,
così furono chiamati i membri di questo movimento, tempestarono il
Congresso con ripetuti appelli per aprire il territorio
dell’Oklahoma, specialmente dopo che la compagnia Santa Fe ebbe
costruito la sua linea ferroviaria proprio attraverso la terra
contesa, da Arkansas City nel Kansas a Gainsville in Texas.
Quando il Congresso respinse la
richiesta, gruppi di Boomers tentarono più volte di entrare nelle
Unassigned Lands. Baracche e ripari di fortuna iniziarono ad
apparire attraverso la lussureggiante prateria, ma non vi restarono.
Pazientemente la cavalleria li sfrattava ogni volta che essi si
stabilivano, incendiando le loro fragili costruzioni, e
occasionalmente questi episodi si conclusero con pericolosi scontri
a fuoco.
I Boomers furono tenaci, ritornando
ogni volta che le esigue unità di soldati in sgargianti giacche blu
li scacciavano via. Nel Marzo del 1889 un sostanzioso gruppo si
stabilì sui binari nei pressi di Oklahoma Station, l’attuale
Oklahoma City. I ripetuti sfratti sfociarono in violente risse,
sedate dai soldati con il calcio delle carabine e delle pistole.
Nonostante l’intervento dei militari, molti Boomers semplicemente si
dispersero e restarono nascosti fino alla partenza dell’Esercito.
Oklahoma station, e una dozzina di altri piccoli scalcagnati
insediamenti, divennero permanenti.
E ormai la marea di migrazioni e
colonizzazioni verso ovest era troppo forte perché qualcuno vi si
potesse opporre; alla fine anche il Congresso dovette riconoscerlo,
e il 2 Marzo 1889, approvò l’annuale stanziamento di fondi destinati
ai Territori Indiani. Esso conteneva riferimenti in merito al
collocamento delle Unassigned Lands nel demanio pubblico: il
primo passo verso la loro apertura alla colonizzazione pubblica.
Quell'apertura sarebbe stata proclamata dal neo-eletto presidente
Benjamin Harrison, che si sarebbe insediato due giorni dopo.
La notizia raggiunse i campi dei
Boomers lungo il confine del Kansas, dove fu accolta con falò e
festose sparatorie. Restava solo la proclamazione da parte del
presidente ed essa avvenne il 23 di Marzo: circa 10.000 lotti da
mezzo miglio quadrato delle terra promessa sarebbero stati aperti ai
coloni a mezzogiorno del 22 Aprile. Insieme alla grande novità fu
dato un fermo avvertimento: nessuno avrebbe affrettato i tempi
“prima dell’ora qui precedentemente fissata, non sarà permesso di
entrare nelle suddette terre, o di acquisire alcun diritto..."
Il governo riservò due lotti da un
acro per sé. Il primo era sulla pista Chisholm, nei pressi di una
vecchia stazione di posta chiamata Kingfisher. L’altro era vicino la
stazione di Guthrie sulla ferrovia. Qui vi sarebbero stati gli
uffici per la registrazione delle concessioni. Ci furono anche due
settori per ogni area cittadina riservati alle scuole pubbliche. E
subito gli speranzosi vennero da ogni angolo d’America, richiamati
dalle storie che comparivano sui giornali di tutto il paese. Ci
furono i Mormoni dallo Utah, minatori dalla Pennsylvania, neri
dall’Arkansas e Nord Carolina, tre distinti gruppi da Chicago. Tutti
a stretto contatto con uomini e donne dal Tennessee, Alabama,
Georgia e Mississippi, un contingente di immigrati Italiani da New
York, e un gruppo di 30 uomini da Terre Haute, tutti abbigliati con
impermeabili gialli e trascinando valigie bianche.
E ancora vennero gruppi organizzati
di vecchi soldati, immigrati dalla Scozia e dalla Svezia e altri
paesi, interi gruppi organizzati per fondare città e accaparrarsi i
mercati nei lotti cittadini. Ci furono novellini in abiti cittadini,
mogli in cotonina e cappellino, e uno smilzo dal Missouri in
completo stampato con piccole bandiere americane e pantaloni rossi,
bianchi e blu. Non si ricorda nessuno che abbia riso di questo
originale abbigliamento, forse anche perché portava due mostruose
Colt Navy, e un pugnale nello stivale.
Molte di queste persone erano ben
equipaggiate. Altre, in bassa fortuna, portavano con loro
nient’altro che la speranza. Quasi tutti, comunque, erano armati; la
calca in attesa pullulava di sei-colpi, fucili, schioppi e una
varietà di coltelli. Quelle persone decise al punto da giocarsi
tutto il loro futuro in una terra sconosciuta e non ancora
colonizzata, non erano certo delle mammolette; quello che
prendevano, intendevano tenerselo, legge o non legge.
E i giornali amavano ciò. I
corrispondenti vennero alle Unassigned Lands da tutte le
direzioni, dai giornali di San Francisco, New York, Chicago e di
dozzine di altre città. Scrissero centinaia di migliaia di parole,
riempiendo i loro articoli con storie sulla corsa che ci sarebbe
stata, di tutte le cose che accaddero e anche di quelle che non
avvennero.
Essi scrissero risme di fogli su
quel meraviglioso paese che sarebbe stato aperto e sulle persone che
aspettavano di prenderlo. Ci furono storie serie e altre divertenti.
