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A cura di Franco Altariva

Le guerre dei Pueblo

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a prima guerra dei Pueblo fu la rivolta detta dello sciamano Popé che iniziò il 10 agosto 1680. Cosa spinse un popolo pacifico alla rivolta? La causa principale fu l’inquisizione. Gli spagnoli avevano imposto agli indiani la religione cattolica con la forza. Il frate Agostino Duran accusò davanti al governatore alcuni indiani Pueblo di avere stregato suo fratello e, basandosi su stravaganti indizi, il comandante spagnolo arrestò quarantasei persone con le accuse di stregoneria, ritorno al paganesimo e demonismo.

Tutti gli indiani si confessarono colpevoli in quanto essendo ‘uomini della medicina’ convinti di possedere poteri magici che li avrebbero salvati, i giudici spagnoli (tutti frati francescani) nella loro ‘clemenza’ ne fecero bruciare vivi quattro sulla piazza pubblica del pueblo e tutto il popolo indiano fu costretto ad assistere all’esecuzione e cantare inni religiosi.

Da quel momento gli indiani cominciarono a riunirsi in segreto, riaprirono i Kiwa per pregare gli dei e organizzarono un'insurrezione nazionale. Il comando fu affidato allo sciamano Popé che si rivelò un ottimo organizzatore e condottiero e riuscì a riunire sotto di se gli Hopi, gli Zuñi, i Tano e i Keres. Mentre i preparativi alla rivolta proseguivano, si radunavano armi e si disponevano gli obbiettivi, un indiano tradì il suo popolo informando il governatore Antonio Otermin della ribellione. Otermin ordinò immediatamente alla popolazione bianca di abbandonare i pueblo per radunarsi alla fortezza principale. Appena Popé seppe del tradimento agì senza indugio, anticipò di tre giorni la rivolta e in tutti i villaggi gli indiani presero ad attaccare i presidi militari, massacrarono tutti i soldati e torturarono e uccisero i frati, considerati i maggiori colpevoli delle loro sofferenze. Agostino Duran fu catturato e torturato fino al tramonto. Poi gli fracassarono la testa.

 in tutto il New Mexico i bianchi furono cacciati o uccisi; dei  1950 civili che scamparono alla morte circa 1000 si rifugiarono a Santa Fe e gli altri a La Cañada.

Il governatore Otermin organizzò la difesa di Santa Fe. La citta era accerchiata ed egli si rese conto che gli uomini validi rimasti erano solo centocinquanta. Arruolò subito una milizia di civili e coloro che non sapevano o non si sentivano di combattere furono designati a ricaricare le armi ma la lotta era impari: centocinquanta soldati e qualche centinaio di civili contro migliaia di indiani assetati di vendetta.

Il 14 agosto un indiano si avvicinò alla porta della città e presentò al governatore due croci, una bianca e una rossa. La scelta era semplice: la bianca significava che si sarebbe arreso, avrebbe lasciato la città con i suoi; la rossa significava guerra e i bianchi sarebbero stati tutti sterminati, donne e bambini inclusi.

Otermin chiese tempo, cercò di scoraggiare gli indiani con un attacco a sorpresa ma la cosa non funzionò. Tutto il giorno si combattè ferocemente per le vie della città; verso sera i bianchi furono costretti a ritirarsi verso il centro della cittadina mentre gli indiani appiccavano il fuoco alle case della periferia. In poche ore quasi metà della città era in fiamme.

Il 20 agosto gli spagnoli fecero una sortita, ma pur riuscendo ad uccidere molti nemici si resero conto che per la loro salvezza dovevano abbandonare la città. Il mattino dopo si misero in marcia, le donne e i bambini al centro e i soldati sui quattro lati. I nativi aprirono le loro schiere e li fecero passare senza attaccarli per cui la colonna di profughi, dopo alcuni giorni di marce forzate, giunse a Isleta, una cittadina sul Rio Grande.

