Contro gli "uomini rossi"
n nuovo scontro era nell’aria, uno scontro che
avrebbe anticipato anni e anni di guerre nell’ottocento tra
l’esercito e gli Indiani d’America.
Le prime ostilità iniziarono contro i Cherokee e gli Irochesi che
risposero con le armi, sobillati dagli anglo-canadesi e il 20 agosto
del 1794 circa duemila guerrieri appoggiati da un centinaio di
soldati canadesi al comando del Capitano Caldwell marciarono contro
la i novecento uomini della cavalleria americana di Fort Miami.
Un grosso tornado aveva abbattuto parecchi alberi quel giorno e per
questo la scontro prese il nome di “Battaglia dei tronchi caduti”
dove i Kentuckyani americani furono decisivi contro gli Indiani di
Piccola Tortora ed il trattato 3 agosto 1795 segnò la fine della
libertà degli Indiani nei territori dei tredici Stati originari. La
battaglia fu violentissima e i Kentuckyani a cavallo finirono gli
Indiani a colpi di sciabola. Contro il sachem dei Creek, Lancia
Rossa si portò Andrew Jackson con tremila soldati di cavalleria dei
forti Full Dress e Leavenworth presso Talladega.
Jackson studiò abilmente per la battaglia una manovra a semicerchio
con le ali rivolte ai guerrieri Indiani ed il centro arretrato.
Durante lo scontro le ali avvolsero i Creek che si trovarono così
accerchiati. Jackson stava per distruggere tutta la tribù quando con
un azione disperata i Creek si aprirono un varco e pur lasciando sul
terreno centinaia di morti riuscirono a salvarsi. Jackson non era
riuscito ad annientarli e la battaglia dimostrò che le guerre
indiane sarebbero state lunghe e dure per tutti.
Dopo un periodo difficile costellato da ammutinamenti e rivolte
nell’esercito causa la stanchezza per la dura campagna Jackson
riuscì a ristabilire ordine, disciplina e morale con il sangue
applicando alla lettera il codice militare per continuare la guerra
contro gli Indiani. I caporioni della rivolta furono fucilati sul
posto.
Nel 1813 Jackson era davanti al villaggio dei Creek a prima vista
inespugnabile in quanto protetto per tre lati dal corso del fiume ed
un quarto lato protetto da profondi trinceramenti a stella costruiti
dagli stessi Creek che in numero di mille presidiavano
l’accampamento chiamato Horse-Shoe, una penisola sul fiume
Tallapoosa.
Jackson non ci penso su due volte simulando un attacco frontale
della cavalleria, e mentre i cavalleggeri si lanciavano al galoppo
verso i Creek, i Cherokee alleati degli Americani per combattere i
loro nemici, scivolarono sul fiume con delle canoe. Nel frattempo la
cavalleria fingendo di sbandare sotto il fuoco difensivo degli
Indiani aggirò la cresta montuosa che si estendeva ai fianchi e alle
spalle dei Creek sbucando del tutto inattesa all’assalto
dell’accampamento. I Cherokee nel frattempo scagliavano dal fiume
frecce incendiarie. I Creek resistettero per dodici ore poi
l’accampamento venne espugnato. L’ottanta per cento dei guerrieri
Creek cadde in battaglia e la tribù non si riebbe mai dal disastro
di Horseshoe.
Ma qualcuno meditava vendetta, Aquila Rossa, ed aspettava solo
l’occasione giusta che si presentò grazie all’incredibile
avvenimento che coinvolse Fort Mims e che costò la vita a soldati e
civili.
I Creek non credettero ai proprio occhi quando si accorsero in
quell’agosto del 1831 che Fort Mims non era sorvegliato da alcuna
sentinella poiché il maggiore Baysley riteneva di essere al sicuro
dopo l’annientamento dei Creek da parte della cavalleria Americana.
Ma i Creek, gli ultimi sopravvissuti, vollero vendicare la battaglia
che era costata in pratica il loro futuro nella frontiera.
Quel giorno cinquecentotredici coloni con le loro rispettive
famiglie avevano trovato rifugio nel forte presidiato da
centosettantacinque cavalleggeri. La quiete intorno aveva spinto
Basley, che del west conosceva ben poco, a lasciare le porte del
forte incredibilmente sguarnite di sentinelle.
