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A cura di Gaetano Della Pepa

Lo scalpo

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o scalpo è stato a lungo l’espressione del valore del guerriero, la prova del coraggio in battaglia, il segno tangibile di una vendetta ottenuta. Lo scalpo dei nemici uccisi era quindi un ambito trofeo nella tradizione bellica degli Sciti come ci dice Erodoto. Lo scotennamento sembra essere praticato anche dai  Giudei di Maccabeo . Pertanto gli indiani d’America non furono né i primi e né, tantomeno, i soli a scotennare i nemici.

Loro però ne aggiunsero anche una valenza religiosa. Poiché credevano che il Grande Spirito afferrasse per i capelli i guerrieri uccisi in battaglia per portarli nelle praterie celesti , toglievano ai nemici questa possibilità eliminando praticamente i capelli e la presa che essi offrivano.

Inoltre prendere lo scalpo del nemico significava impossessarsi della sua forza (una credenza questa che sta alla base di certe pratiche di cannibalismo). Alcuni studiosi degli indiani ritengono che l’usanza dello scalpo ebbe inizio lungo la costa atlantica, per altri invece si sviluppò indipendentemente fra gli indiani della prateria. Apparentemente si praticò in aree ristrette fino all’arrivo dei bianchi. Quando i Francesi furono in guerra contro gli Inglesi pagarono ai loro indiani un premio per ogni scalpo inglese. Gli Inglesi, a loro volta, offrirono ai loro amici Irochesi un compenso per ogni scalpo degli indiani al servizio dei Francesi. Durante la guerra d’indipendenza, quella di secessione, quella contro il Messico e delle guerre indiane anche gli americani entrarono in questo commercio.

In un proclama della Camera del Consiglio di Boston, datato 3 novembre 1775, si stabilisce di pagare 40 sterline per ogni scalpo di indiano adulto della regione. Per gli scalpi delle femmine o dei maschi al di sotto i 12 anni il compenso era dimezzato.

Nel 1835 nel Nuovo Messico il governatore di Sonora fissa una tabella ufficiale per la remunerazione di ogni scalpo di Apache o Navajo: 100 pesos per uno scalpo maschile; 50 pesos per uno scalpo femminile; 25 pesos per uno scalpo di fanciullo.

Nel 1837 un cacciatore americano, un certo James Kirker costituisce un corpo di volontari per la caccia agli scalpi presentando in brevissimo tempo un credito di oltre 100.000 pesos. Le autorità pagarono , però chiesero per il futuro, non solo lo scalpo ma anche la testa delle vittime. Si ebbe subito un calo della quantità degli scalpi e si accorsero così che Kirker e la sua banda prendevano qualche volta lo scalpo anche ai messicani.

Ciascuna parte, ovviamente manifestò orrore per questa barbara usanza, soltanto però quando essa era praticata dagli avversari. Con l’aiuto dell’uomo bianco l’usanza di togliere lo scalpo si diffuse in tutto il continente senza peraltro trasformarsi in una consuetudine universalmente seguita da tutti gli indiani contrariamente a quanto si è soliti pensare.

Gli indiani si procuravano lo scalpo togliendo via dal cranio un pezzo di pelle dalle dimensioni di circa il palmo di una mano e di cui doveva far parte la zona centrale o corona là dove i capelli sembrano irradiarsi da un unico punto. Questo lembo di pelle viene poi fatto asciugare con cura e sarà la prova concreta della morte del nemico e delle doti guerresche di chi ora lo possiede. Togliere lo scalpo è un atto che si compie quando si uccide un nemico in battaglia.

Dice George Catlin in una sua lettera: "Gli si afferra con la mano sinistra un ciuffo di capelli sulla sommità del cranio e passando la lama del coltello tutt’intorno si strappa poi il pezzo di pelle [con un gesto brusco al quale si unisce un tipico rumore legato al distacco della pelle stessa - ndr]. Se il nemico è ancora vivo l’essere scalpato non implica la morte dal momento che neppure si intacca l’osso del cranio", anche se l'operazione è dolorosissima. Gli indiani, infatti, sono in grado di dire se un cranio è stato sottoposto ad uno o più tentativi per togliere lo scalpo. Oltre allo scalpo, se c’è tempo e non ne va della propria incolumità, il vincitore taglia e porta via anche il resto dei capelli del vinto, capelli che la moglie utilizza per fare le frange ai vestiti portati come trofei.

