Curiosità dietro il set
i proponiamo un ricco articolo fitto di
retroscena, aneddoti, imprevisti, errori e curiosità varie dietro
il set dei film di Sergio Leone.
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PER UN PUGNO DI DOLLARI, 1964. Quando
Sergio Leone cercò una produzione per girare "Per un pugno di dollari"
pochi furono a credere nel suo progetto. Molti ironizzarono
soprattutto sul fatto che nel film non c’erano donne o meglio
non c’erano ruoli importanti per un personaggio femminile di
rilievo per cui un western
senza donne non si poteva fare. Per quel che riguarda il
film molti
credevano che questo western fosse comico e fu proposto a Leone
di cambiare la sceneggiatura, inserire delle situation comedy e
affidare il ruolo di attori protagonisti a Tognazzi e Vianello!
Alla fine una piccola produzione si trova ma paradossalmente non
si trova a Roma un cinema dove poter far uscire il film poiché
nessuno è disposto a rischiare. La disponibilità la offre un
piccolo cinema di Firenze nei pressi della stazione. Poi il
boom! Per il protagonista Leone cerca James Coburn ma l’attore
per fare il film vuole 25.000 dollari. Il budget è basso e si
può arrivare al massimo a 15.000 ma guardando una pellicola
giunta dagli States “Rawhide” un serial western di successo
concorrente di “Bonanza”, Leone nota un giovanotto imberbe
con la faccia da duro: Clint Eastwood. Ingaggio: 15.000 dollari.
Il film viene realizzato in 6 settimane di lavorazione tra gli
interni a Cinecittà e
gli esterni in Spagna a 40 km da Madrid. Il luogo è "La
perizia" di Colmenar Viejo, un piccolo paesino. A pochi
giorni dalla fine del film a Leone mancano i fondi. Non ci sono
più soldi per girare la scena finale della sparatoria con Ramon
ed i suoi in Almeria ma Don Josè mette a disposizione il suo
villaggio western a credito grato del fatto che il regista,
girandovi il film, valorizza il deserto di Almeria e tutta la
zona circostante. La produzione intanto vuole, vista la presenza
di un attore americano, che il regista e alcuni attori nei
titoli di testa cambino nome, così Sergio Leone diventa Bob
Roberson e Volontè si trasforma in Raul Welsh ma il film va
alla grande, le sale si riempiono fino all’inverosimile e
visto l’inaspettato successo si ristampano in fretta e
furia i titoli del film con i nomi originali del regista e di
Volontè. Leone per questo film è costretto a pagare a Kurosawa
una penale per i diritti d’autore poiché il film segue di
pari passo la trama della “Sfida del samurai” (Yojimbo) che
il regista romano ha visto e da cui trae la sceneggiatura. Il
successo è enorme ma circa il 50% degli introiti vanno a
Kurosawa. Per un pugno di dollari è il film più povero del
regista italiano ma è ormai un vero cult per cinefili, un
western che nel 1964 cambiò il modo di fare i western, un
modo nuovo con la soggettiva della colt che spara in evidenza,
con musiche accattivanti, con sguardi lunghi ed intensi, con
primissimi piani, con il rumore degli speroni tintinnanti, con i
balletti di morte, con "L’uomo senza nome" che viene
fuori avanzando dal nulla dopo l’esplosione di una carica di
dinamite, "L’uomo dagli occhi di ghiaccio" doppiato
in Italia da Enrico Maria Salerno che gioca una guerra di nervi
con un messicano psicopatico lanciando sentenze e promesse di
vendetta prima di far cantare la calibro 45.
