La cavalcata
episodio più tragico della breve esistenza di Fort Kearny accadde il
21 dicembre 1866, nello scenario polare creato dal rigido inverno
del Wyoming. Un
gruppo di 14 taglialegna venne sorpreso dai Sioux al di fuori
dall’avamposto e fu quasi annientato, tant’è che soltanto un uomo
riuscì a mettersi in salvo, Carrington decise di inviare un reparto,
il cui comando venne perentoriamente reclamato dall’ardito capitano
William J. Fetterman, un impulsivo ufficiale che si fregiava del
grado onorario di tenente colonnello. Invano il comandante di Fort
Kearny gli raccomandò di limitarsi a respingere gli Indiani, senza
inseguirli.
Fetterman uscì dal
forte con 76 soldati e 2 ufficiali il capitano Frederick Brown e il
tenente George Drummond, marito di Frances Courtney. Al gruppo si
unirono i civili Isaac Fisher e James Weathley, portando così ad 81
i componenti della squadra di soccorso.
Avvezzi da sempre
a questo tipo di tattica, più volte messa in pratica con successo
contro tribù indiane avversarie e uomini bianchi, i Sioux di Nuvola
Rossa e i loro alleati Cheyenne avevano predisposto con cura la più
classica delle trappole indiane. Di fronte all’avanzata dei soldati,
si ritirarono precipitosamente, attirando Fetterman e i suoi uomini
in un luogo distante poche miglia da Fort Kearny, dove centinaia di
guerrieri aspettavano nascosti.. Ad un segnale convenuto, gli
Indiani piombarono addosso all’ignaro reparto, circondandolo da ogni
lato senza alcuna possibilità di scampo. Benchè i 27 uomini del
Secondo Cavalleria di Grummond fossero armati con fucili Spencer a
ripetizione e i due scout disponessero di carabine Henry, il
drappello fu quasi subito sopraffatto e distrutto completamente.
Quando Carrington
comprese ciò che stava accadendo, mandò fuori il capitano Ten Eyck
con 54 soldati per soccorrere i malcapitati, ma gli uomini di
rinforzo non trovarono alcun superstite. Ai 13 taglialegna uccisi,
si erano aggiunti gli 81 uomini periti nell’imboscata, per cui il
comandante della guarnigione stilò un allarmato messaggio per il
generale Philip Saint George Cook, di stanza a Fort Laramie:
“Rischio di perdere il forte e i suoi approvvigionamenti. Oggi
stesso ho avuto uno scontro senza precedenti nella guerriglia
indiana: novantaquattro uccisi. Ho bisogno di immediati rinforzi e
armi a ripetizione.”
Ma per trasmettere
il dispaccio era necessario raggiungere almeno la stazione di
Horseshoe, nella vallata del fiume North Platte, che distava 190
miglia – più di 300 chilometri – dal presidio.
La temperatura, di
30 gradi sottozero, aveva congelato l’abbondante nevicata dei giorni
precedenti e gli Indiani ostili aspettavano soltanto che qualcuno
mettesse fuori il naso dal forte per prendersi il suo scalpo. Per
compiere un’impresa del genere occorrevano persone eccezionali,
pratici della zona e dotati di una capacità di resistenza sovrumana.
Carrington non impiegò molto ad orientare la sua scelta su John
“Portugee” Phillips.
L’allarmismo del comandante era senz’altro eccessivo, perché anche
dopo la grave perdita del reparto Fetterman, Fort Kearny sarebbe
stato comunque in grado di sostenere e respingere un attacco in
massa dei Sioux, disponendo di 4 cannoni Howitzer, qualche centinaio
di uomini e di una scorta di munizioni molto ingente: da 250 a 300
colpi per ciascun soldato. Inoltre le condizioni atmosferiche e
soprattutto la valutazione delle enormi perdite a cui sarebbero
andati incontro nel caso di assalto frontale, sconsigliavano
decisamente a Nuvola Rossa e agli altri capi di tentare quella
sortita. Tuttavia, il panico si era diffuso a tal punto fra la
guarnigione che Carrington aveva addirittura ordinato ai suoi
ufficiali di sopprimere tutte le donne se il nemico si fosse
impossessato del presidio. Inoltre, forse dai tempi della guerra
contro i Seminole della Florida, nel 1835, l’esercito americano non
aveva mai più subito una dèbacle di tale portata in uno scontro con
i Pellirosse.