Dopo il contatto con i bianchi, gli indiani si rifornivano costantemente di specifici "coltelli a scalpo" venduti loro dai mercanti in cambio di cavalli o altro. Erano lame prodotte soprattutto in Inghilterra e venivano vendute a migliaia e si diffusero in tutta la frontiera con una velocità impressionante, riscuotendo il consenso dei guerrieri. Generalmente questi ultimi si occupavano di impreziosire il proprio coltellaccio con i classici decori della tribù di appartenenza.

Lo scalpo serviva da prova concreta dell’uccisione di un nemico. Infatti, nessuno lo toglie ad un avversario ancora in vita a meno che, come a volte è successo, un uomo nel pieno della battaglia non cada a terra privo di sensi ed il suo avversario credendolo morto, non gli tolga lo scalpo. La vittima dell’errore, in via di massima si riprende bene e porta per il resto della sua vita una zona calva sulla sommità del cranio. Lo scalpo comunque deve essere tolto ad un nemico altrimenti il suo possessore ne riceverà solo disgrazie ed infamia. Vi sono molti casi in cui un indiano è giustificato di fronte alla tribù se toglie la vita ad uno del suo popolo, anzi le loro leggi sono tali che a volte lo esigono, ma non esistono circostanze aggravanti che gli permettano di togliergli anche lo scalpo. Se lo fa è disonorato di fronte a tutti:

L’usanza dello scalpo per i civili può sembrare crudele, però consideriamo che gli indiani quando andavano in guerra avevano  gli occhi di tutta la tribù puntati su di loro e quella consuetudine diventava una regola ed un diritto-dovere a cui l’individuo non poteva sottrarsi.

Il prestigio del guerriero è direttamente proporzionale al numero dei nemici uccisi in battaglia e gli scalpi esibiti ne sono la prova come le tacche che i pistoleri facevano sul calcio delle loro pistole. Nonostante questo, però, erano molti i guerrieri, anche importanti, che non mostravano di dare peso agli scalpi; è nota l'indifferenza mostrata in ogni occasione da Cavallo Pazzo (Lakota Sioux). Vi erano pure alcune tribù che si astenevano dalla sottrazione degli scalpi (Apache Mescalero, ad esempio) per via di una particolare forma di timore nei confronti dei defunti.

Durante le parate tutti gli scalpi vengono esposti fuori della tenda attaccati ad un apposito palo detto appunto palo dello scalpo. Il capo del villaggio per primo alza il palo al di sopra della tenda, a ricordare il proprio valore, subito imitato dagli altri guerrieri. Così chiunque quel giorno può andare in giro per il villaggio a contare gli scalpi e farsi un’idea del rango di ogni guerriero.

Presso molte tribù i capelli venivano tagliati il più possibile radenti al cranio, tranne per un ciuffo sulla sommità del capo dove i capelli erano lasciati crescere tanto da poterne fare una lunga treccia. Questa è chiamata il ricciolo dello scalpo e sembra essere offerto al nemico quale trofeo, a patto però che sappia conquistarselo.

Togliersi la treccia oppure non lasciarla crescere in modo che potesse essere afferrata dal  nemico era considerato segno di codardia.

Sull’argomento ci sarebbe ancora tanto da dire, in particolare sulla  danza dello scalpo (come quella, conosciutissima, degli indiani Winnebago) con tutte le valenze religiose. Nello specifico ci dovremmo incamminare su un sentiero non facile da seguire  per la confusione venutasi a creare  tra folclore  e vera spiritualità dei nativi.

Per questo ci fermiamo qui lasciando agli appassionati  la facoltà di immergessi o meno  nel ricco e variegato mondo spirituale degli Indiani.

 

Usanza. Alcuni studiosi degli indiani ritengono che l’usanza dello scalpo ebbe inizio lungo la costa atlantica, per altri invece si sviluppò indipendentemente fra gli indiani della prateria. Apparentemente si praticò in aree ristrette fino all’arrivo dei bianchi.

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Sotto: Scambio di merci tra indiani e bianchi

 

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