I Pueblo ripresero i loro antichi culti e cercarono di cancellare ogni traccia di cattolicesimo e di Spagna, ma si trovarono ad affrontare altri problemi. Una forte siccità distrusse buona parte dei raccolti e Apache, Navajo e Ute fecero diverse incursioni provocando lo sfaldamento dell’alleanza. Popé venne ostacolato da altri capi e perse molto del suo ascendente e alcuni anni dopo morì quasi dimenticato da tutti.

Gli spagnoli da parte loro non rinunciarono a fare tentativi per riprendere il controllo di quella che oramai consideravano loro terra. Nel 1690 Carbaceo de Cruzate y Gongola fu nominato governatore in sostituzione di Otermin e mosse contro i Pueblo di un villaggio sul fiume Jamez e massacrò seicento abitanti.

Gli ultimi a essere sottomessi furono gli Hopi, molti dei quali preferirono andare a vivere con i predoni Navajo anziché essere schiavi degli spagnoli.

Arriviamo così al luglio del 1846 quando il generale Kearney con una armata di cavalleria del Missouri e una di fanteria mormone invase il New Mexico e il 22 settembre ne dichiarò l’indipendenza dal Messico. Nel 1850 il New Mexico venne annesso agli Stati Uniti d’America.

Gli indiani furono subito catalogati come cittadini di serie ‘B’. Su questa premessa si fonda la rivolta di Taos. Questo era un pueblo abbastanza grande a cui erano state aggiunta una chiesa e alcune case di cittadini bianchi. Alcuni messicani, non contenti del governo Usa, cercarono alleati fra gli indiani progettando una rivolta che avrebbe dovuto riportare il territorio sotto il controllo del Messico.

Il 20 febbraio del 1847 scoppiò la rivolta. Gli indiani assalirono il comando militare uccisero tutti i soldati. Lo sceriffo e alcuni altri, resisi conto di quello che accadeva, cercarono di fuggire ma vennero uccisi per la strada, le case dei bianchi vennero perquisite, gli abitanti uccisi insieme ai loro servitori indiani e la stessa sorte toccò ai messicani che avevano accettato il nuovo governo.

Dopo una notte di massacri gli indiani e i loro alleati messicani si organizzarono per marciare su Santa Fe.

Il colonnello Price, comandante militare della città, organizzò subito un corpo di volontari per fermare i rivoltosi prima che arrivassero alla città. Lo scontro fra le due fazioni avvenne al passo ‘La Canada’ e grazie ad un volume di fuoco maggiore gli americani costrinsero gli indiani a ritirarsi e riparare nel villaggio di Villa Nueva. Tutte le fattorie fortificate dai ribelli furono distrutte, i difensori uccisi o catturati, i pochi che riuscirono a fuggire ripararono scoraggiati sui monti.

Il 2 febbraio Taos fu circondata e gli americani cominciarono gli assalti. Il colonnello Price fece aprire una strada nella neve, che durante la notte era caduta abbondante, e fece trainare i cannoni in posizione  di tiro. Fu intimata la resa ai ribelli ma gli indiani non erano intenzionati ad arrendersi. I cannoni aprirono il fuoco che continuò incessante per diverse ore; poi partì la fanteria all'attacco. Un gruppo di soldati riuscì ad appiccare il fuoco al portone centrale e altri salirono sopra a dei tetti posati conto le mura, incendiarono le  botole d’accesso (dal tetto alle case). I morti si contavano a centinaia, ovunque vi erano scontri e i più fortunati morirono istantaneamente; i feriti generalmente perivano fra le fiamme.

Alla sera la battaglia si concluse con la vittoria degli americani, venne catturato il capo indiano della rivolta, Tommasito che fu poi fucilato.

Questa fu l’ultima grande battaglia combattuta dalle tribù Pueblo che divennero sempre piu servitori dei bianchi e che dopo la guerra civile furono radunati e rinchiusi in alcune riserve e generalmente arruolati come guide per combattere gli Apache.

Oggi i Pueblo vivono in piccole riserve; generalmente realizzano prodotti artigianali da vendere ai turisti e alcuni lavorano saltuariamente per i bianchi.

 

Popoli. Dalle loro abitazioni presero il nome di ‘Pueblo’ anche gli indiani che le abitavano.

 

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