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A cura di Omar Vicari

Washita River

I

l governo degli Stati Uniti, compresa la gravità della situazione, cercò di arrivare ad una soluzione e a tale scopo si arrivò al trattato di Medicine Lodge col quale in pratica si creava il Territorio Indiano entro il quale nessun bianco avrebbe potuto mettere piede. E’ però vero che il trattato presentava dei grossi limiti per gli indiani in quanto riduceva il loro raggio d’azione per ciò che riguardava la caccia, ma anche per i continui raid che le varie tribù da sempre conducevano ai danni di altre. Il generale Sheridan, nuovo comandante del distretto militare del Missouri, nel tardo autunno del 1867 non era ancora riuscito ad attuare il trattato e sentiva la situazione sfuggirgli dalle mani. Le bande dei Cheyenne più recalcitranti rifiutavano l’ingresso nel territorio appena costituito e continuarono per tutto il 1868 a scontrarsi con l’esercito. Vale la pena ricordare uno di quegli incontri ravvicinati rimasto famoso nella storia degli Stati Uniti.

Il 16 settembre 1868 il maggiore George A. Forsyth, assieme a una cinquantina di uomini, venne attaccato su una piccola isola del fiume Arikara da una banda di Cheyenne guidata da Naso Aquilino. Forsyth venne salvato dopo nove giorni di assedio dall’arrivo del 10° reggimento di cavalleria. I Cheyenne, quel giorno, videro morire il loro capo Naso Aquilino, mentre i bianchi persero una ventina di uomini tra i quali il tenente Frederick Beecher il cui nome è rimasto legato al luogo della battaglia.

La battaglia della Beecher Island era comunque solo un episodio perché tutto l’ovest era in fiamme a iniziare dal Wyoming sino al Territorio Indiano. Un territorio effettivamente troppo vasto che i soldati non riuscivano a controllare contemporaneamente. A malincuore il governo degli Stati Uniti decise il momentaneo ritiro delle truppe dalla zona delle Black Hill e concentrare le forze disponibili contro le cinque tribù meridionali. A nord venne abbandonato Fort Phil Kearney, ma quella che poteva sembrare una sconfitta per l’esercito, altro non era che l’inizio della fine della nazione Sioux. Questo perché, una volta risolto a sud il problema coi Cheyenne, i Kiowa e i Comanche, sarebbe stato possibile risolvere il problema dei Sioux in un altro momento e soprattutto in condizioni diverse. Sheridan quindi concentrò tutte le sue energie a sud in una grossa azione che prevedeva il movimento di due spedizioni, una in direzione ovest da Camp Supply al comando del maggiore Eugen A. Carr e l’altra, verso sud, al comando del generale Alfred Sully.

L’operazione a sud verso la zona del Washita prevedeva l’impiego del 7° cavalleggeri e per questo Custer, il 24 settembre 1868, ricevette a Monroe un telegramma a firma di Sheridan che lo richiamava in servizio. Custer non se lo fece ripetere due volte e il 30 settembre era già a Fort Hays a colloquio con Sheridan. Riunitosi al 7° cavalleggeri, il 12 novembre Custer partiva verso il sud con l’intenzione di iniziare la campagna invernale. Una settimana dopo raggiunse in Territorio Indiano Camp Supply, una località logistica che doveva servire da base per la sua spedizione e per quella del maggiore Carr. Quindi il 22 novembre, sotto una tormenta di neve, venne dato ai soldati l’ordine di muoversi. Custer disponeva di guide Osage che trovarono presto tracce di indiani.

Le guide al comando del maggiore Joel H. Elliot riferirono a Custer che le tracce portavano in direzione del fiume Canadian e poi si dirigevano in direzione sud-est verso il fiume Washita.

Un villaggio indiano venne effettivamente trovato la notte del 27 novembre ed era quello cheyenne di Pentola Nera. Alle prime luci dell’alba, il villaggio ancora immerso nel sonno, venne attaccato dagli squadroni del 7° cavalleggeri al suono del “Garry Owen”, l’antica marcia irlandese preferita da Custer. Pentola nera, il capo cheyenne, tentò di fermare il massacro imminente sbandierando lo stendardo donatogli dal governo degli Stati Uniti. Lui si considerava un amico degli americani, ma Custer neanche lo sapeva di trovarsi di fronte il capo cheyenne amico dei bianchi. Per Custer quel campo era solo un’accozzaglia di indiani da servire su un piatto d’argento al generale Sheridan.

Fu un vero massacro. Il capo Pentola Nera e sua moglie morirono assieme a un centinaio di altri cheyenne compresi donne e bambini. Nel campo fu praticamente bruciato tutto e la quasi totalità dei cavalli fu abbattuta per impedire che altri indiani se ne servissero. Tra i cavalleggeri si contarono una ventina di morti tra i quali il maggiore Elliot. Con la strage del Washita, Custer portò un contributo notevole alla campagna invernale di Sheridan. Infatti entro la primavera del 1869 le cinque tribù meridionali avevano fatto rientro nella riserva. L’operato di Custer venne comunque criticato, ma Sheridan si guardò bene dallo sconfessare l’operato del suo collega visto che per lui “il solo indiano buono era un indiano morto.”

 

Le tracce. Le guide al comando del maggiore Joel H. Elliot riferirono a Custer che le tracce portavano in direzione del fiume Canadian e poi si dirigevano in direzione sud-est verso il fiume Washita.

 

Sotto: Custer ai tempi del Washita

Il capo Cheyenne, Pentola Nera

 

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