La danza del serpente
li Hopi vivono nell’Arizona Settentrionale, in
villaggi di pietra costituiti da abitazioni con terrazze, in cima a
tre “mesas” sospese tra il cielo e la terra.
Questo popolo si riferisce a sé stesso con la definizione “Hopitu
Shinumu”, cioè “il piccolo popolo della pace”. Sono comunità di
agricoltori e il loro alimento principale è il granturco.
I bambini hanno un ruolo importante nella vita degli Hopi fin dalla
nascita. Le bambine, in particolare , hanno un posto speciale nella
società poiché assicurano il perpetuarsi dell’etnia.
Il bambino appartiene alla tribù della madre ed i suoi legami più
stretti, dalla nascita alla morte, li avrà con lei. Durante i primi
20 giorni dopo la nascita vengono poste, ai due lati della culla del
neonato, due pannocchie di granturco chiamate “pannocchie della
madre” considerate sacre. Una rappresenta la genitrice, l’altra il
bimbo.
Le cerimonie sono il legame che mantiene unito il popolo e questo
legame non può essere rimosso.
Uno dei loro riti più belli è La Danza del Serpente.
"La danza della Pioggia"
Sapevamo che i serpenti erano spiriti divini che portano pioggia
e non fanno mai male a chi ha buon cuore. Ci veniva detto
che non bisognava agire mai stupidamente, o urlare
o gridare come fanno i bianchi
quando un serpente si avvicina a loro.
Quando i serpenti erano contenti del trattamento ricevuto
stavano tranquilli e avrebbero portato in premio
la pioggia.
Capo del Sole Hopi
La Danza del Serpente é una preghiera rivolta ai cieli affinché
piangano abbondantemente sulla terra arida e bruciata dal sole.
Supela, il Sacerdote del Serpente... nessuna cerimonia inizia senza
di lui. Indossa un gonnellino di pelle marrone con il simbolo del
serpente ed ha, legata intorno alla vita, una cintura di pelle di
daino tagliata a lunghe frange. Le fasce alle gambe, portate al di
sotto del ginocchio, sono in pelle di daino mentre quelle alle
braccia sono fabbricate con corteccia di cedro.
I sacerdoti del Serpente iniziano la cerimonia con i riti di
preparazione. Per quattro giorni lasciano il Kiva (luogo sacro
adibito alla preghiera e alle cerimonie) e vanno in cerca di
serpenti. Per catturarli portano con sé fruste speciali fatte con
piume d’aquila e delle borse di pelle di bufalo nelle quali riporli.
Della loro dotazione fanno parte anche sacchi di granturco per fare
offerte agli altari, lungo la strada. Raccolgono tutte le varietà di
serpenti: serpenti toro, serpenti giarrettiera e serpenti a sonagli.
Per i primi quattro serpenti trovati si fanno delle offerte di penne
sacre.
Negli otto giorni precedenti la Danza del Serpente, nel Kiva, si
svolgono attività di preghiera, la fumata cerimoniale, la
riparazione dei mocassini, dei gonnellini e di tutto ciò che serve
durante la Danza. Inoltre vengono preparate le numerose fruste da
serpente.
Viene anche innalzato un altare sul quale sarà disegnato un motivo
sacro con della sabbia colorata.
Prima che sorga il sole dell’ottavo giorno si svolge una corsa che
mette a dura prova resistenza fisica e velocità dei partecipanti. Il
vincitore riceve un premio simbolico: un vaso d’acqua ed alcuni
“pahos” (bastoncini di penna per la preghiera), che collocherà
vicino alle piantine di granturco per assicurarsi un buon raccolto
durante l’anno.
Nel tardo pomeriggio tutti i sacerdoti lasciano il Kiva per il rito
del bagno cerimoniale: si lavano la testa in una saponata schiumosa
di radici di yucca (pianta che cresce nei terreni aridi) per pulire
il corpo e purificare lo spirito in preparazione alla cerimonia del
lavaggio dei rettili, che avverrà il giorno seguente.
Il nono giorno, prima dell’alba, i sacerdoti escono dal Kiva e si
recano alla plaza dove danno vita ad una seconda corsa al serpente.
Vengono posti dei pahos sia al punto di partenza che lungo il
percorso. Viene ripetuto anche lo spargimento della farina sacra di
granturco. Alcuni sacerdoti agitano le “raganelle”, specie di
sonagli che fanno rumore e creano l’impressione di rombo del tuono,
mentre altri lanciano avanti e indietro delle aste di legno per
simulare il lampo. In entrambi i casi i sacerdoti impersonano
Sotukinangwu’u, il più importante dio dei cieli Hopi.
La stessa mattina si effettua la lavatura cerimoniale dei serpenti.
Forse questa è la parte più bizzarra e unica della cerimonia. In
questa occasione i rettili, uno alla volta, vengono immersi
completamente in un grande recipiente contenente saponata di radici
di yucca. Vengono poi adagiati sulla sabbia del pavimento del Kisi
(capanna di rami di fronde di pioppo) e lasciati ad asciugare.
Adagiati non e’ il termine giusto.. perché vengono letteralmente
scagliati da una distanza di 4 metri. Giunti nel brulichio dei tanti
loro compagni, per liberarsi l’uno dall’altro, iniziano a strisciare
velocemente in ogni direzione.