Dopo avere esposto
la tragica situazione, Carrington mandò a chiamare John Phillips,
Daniel Dixon e Robert Bailey, offrì loro 300 dollari a testa e mise
il proprio destriero – uno splendido sauro di nome “Dandy” – a
disposizione del portoghese. John prese con sé il suo fucile Spencer
con 100 colpi di scorta, infilò due pistole Colt e un coltello
“bowie” nella cintura e si fece assegnare un’abbondante razione di
gallette, oltre ad un sacco di avena per il cavallo.
Si era accollato
l’ingrato compito per la salvezza di tutti, ma dalle memorie di
Frances Courtney, si comprende quanto avesse a cuore la salvezza
della ragazza. Infatti, si recò a salutarla con le lacrime agli
occhi, dicendole: “Sto andando a
Fort Laramie per chiedere aiuto…anche se mi costerà la vita. Vado
per amor vostro. “ Quindi, porgendole un abito di pelle di
lupo, aggiunse: “Ve l’ho portato
perché lo accettiate, come un ricordo di me, se non doveste più
rivedermi.” (Frances C. Carrington, “My Army Life and the Fort Phil
Kearny Massacre”).
Il viaggio del
corriere iniziò all’alba del 23 dicembre e durò tre giorni e due
notti.
La prima tappa fu
quella di Fort Reno, un avamposto abbandonato nel 1865 e
ripristinato da Carrington pochi mesi dopo. Qui il tenente
colonnello Henry W. Wessels incaricò Phillips di recare un ulteriore
messaggio al colonnello Innis N. Palmer di Fort Laramie.
Sebbene la
delicata missione sia passata alla storia come una solitaria
prodezza di Phillips, alcune fonti sostengono che i suoi due
compagni lo avessero accompagnato da Fort Kearny ad Horseshoe, come
confermò il telegrafista della stazione, che li vide sopraggiungere
alle 10 del mattino del giorno di Natale. Dopo che l’operatore della
stazione telegrafica ebbe trasmesso il dispaccio di Carrington a
Omaha, quartier generale del Dipartimento Militare del Platte e a
Washington, Portugee ripartì in direzione sud.
Non è
sufficientemente dimostrato che Bailey e Dixon fossero rimasti con
lui anche in questa seconda parte del viaggio.
John Johnson, un
eccentrico cacciatore conosciuto come “Mangiafegato” per l’abitudine
di cibarsi il fegato degli Indiani Crow da lui uccisi, raccontò di
avere incontrato il portoghese da solo, stremato dalla fame e dal
freddo. In quell’occasione, Phillips accettò di mangiare una
bistecca di antilope insieme all’ospite e ad un certo Beider di
Virginia City, concedendosi qualche ora di sonno prima di
riprendere il cammino. Destatosi prima dell’alba, mentre un forte
vento spazzava le praterie gelate, si rimise in sella e raggiunse,
dopo alcune ore, il fiume Platte ricoperto di ghiaccio..
La giornata di
Natale del 1866 registrò una temperatura di quasi 40 gradi
sottozero.
Intorno a Fort
Laramie, una delle più vecchie postazioni del West, l’immenso
altopiano era ricoperto da una compatta coltre di neve che gli
zoccoli del cavallo non riuscivano neppure a scalfire. La bufera
soffiava incessantemente giorno e notte e neanche il cacciatore più
esperto si sarebbe aggirato per le praterie in quelle condizioni.
