Massacro a Mountain Meadows
l primo maggio
del 1857 una carovana composta di oltre quaranta carri - con mille capi di bestiame e
diverse centinaia di cavalli e in cui viaggiavano 142 pionieri con
le loro famiglie - lasciò l’Arkansas, per dirigersi in California.
Era un periodo
difficile quello, visto il progressivo aumentare della tensione tra
le varie famiglie di Mormoni, dovuto alla crescente paura nei
confronti del Governo Federale. Il Presidente James Buchanan, avendo
ricevuto rapporti di attività sospette nel territorio dello Utah,
decise di inviare in loco un nuovo governatore, Brigham Young,
affinché prendesse il posto dell’attuale governatore Mormone.
I Mormoni,
però, temevano che l’instaurazione di un più forte Governo Federale
in Utah avrebbe portato alla distruzione delle loro tradizioni. Fu
così che un piccolo esercito di coloni venne costituito in breve
tempo, pronto a marciare immediatamente in caso di necessità.
I pionieri
provenienti dall’Arkansas, temendo l’adozione di simili misure,
erano preparati ad ogni evenienza. Ad ogni evenienza tranne, che ad
un attacco delle tribù indiane.
Il mattino di
martedì 8 settembre 1857 gli Indiani attaccarono il treno, uccidendo
sette uomini e ferendone altri sedici prima di essere respinti. I
pionieri, costretti a resistere all’attacco per quattro giorni, si
trovarono senz’acqua e quasi senza munizioni.
IL MASSACRO
Non si potrà
mai conoscere l’intera verità sull’accaduto, poiché la maggior parte
dei diari dei passeggeri e documenti di viaggio furono distrutti.
Soltanto i bambini sopravvissuti furono in grado di dare notizie
importanti sul massacro.
Il Vescovo
Mormone John D. Lee, dopo essersi avvicinato ai vagoni con una
bandiera bianca stretta in pugno, disse ai pionieri di aver trattato
con gli indiani, e di poter garantire la salvezza per tutti i
passeggeri se questi avessero subito consegnato il treno e tutti i
loro averi agli indiani. I pionieri si videro costretti ad
accettare. Secondo il Vescovo era inoltre necessario che i pionieri
sembrassero prigionieri dei Mormoni. Lee inviò un carro, e al suo
interno furono caricate le armi dei pionieri. I feriti vennero
caricati su altri due carri, e dopo di loro furono posti in salvo i
bambini più piccoli. I carri si allontanarono dalla ferrovia,
seguiti dalle donne e dai restanti bambini a piedi. Dietro a loro
venivano, in fila indiana, gli uomini, affiancati ognuno da un
soldato Mormone. Gli indiani, intanto stavano iniziando ad
appropriarsi dei beni lasciati sul treno. Dopo che il gruppo ebbe
percorso alcune miglia, il Vescovo Lee sollevò il suo bastone e
gridò “Fate il vostro dovere!”. A questo segnale prestabilito alcuni
soldati mormoni procedettero all’esecuzione dei pionieri maschi,
mentre altri, travestiti da indiani, si avventarono sulle donne e
sui bambini più grandi sparando e picchiando con bastoni, finchè non
furono tutti morti.
CONCLUSIONI E
CONSEGUENZE
Nessuno sforzo
fu fatto per dare ai pionieri una giusta sepoltura. Le ossa furono
rotte e sparpagliate dagli animali al pascolo. Soltanto nel 1859, un
distaccamento della Cavalleria degli Stati Uniti, che si trovava a
transitare in quei territori, si fermò per raccogliere le ossa in
una fossa comune. Fu eretta una lapide su cui fu scritto: “Qui
riposano le ossa di centoventi uomini, donne e bambini
dell’Arkansas, trucidati il 10 Settembre 1857”.
I bambini che
non furono uccisi nel massacro furono adottati dai Mormoni. Erano
diciotto. Nel 1859, il Capitano dell’Esercito Americano James Lynch
prese in custodia i piccoli e li riportò alle loro famiglie in
Arkansas. Nonostante numerose investigazioni, il crimine non fu
punito che venti anni più tardi. Lee si confessò colpevole e fu
condannato a morte.
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