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PER QUALCHE DOLLARO IN PIU’, 1965. Visto
il successo di “Per un pugno di dollari” Leone l’anno dopo
si imbarca in una nuova avventura. Per il secondo film della
trilogia del dollaro oltre a confermare Eastwood e Volontè si
ricorda di un grandissimo caratterista dei grandi western
americani: Lee van Cleef. All’inizio Cleef sembra sparito nel
nulla, gli emissari della produzione non riescono a
rintracciarlo, infine l’attore viene scovato in una clinica di
Los Angeles dove si è dato alla pittura durante il periodo di
disintossicazione. Lo trovano con un soprabito grigio, il
sorriso un po’ stanco e giù di morale poiché da
qualche anno non lavora ma Leone non ha dimenticato quel
ghigno di "Mezzogiorno di fuoco", il capolavoro di
Zinnemann. Così Cleef viene ingaggiato ed insieme a Eastwood,
Volontè, Coburn, Steiger, Wallach (gli attori degli altri film)
diventerà leggenda. Sergio Leone e Lee Van Cleef tornano a Roma
e mentre
sull’aereo l’attore americano dorme profondamente, Leone non
chiude occhio. Riuscirà a convincere i più scettici? In questo
film c’é anche una piccola ma intensa partecipazione di Klaus
Kinsky nella parte di un pistolero gobbo. Questo film gioverà
moltissimo a Kinsky che sarà “travasato” insieme allo
stesso Cleef in tantissimi altri western non Leoniani che da lì
a poco, sull’onda del successo,
esploderanno. Dopo il successo di "Per un pugno di
dollari", per Leone è un trionfo. "Per qualche
dollaro in più" viene venduto in 26 paesi e gli americani
incuriositi da questo nuovo fenomeno
battezzano il genere " spaghetti-western" visto
che proviene dall’Italia. Ciò si rivelerà un errore poiché
con la sua forza aurorale Leone dimostrerà di essere un pianeta
completamente a parte rispetto ai pur discreti Ringo, Django e
company che seguiranno dopo.
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Il BUONO IL BRUTTO IL CATTIVO, 1967
. E’ il primo film con un grande budget. Il
successo e gli incassi dei primi due film si fanno sentire ed
ecco che in questa pellicola Leone decide di raccontare la sua
storia sullo sfondo della tragedia della guerra civile
americana. Essendo un western gli sceneggiatori ambientano la
vicenda sul fronte
ovest del conflitto nel New Mexico, dove i nordisti del Colorado
ed i sudisti Texani si affrontarono a Glorietta pass.
Eastwood e Cleef questa volta
sono affiancati dal picaresco Eli Wallach nella parte di
Tuco “Il brutto” e come già avvenuto per i film precedenti
Leone affianca agli attori Usa
caratteristi ed attori di teatro italiani come Luigi
Pistilli nella parte di un frate fratello di Tuco, e
Aldo Giuffrè che
con un cameo indimenticabile fornisce una grande prova
d’attore nel ruolo di un capitano nordista alcolizzato e
disincantato che guida l’assalto dell’Unione ad un ponte
conteso. La sequenza del ponte che salta in aria viene girata
per caso. Un uomo delle maestranze appostato ed in attesa
dell’ordine della troupe, forse per un equivoco fa brillare
improvvisamente le mine senza preavviso… Il ponte salta in
aria, tutti restano allibiti aspettando la reazione di Sergio
Leone. Ma il regista non si muove. Tonino Delli Colli direttore
della fotografia si
precipita mortificato e disperato dal regista urlando e
piagnucolando “A Sé... E mo che famo?" (nello slang
romano "ora che facciamo?"). L’esplosione prematura
del ponte è un danno per tutti. Ci vorrebbero almeno altri 15
giorni per riedificarlo con i costi del
film che schizzerebbero
alle stelle. Nessuno sa però che quella mattina Leone
appena giunto sul set ha dato disposizioni affinché le
cineprese iniziassero a girare senza ciak… "Tanto per
scaldarci un po’" aveva detto e così l’esplosione del
ponte è stata lo stesso immortalata dalla pellicola, ma nessuno
tra le maestranze della disperata troupe ancora lo sa,
attori compresi. "A Sé e mo che famo?" Risposta di
Sergio Leone con sogghigno soddisfatto: "Famo pausa!"