Nel tardo pomeriggio, i sacerdoti dell’Antilope entrano nella plaza
di cui fanno il giro quattro volte agitando i loro sonagli e
muovendosi al suono delle raganelle. Hanno il corpo pitturato, con
delle righe a zig-zag che rappresentano i lampi, sul petto ed anche
su schiena e gambe. I gonnellini sono di cotone bianco, disegnati,
ognuno con una fascia multicolore alla vita. Una riga bianca,
dipinta sul labbro superiore, si allunga da un orecchio all’altro.
C’è anche una pietra, chiamata la Roccia del Serpente, o Grande
Pietra dell’Altare, davanti alla quale si svolge la cerimonia. Il
Capo Sacerdote dell’Antilope porta un cesto contenente farina sacra
di granturco, che dissemina mentre fa il giro della plaza. Ogni
danzatore ha nella mano sinistra un sonaglio e nell’altra una zucca
piena di granturco sacro che verrà poi sparso nei vari altari della
plaza.
Il Kisi, un capanno chiuso, costruito con lunghe canne e fronde di
pioppo, contiene i serpenti. Di fronte al Kisi una rozza tavola
copre una buca praticata nel terreno, il sipapu, che rappresenta
l’entrata agli inferi, luogo dove abitano gli spiriti che i
danzatori devono attirare.
Ad ogni giro i danzatori battono forte i piedi sul Sipapu.
A questo punto l’atmosfera si infiamma con l’arrivo dei Sacerdoti
del Serpente. Percorrono la plaza con una vigorosa andatura a balzi.
Indossano pellicce di volpe e gonnellini ricamati con disegni di
serpenti, portano nella mano destra delle fruste da serpente e penne
d’aquila. Danzano, imitando il contorcersi del rettile….e la fila
ondeggia emettendo un canto lamentoso.
Hanno i corpi dipinti di nero, imbrattati di argilla bianca; le
guance sono bianche. Fanno quattro volte il giro della plaza, poi si
fermano di fronte ai danzatori dell’Antilope, che nel frattempo li
hanno accompagnati ritmando il tempo con i loro sonagli.
Quando il canto finisce i Sacerdoti del Serpente formano delle
coppie: un portatore ed un abbracciatore e si dirigono al Kisi.
Si volgono in basso, piegati a metà con il busto dentro, per
riemergere subito dopo con i serpenti che penzolano dalla bocca dei
portatori. Alcuni prendono in mano i serpenti prima di metterli in
bocca. Poi “Portatore” ed “Abbracciatore” iniziano una danza intorno
alla plaza ed il canto riprende. Intanto i “raccoglitori” si
affrettano a radunare i serpenti che tentano la fuga in tutte le
direzioni. Per gli Hopi c’è un legame naturale tra i serpenti e la
pioggia. Il simbolo del lampo è rappresentato con una linea a
zig-zag, molto simile al movimento del serpente. Da qui si sviluppò
il concetto dei serpenti come messaggeri delle divinità.
L’Abbracciatore danza, avvinghiato con il braccio sinistro al collo
del portatore e con le piume d’aquila compie un gesto di carezza
verso il serpente.
Il Portatore del serpente danza ad occhi chiusi, mentre tiene in
bocca un rettile…e dopo aver fatto due volte il giro della plaza, lo
lascia cadere a terra e ne prende altri, lasciati cadere a terra da
altri danzatori.
Talvolta i danzatori hanno nella bocca più di un serpente, in alcuni
casi sono tanto numerosi che è difficoltoso contarli.
Ben presto nella Plaza appare un enorme tappeto in movimento
composto dai rettili che si contorcono e tentano la fuga in ogni
direzione. I Danzatori cercano nel Kisi fino all’ultimo serpente
rimasto. Quando tutti i serpenti del Kisi sono stati dispersi, i
danzatori seguono il primo Sacerdote alla base della Grande Pietra
dell’Altare, dove i serpenti raccolti vengono gettati l’uno
sull’altro a formare un grande mucchio brulicante.
Dopo un po’ gli uomini del Serpente afferrano rapidamente quanti più
serpenti possibile e si lanciano a gran velocità giù per i sentieri
della mesa portando queste manciate di rettili che si contorcono. I
serpenti vengono lasciati in ogni direzione dei quattro punti
cardinali, come messaggeri delle divinità .
Al termine della cerimonia i sacerdoti del Serpente, dopo essersi
tolti i costumi e averli riportati nel Kiva, si lavano il corpo
dalle pitture e poi bevono un emetico amaro che provoca il vomito
necessario per purgare il sistema digestivo dalle secrezioni
salivari stimolate dal tenere ripetutamente i serpenti in bocca.
Inoltre, masticano una mistura di argilla e semi per ripulire la
cavità orale.
Questo rituale di purificazione, libera i sacerdoti dall'incantesimo
dei serpenti, così che possono nuovamente mescolarsi agli abitanti
del villaggio per far ritorno alle loro case.
"I serpenti, naturalmente
cercano di scappare, ma sono spinti indietro dalle fruste.
Nonostante ciò, i serpenti fanno sforzi disperati per non scappare;
tutti strisciano su e giù rapidamente.
Strisciano tra e sulle gambe nude degli uomini, si avvolgono sulle
loro braccia, tanto che è spesso necessario prenderli in mano e
rimetterli a terra.
I serpenti visti inutili i tentativi, alla fine, si raggomitolano
tutti insieme, negli angoli"
H.R. VOTH, etnologo e missionario.
|