Come sostenne in proposito un “mountain man” della zona,
“soltanto un pazzo o un Indiano si sarebbe aggirato per il Wyoming
con un simile clima.” Ma forse Phillips possedeva entrambe le
caratteristiche.
Aveva marciato per 235 miglia, scegliendo percorsi tortuosi e
sentieri a volte impervi per evitare di incappare nei Sioux, nei
Cheyenne o nei Piedi Neri. Quando giunse in vista di Fort Laramie,
alle 11 di sera del 25 dicembre, era allo stremo delle forze.
Infatti il suo cavallo stramazzò al suolo appena varcato il portone
e la sentinella dovette accompagnare e sorreggere il messaggero, che
era sul punto di svenire, fino alla palazzina dove gli uomini della
guarnigione e le loro famiglie stavano festeggiando il Natale. Fatto
il suo ingresso nella sala, dove la gente stava danzando festosa,
Portugee riuscì soltanto a porgere ad un ufficiale la borsa che
conteneva i messaggi di Carrington e Wessels, poi crollò di schianto
e rimase privo di sensi.
Fort Philip Kearny ricevette 200 uomini di rinforzo ed una partita
di fucili “Springfield-Allin”, ricaricabili in pochi secondi, con i
quali il maggiore James W. Powell avrebbe inflitto una dura lezione
ai Sioux nell’agosto del 1867, costringendoli a ripiegare con almeno
60 morti.
Nonostante ciò,
nell’aprile 1868 il governo americano firmò un trattato con Nuvola
Rossa, restituendo il territorio conteso alla sua gente e ordinando
l’evacuazione dei due avamposti. Alla fine di luglio, Fort Kearny e
Fort Smith vennero abbandonati nelle mani degli Indiani, che
sfogarono il loro rancore appiccando il fuoco a palizzate e caserme.
Carrington,
ritenuto responsabile della perdita di Fetterman e del suo reparto,
fu sostituito dal tenente colonnello Henry W. Wessels e trasferito
altrove.
Frances Courtney,
che era incinta di pochi mesi, se ne tornò all’Est portandosi dietro
le spoglie del marito, il tenente Grummond. Quando Carrington,
rimasto a sua volta vedovo nel 1870, ricevette le sue condoglianze,
iniziò con la donna una fitta corrispondenza, che si concluse con il
matrimonio undici mesi più tardi.
John Phillips,
rimasto a Fort Kearny fino alla definitiva evacuazione, se ne andò
ad Elk Mountain, ad ovest della odierna città di Laramie, dove
lavorò per un certo periodo al servizio della ferrovia Union Pacific.
Più tardi mise su un ranch vicino al torrente Chugwater, nel Wyoming
e si fidanzò con Hattie Buck, una graziosa ragazza dell’Indiana, che
accettò di sposarlo nel 1870. Dall’unione nacque un figlio,
chiamato Paul Revere, in onore dell’eroe della guerra d’indipendenza
che nel 1775 aveva compiuto una cavalcata notturna non meno gloriosa
di quella di Phillips. Due anni dopo, una banda di Sioux portò via a
Portugee molti capi di bestiame, ma soltanto nel 1878 l’avventuroso
“frontiersman” decise di trasferirsi nella città di Cheyenne, per
condurre, dopo tante vicissitudini, un’esistenza più tranquilla.
Da quella data,
John Portugee Phillips visse ancora cinque anni, ripensando spesso
all’avventurosa cavalcata di cui si era già impossessata la
leggenda.
La donna per cui
aveva messo a repentaglio la sua vita, Frances Courtney, morì di una
lenta malattia nell’ottobre del 1911. Il suo secondo marito, Henry
B. Carrington, più anziano di lei di 21 anni, si spense esattamente
un anno dopo.
Hattie Buck Phillips, la moglie di Portugee, ebbe una vita
lunghissima, lasciando questo mondo nel 1936, all’età di 94 anni.
Per oltre mezzo secolo aveva vissuto come la vedova di un mito. |