C’e stato per "Il buono il brutto il cattivo" un
accurato studio delle divise della guerra civile americana sul
fronte ovest, delle armi, e delle artiglierie; inoltre
personaggi storici come il colonnello unionista Canby e il
generale confederato Sibley vengono citati alcune volte durante
il film. "Il buono il brutto ed il cattivo" inizia a
dare al regista non più solo la caratteristica di geniaccio da
cult ma anche la certezza di evolversi verso un completamento,
verso pellicole a più ampio respiro, verso un tipo di cinema di
grande spessore.
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C’ERA UNA VOLTA IL WEST, 1968
. Definito da molti il capolavoro western di Sergio
Leone. In questa occasione nella sceneggiatura del film c’é
una novità. Sarà una
donna il fulcro di tutto il plot. Leone chiama la bella Claudia
Cardinale nel ruolo di Jill
una ex prostituta. Osservando molti film western il
regista decide di ingaggiare Charles Bronson e
interpellato sul perché di quella scelta
risponde ”Perché con quella faccia ferma le
locomotive”. Ad interpretare il cattivo Frank è Henry Fonda
eroe di tanti film (indimenticabile in “Sfida infernale"
e nel “Massacro di Fort Apache”). Fonda si presenta sul set
con baffi e lenti a contatto scure per essere più truce ma
Leone dopo qualche giorno decide che tutto quel travestimento
non serve. Vuole proprio il solito volto di Fonda affinché
faccia da contrasto con
il personaggio che
deve interpretare e che il pubblico non è abituato a vedere in
lui: uno spietato assassino. C’é anche Jason Robards uno dei
più grandi attori americani "shakespeariani"
nel ruolo di Cheyenne, bandito dal cuore d’oro. Per i
personaggi di contorno ecco due grandi del teatro: Paolo Stoppa
(il matto) e Gabriele Ferzetti (straordinaria interpretazione di
Mister Ciuff Ciuff). Tutto è pronto e si riparte per Almeria (Spagna)
dove tra l’altro le produzioni italiane stanno girando molti
film anche con Giuliano Gemma, Franco Nero, Tomas Milian, Klaus
Kinsky, Lee Van Cleef, tutti travasati dopo il successo dei film
leoniani, nei film di Corbucci, Tessari, Castellari, Valeri,
Colizzi ed altri. Leone non fa mai mancare alla troupe nulla
neanche in pieno deserto. Un giorno Robards si confida con
Bronson. C’e una tavolata imbandita
di tutto il ben di Dio. Paella, Spaghetti in abbondanza.
“Charles siamo venuti per girare o per mangiare?” dice al
collega. “Zitto. Un’occasione del genere non ci capiterà più!",
risponde Bronson.
"C’era una volta il west" incasella subito un
record: quello dei titoli più lunghi della storia del cinema.
Per l’apertura del film con l’attesa alla stazione Leone
avrebbe voluto tutt’altra situazione. Infatti gli uomini che
aspettano l’arrivo del treno da dove scenderà “armonica”
dovrebbero essere interpretati da Clint Eastwood, Lee Van cleff
ed Eli Wallach. Con quella metafora (i tre vengono tutti uccisi
da armonica) Leone vuole uccidere i personaggi dei suoi
precedenti western poiché il suo ultimo film racconta la fine
della frontiera americana. L’idea viene subito proposta ai
primi due che accettano subito ma Clint Eastwood vuole tanti soldi. Ormai è una star grazie al successo de "Il buono il brutto il
cattivo" che negli States è diventato a tal punto un cult
da far pronunziare a Bob Kennedy in piena campagna elettorale
“Mio fratello è il buono, Nixon è il brutto e Mac Namara è
il cattivo". Non se ne fa niente anche perché inserire nel cameo
solo i primi due non avrebbe senso. Leone ripiega quindi su
Woode Stroode, Jack Palmer e uno dei
caratteristi del film precedente. Alcune sequenze
come quella di Jill ed il matto sul calesse vengono girate nella
Monument Valley, il regno di John Ford. Alla sceneggiatura del
film lavorano Bertolucci e un giovane timido ed introverso
che dimostra del talento: si chiama Dario Argento e l’invenzione
e la caratterizzazione nella sceneggiatura del personaggio di
Armonica è frutto del suo lavoro. “Stasera Sergio Leone è
venuto a casa mia!” racconterà un Argento incredulo ed
entusiasta agli amici. "C’era una volta il west" è
per Leone il funerale del western, la fine della frontiera,
(tema che sarà caro anche a Peckimpah), la fine dei sogni di un
bimbo. La colonna sonora del film è di Ennio Morricone che con
Leone forma una coppia indivisibile. Questa volta il maestro
lascia campane, scacciapensieri e fischi e compone un vero poema
musicale. La voce che gorgheggia soavemente sulle immagini del
film e che dà un tocco epico all’atmosfera è quella di Edda
Dell’Orso attrice (molto teatro poco cinema) e cantante.
