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A cura di Domenico Rizzi

Gli attori

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li attori chiamati da Sergio Leone per interpretare i vari ruoli previsti nei suoi film hanno contribuito al successo di quelle opere e pure hanno ricavato successo da esse.

Clint Eastwood, attore californiano, era conosciuto negli USA come protagonista della serie televisiva “Rawhide”. Leone lo scelse inizialmente per il suo basso ingaggio rispetto alle pretese di Henry Fonda e James Coburn, che erano già affermati. Da interprete di secondo piano diventò una stella di prima grandezza, assumendo i panni del taciturno e spietato Joe in “Per un pugno di dollari”. Il suo clichè, elementare fino alla banalità, si riassume in un’espressione fredda e sicura, celata sotto un poncho di foggia messicana e resa statuaria dall’immancabile mozzicone di sigaro fra le labbra. Proprio perché è distante dalle figure dei giustizieri precedentemente esplorate dal cinema, la maschera di Eastwood è paradossalmente originale senza dover ricorrere ad eccessivi accorgimenti.

Gian Maria Volontè – sotto lo pseudonimo di John Wells nel film che dà origine alla trilogia del dollaro – benchè più giovane di tre anni rispetto a Eastwood, si era già creato una solida fama di interprete drammatico di teatro e di cinema. Leone ne fece dapprima il crudele Ramon Rojo (“Per un pugno di dollari”) e poi il nevrotico Indio in “Per qualche dollaro in più”. Le sue interpretazioni furono magistralmente impeccabili, come del resto un pubblico esigente si aspettava da un attore della sua levatura.

Lee Van Cleef fu, insieme a Eastwood, un’autentica scoperta di Leone. Dopo una lunga gavetta da caratterista in diversi western statunitensi – “Mezzogiorno di fuoco”, “Sfida all’O.K. Corral”, “L’uomo che uccise Liberty Valance”- a 40 anni aveva imboccato la parabola discendente. Il regista italiano gli affidò la parte del colonnello sudista Douglas Mortimer in “Per qualche dollaro in più”, invecchiandolo di qualche anno ma tirando fuori le sue migliori potenzialità. Laconico come Eastwood, con un’espressione beffarda stampata sul viso e una pipa fra i denti, diventò l’uomo ideale per recitare la parte del duro senza ripensamenti. Nel suo miglior film con Leone – quello in cui sostiene un epico duello, uccidendo l’Indio – non concede nulla al sentimento fino alla fine, quando si scopre la vera ragione della sua vendetta.

Eli Wallach, il Messicano Tuco di “Il buono, il brutto, il cattivo”, è l’immagine caricaturale e picaresca del desperado del West: sporco, volgare, opportunista e scaltro, un perdente che finisce per incontrare qualcuno più furbo di lui. Abituato a vivere di espedienti, non abbraccia mai – a differenza di Juan Miranda (Steiger) che ne ripete la gestualità in “Giù la testa” – alcuna causa degna. Nonostante ciò, appare uno dei personaggi più simpatici dei western leoniani, perché i torti da lui fatti agli altri non compensano mai quelli che gli riserva la sorte.

La scelta di Henry Fonda per il ruolo del cattivo senza freni inibitori di “C’era una volta il West” mise inizialmente a disagio l’attore, avvezzo a recitare parti di buono nella maggior parte dei suoi film. Neppure nelle vesti dell’ottuso colonnello Turner de “Il massacro di Fort Apache” (John Ford, 1948) Fonda aveva dovuto abbassarsi ad azioni vili come quella di sopprimere freddamente un bambino. Leone si fece “perdonare” dal grande Henry destinandogli la parte di Jack Beauregard in “Il mio nome è Nessuno”, una figura patetica che voleva simboleggiare ancora una volta il tramonto del mito.