Ci fu anche una storia, probabilmente composta da un corrispondente
di giornale, di quattro uomini dell’Indiana che attesero, accampati
sulle Antelope Hills, pronti a discenderne per scegliere la
concessione al via della competizione con un pallone aerostatico. Le
nuove storie in seguito alimentarono i fuochi dell’eccitazione per
l’apertura. Sempre più persone lasciavano le loro vecchie esistenze
e si dirigevano verso lo stato dell’Oklahoma.
I rushers aspettarono
impazienti i tutte le piccole città appena fuori dalle nuove terre:
Darlington, Buffalo Springs, Silver City e Purcell. Purcell fu
invasa da 2.000 a 10.000 speranzose persone venute da ogni dove.
Armati fino ai denti, esse si
affollarono nella piccola rozza città, senza marciapiedi o luci o
ogni altra comodità, dove le case da gioco restavano aperte tutta la
notte, i liquori scorrevano liberamente, nonostante la legge
federale che bandiva l’alcol dalle terre dei Chickasaw. E ancora
vennero, sui carri e sui treni, a cavallo e a piedi, desiderosi e
speranzosi, pronti a gareggiare per quella terra che ormai
chiamavano casa.
Nel frattempo essi venivano derubati
da legioni di truffatori e criminali. Un detective delle ferrovie
disse di aver conosciuto 42 ladri ad Arkansas City, e pensava che in
città ce ne fosse almeno il doppio. Una più sofisticata categoria di
criminali furono le "town companies" il cui intento era di
picchettare completamente i siti destinati alle città prima della
partenza ufficiale della corsa e di rivenderli in seguito con un
ampio margine di guadagno.
Per quelli che non avevano mezzi di
trasporto propri, c’era la strada ferrata, alcune compagnie
ferroviarie formatesi sul posto, e un’intera flotta di vecchie
diligenze, eccezionalmente riportate in servizio e dipinte in vivi
colori per l’evento. Presso i "land office" fiorirono attività
commerciali che fornivano coloniali e vettovaglie, e ogni tipo di
trasporto, inclusi alcuni carri così malandati che i “cavalli vi si
aggiogavano con vergogna”.
Per quelli che avrebbero usato i
loro mezzi di trasporto, c’era ogni mezzo eccetto i palloni. A
Caldwell, verso nord, ci fu anche un carro che trasportava una casa
già pronta fatta in lamiere di ferro, completamente equipaggiata con
polli, bestiame e altri animali domestici.
Già il nuovo territorio brulicava di
persone che avevano tentato di barare sul percorso. Questi furono i
"Sooners" che speravano di rivendicare le terre migliori e
pretendevano di recintarle legalmente. La cavalleria e i poliziotti
federali diedero loro la caccia, ricacciando sulla linea di partenza
chiunque trovassero. Non fu sempre un lavoro semplice.
A Purcell, il 13 Aprile, quando una
posse organizzata dai federali circondò un gruppo di Sooners,
gli uomini della legge furono colpiti da una raffica di proiettili
che ferì lievemente un vicesceriffo. Nello scontro a fuoco che ne
seguì, i componenti della posse presero gli attaccanti sul
fianco, ponendo fine al combattimento inondandoli di piombo dalle
loro spalle. I poliziotti fecero circa 25 prigionieri, per lo più
Texani, alcuni feriti, e riportarono l’intero gruppo in un
improvvisato recinto vicino Purcell.
Ma non c’erano mai abbastanza
soldati o federali, e non c’era fine al popolo dei disperati per la
terra che avrebbero pagato qualunque prezzo per quei 160 acri. E non
c’era abbastanza terra per soddisfare tutti. Il nuovo paese
conteneva circa 12.000 lotti da mezzo miglio quadrato, ma comunque
da 50.000 a 100.000 persone erano in lizza per la corsa. Essi
attesero tutti intorno al perimetro di 300 miglia della Terra
Promessa, sebbene la maggior parte di loro era ammassata lungo il
confine settentrionale del territorio.
Essi aspettavano con in mano le
briglie dei purosangue, nei calessini con i bordi ornati, nella
prateria carri coperti pavesati con ceste di polli e mucchi di
attrezzi agricoli, accanto a testardi, resistenti muli del Missouri,
insieme a cigolanti carri trainati da squadre di buoi. Alcuni,
decisi e determinati, sarebbero andati a piedi, sperando che
qualcosa sarebbe rimasto per loro. Incredibilmente, un pugno di
anime ardite mostrò grande fede nel loro senso di equilibrio
arrischiandosi nella prateria inforcando delle alte, malferme
biciclette a ruote alte.
Per molti fu l’ultima opportunità
dopo ripetuti fallimenti nel cercare una casa. Una dicitura su di un
carro recitava chiaramente: "Vestito di cotonina in Illinois,
vittima del tornado in Nebraska, coi capelli bianchi nell’Indiana,
scalpato in Missouri, interdetto in Kansas, Oklahoma o la fine."
E così trascorsero l’ultimo giorno,
la domenica di Pasqua, alcuni in preghiera, molti in angoscia, e
tutti in preparativi dell’ultimo minuto. L’indomani avrebbe mutato i
sogni in realtà, o li avrebbe infranti, forse per sempre.
[Continua]
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