Questa artista ingiustamente dimenticata darà ancora la sua
voce per il successivo e non programmato film di Leone: "Giù
la testa".
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GIU’ LA TESTA, 1971. Iniziato come un
film da fare per forza "Giù la Testa" resta una delle
migliori opere Leoniane. Dopo C’era una volta il west Leone si
mette al lavoro per preparare un
grande sogno quello che poi sarà
il suo capolavoro assoluto ed in fondo un suo testamento:
"C’era una volta in America". Lo spunto nasce da un
romanzo di Harry Grey, "A mano armata”, in cui si narrano
le gesta di alcuni ragazzi ebrei durante l’epoca del
proibizionismo. Il tutto è ormai più
che un'idea ma a cambiare le cose in corsa arriva la
produzione che esige dal regista un altro western. Ormai il
prodotto “tira” ma Leone non vorrebbe essere coinvolto nella
regia, ma solo come
co-produttore. L’idea sarebbe quella di affidare la regia del
film a Peter Bogdanovich che contattato si presenta a Roma con
la bella moglie convinto di dover fare un film alla VIVA VILLA!
O VIVA ZAPATA, trattandosi della rivoluzione messicana, ma le
cose cambiano del tutto quando Rod Steiger e James Coburn, già
ingaggiati, accettano di fare il film solo se a dirigerlo sarà
proprio Sergio Leone o stracceranno il contratto e così, dopo
poco tempo, Leone si ritrova sul set di questo film. Una delle
sue opere più
intense. Ennio Morricone compone una colonna sonora che diventerà
famosa in tutto il mondo coadiuvato dai gorgheggi melodici di
Edda dell’Orso. Indimenticabile il suo Sean- Sean. Mentre si
gira in Almeria – Spagna che ormai è diventata una piccola
Hollywood, viene costruito dalla troupe un ponte che bisognerà
far saltare in aria nella sequenza di Juan e John rimasti in
retroguardia con le due mitragliatrici ad attendere i regulares
di Huerta. Un bel mattino i pastori della zona, increduli,
vedono erigersi un ponte nuovo di zecca nella zona. Questo
d’ora in poi permetterà
loro di accorciare sensibilmente un lungo tratto di
strada che li costringe ogni volta a fare un lunghissimo giro
con il gregge. Un bel giorno però il ponte salta in mille pezzi
ed i pastori ignari della presenza della troupe si presentano ad
Almeria città chi protestando contro il sindaco per
l’abbattimento del ponte, chi spaventato a morte pensando ad
un attentato. In città faticano non poco a spiegare ai pastori
spagnoli che quel ponte serviva solo per fare un film… e
basta. " Giù la testa" non è un elogio della rivoluzione come ”Vamos a Matar Companeros”, ”Quien Sabe”, “Tepepa”, ”Il
Mercenario” ed altri film pur discreti e con ottimi attori.
Leone si distacca dalla passione ideologica che sfrutterà (e
molto bene) il westernterzomondista per urlare una protesta
mascherata da western ed il film non è neanche un film
sulla rivoluzione messicana vista
con l’ottica americana (Viva Villa) come già detto.
"Giù la testa" è un film
disilluso e malinconico sulle rivoluzioni ma anche
sull’amicizia, sul tradimento, sui primi bilanci amari della
vita.
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