Claudia Cardinale, interprete di molti film di successo – fra cui anche il western di Richard Brooks “I professionisti”, del 1866 - rimane la protagonista femminile per eccellenza della produzione di Leone. Solida e indistruttibile, risponde benissimo alla definizione che l’avventuriero Cheyenne (Jason Robards) sfodera di lei: “Mi ricordi mia madre. Era la più gran puttana di Alameda e la donna più in gamba che sia mai esistita.”. Jill Mc Bain rappresenta il sostrato storico del West che sopravvive, il nuovo contesto che prescinde dall’origine dei suoi componenti, l’America emergente costruita dai pionieri, siano essi commercianti falliti, ex agricoltori andati in malora o donne da bordello. La sua partecipazione all’ultimo western in senso stretto di Leone è, senza alcun dubbio, imprescindibile e altamente qualificante.

Nemmeno Charles Bronson era alle prime armi con il cinema quando fu chiamato ad interpretare la parte dell’Uomo dell’Armonica. Aveva ricoperto vari ruoli minori anche in alcuni western di produzione americana, come “La tortura della freccia” (Samuel Fuller, 1957) e “I trecento di Fort Canby” (Joseph M. Newman, 1962). Leone gli cucì addosso l’abito che già era stato di Eastwood nei film precedenti, rendendone ancora più sobrio il linguaggio, praticamente ridotto al lacerante suono di un’armonica. La sua fu l’ultima performance del vendicatore solitario, silenzioso e temibile quanto rassegnato alla propria fine dopo il compimento della missione che si è prefissato.

Rod Steiger – il bandito messicano Juan Miranda di “Giù la testa” e James Coburn – l’Irlandese emigrato in Messico per sfuggire al proprio inquietante passato – erano già attori notissimi, che aggiunsero al proprio curriculum un’altra prestigiosa affermazione nei rispettivi ruoli ideati da Leone. Entrambi si erano già fatti un nome come protagonisti di western, avendo recitato rispettivamente in “La tortura della freccia”, di Samuel Fuller (1956) e I magnifici sette” di John Sturges (1960)

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Henry Fonda si spense nel 1982, appena dopo avere completato “Sul lago dorato” di Mark Rydell. Era nato nel 1905 nel Nebraska e aveva recitato in decine di celebri film, fra cui gli indimenticabili “Sfida infernale” di Ford e “Ultima notte a Warlock” di Edward Dmytryck (1959).

Van Cleef scomparve lo stesso anno in cui morì Sergio Leone, a soli 64 anni di età. Di lui si potrebbe sostenere, a posteriori, che avrebbe meritato una fortuna cinematografica maggiore di quella che il destino gli concesse.

Gian Maria Volontè è deceduto nel 1994 in età ancora relativamente giovane. Le sue parti di “cattivo” nei primi due film di Leone furono di un’intensità tale che forse non aveva precedenti nella storia del western.

James Coburn e Rod Steiger morirono nel 2002, alle rispettive età di 74 e 77 anni. Pur non essendo stati protagonisti soltanto di film western, diedero alla crescita di questo genere un grande e significativo contributo.

Claudia Cardinale rimane una delle presenze più importanti e significative del cinema italiano ed europeo, per avere interpretato “Il gattopardo”, “Il giorno delle civetta”, “Il prefetto di ferro” e molti altri lavori importanti, ma la sua recitazione in “C’era una volta il West” resterà per sempre indimenticabile.

Clint Eastwood, nato nel 1930, ha vissuto una trionfale ascesa come attore, regista e produttore nel periodo fra il 1968 e la fine degli Anni Novanta, collezionando una serie eccezionale di brillanti successi, culminata con i 4 premi Oscar de “Gli Spietati”. Oggi, a 73 anni, vive in California e non ha ancora abbandonato del tutto la sua passione cinematografica.

 

Eastwood. Leone lo scelse inizialmente per il suo basso ingaggio rispetto alle pretese di Henry Fonda e James Coburn, che erano già affermati. Da interprete di secondo piano diventò una stella di prima grandezza.

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Sotto: Un ritratto di Clint Eastwood... al lavoro.

 

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