George Montgomery
eorge Montgomery,
alto e aitante, è stato per me,
per molti anni, una icona del western meno decantato. Ricordo che da
piccolo l’ho visto in “L’ultimo dei banditi”, degli anni
’50, in un vecchio cinema di paese, sgranocchiando popcorn, e
l’ho sempre seguito successivamente sino agli ultimi western
girati, negli anni ’60, diretto da registi anche loro di secondo
piano come Springsteen, Landers, ecc. Ha interpretato circa 58 film
western - e sono tanti! - iniziando all’età di 19 anni con una
parte in “The singing vagabond” del 1935.
Montgomery nacque nel Montana nel 1916 ed è
morto circa un anno fa in California per problemi cardiaci.
Trai suoi film ricordo “Davy Crockett indian
scout” del 1950 in cui interpreta la nota figura dello scout che
morì ad Alamo. Ancora cito “The indian uprising” e “The path
finder”, ambientati al tempo dei coloni alle prese con i nativi (Delaware,
Mohicans, ecc.) e delle grandi guerre tra gli inglesi e i francesi,
nelle grandi foreste nordamericane e nella regione dei grandi laghi;
tempi di Blek Macigno e di Mark,
gli eroi di carta del gruppo di creativi nostrani noto come Esse
Gesse.
E’ stato militare, esploratore, sceriffo,
cowboy, fuorilegge redento; comunque sempre eroe. Ricordo ancora
“Masterson of Kansas” del 1954, “Jack Mc Call, desperado”
del 1953, in cui interpretò la parte del famoso personaggio che
forse ammazzò alle spalle Wild Bill Hickock.
L’ultimo western interpretato da Montgomery è del 1967: “Hostile guns”.
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