Così i Creek assalirono il forte di sorpresa trucidando tutti e
dandolo alla fiamme. Donne, bambini, soldati, coloni, 400 persone
furono uccise solo 36 bianchi riuscirono a salvarsi. Questo inasprì
ancora di più l’animo di un governo maldisposto e cinico avvisaglia
della pianificazione di uno sterminio nei confronti di un popolo
mentre alcuni coloni iniziavano a rimetterci la vita. Lo spettro
delle guerre Indiane lunghe e terribili si allungava sulle praterie
del west e tra i coloni e gli Indiani c’erano solo i soldati di
cavalleria. Di fronte allo stato delle cose i comandi militari
sollecitarono un azione repressiva sempre più dura ed il governo
inviò squadroni di cavalleria contro le tribù Arikara nell’estate
del 1823 al comando del Generale Leavenworth, un duro ed incallito
pioniere che combatteva gli uomini rossi da diversi anni.
Leavenworth si preoccupò subito di arruolare in cavalleria molti
“frontiersman” per i quali gli Indiani non avevano segreti e pose le
sue truppe in addestramento a Fort Kansas. Esperto del mondo indiano
qual’era il Generale entrò in trattativa con i Sioux per assicurarsi
la loro neutralità quindi arruolò molti frontiers-men del Missouri
tra i quali Joshua Pilcher uno dei più noti. Formata la 4° compagnia
si mise in marcia con il suo reggimento. Giunto presso il villaggio
degli Arikara lo circondò, incendiò il villaggio uccidendo tutti
senza distinzione di sorta facendo terra bruciata. Fu un totale
massacro e il dipartimento della guerra a Washington volle aprire un
inchiesta ma il governo che in segreto appoggiava la politica di
sterminio insabbiò ben presto l’inchiesta.
E venne il giorno della guerra contro Falco Nero. Iniziò tutto con
lo spostamento del gruppo di Falco Nero dallo Iowa alle black Hills
per cacciare selvaggina ma quando i guerrieri tornarono alla terra
d’origine si accorsero che su quei territori si erano insediati dei
coloni con le loro tipiche baracche del west protetti dalla
Cavalleria così Falco Nero e la sua gente si incamminarono verso il
Mississippi alla ricerca di altre zone dove accamparsi ma il governo
non vedeva di buon occhio l’insediamento di Indiani turbolenti al di
là del grande fiume e cercò di convincere Falco Nero a recarsi in
altri territori. I Sauk furono condotti in una zona montuosa ed
inospitale, povera di selvaggina. Quando Falco nero si accorse della
tipologia di quelle terre furibondo dissotterrò l’ascia di guerra
con seicento guerrieri. Oltre alla cavalleria fu organizzata nei
pressi di New Salem nell’Illinois la milizia di stato dove un
giovane figlio di un boscaiolo si arruolò volontario: Abraham
Lincoln.
Falco nero tornò nelle praterie del Kansas ma ad attenderlo c’era
l’esercito ed iniziarono due dure battaglie anche se non decisive.
Alla fine funzionari del governo si recarono da Falco Nero cercando
di convincerlo a ripassare il fiume. I sauk costruirono delle
zattere e cercarono di ripassare il fiume Bad Axe ma la cavalleria
li attaccò con 1300 uomini ed una cannoniera che aprì il fuoco
contro le zattere. Tutte le imbarcazioni furono affondate,
guerrieri, donne e bambini uccisi. Falco nero venne catturato e
rinchiuso in una gabbia come un animale diventando per un anno una
sorta di attrazione da circo, consegnato a fiere e baracconi che
giravano l’America e che di militare avevano ben poco. Falco nero
morì l’anno successivo di crepacuore.
Ormai lo scontro tra due culture era aperto e nel 1831 la
distruzione di una carovana dei pionieri da parte dei Comanches
indusse il congresso degli Stati Uniti a votare la legge del 5
ottobre 1832 che autorizzava il ministero della guerra a creare un
corpo di cavalleria adeguato per fronteggiare gli Indiani. Venne
composto il 1° reggimento dragoni (termine che sarebbe scomparso
presto) su un organico di due squadroni per un totale di 600 uomini.
Di questo reggimento fece parte Jefferson Davis futuro presidente
della confederazione. Il 1° reggimento si concentrò nelle caserme di
San Louis nel Missouri per iniziare una campagna punitiva contro i
Comanche ma tale spedizione fu un fallimento poiché nella campagna
quasi mai si riuscì ad intercettare gli Indiani. A causa di ciò si
costituì subito il 2° reggimento dragoni per rafforzare
ulteriormente la cavalleria che venne spedito in Florida per una
guerra durissima tra le paludi contro i Seminole di Osceola. Una
guerriglia sfiancante per la quale il generale Jesup si pronunciò
molto chiaramente prevedendo con lungimiranza cosa sarebbe accaduto
ma nessuno lo ascoltò e quattro anni di guerriglia infernale toccò
ai cavalleggeri in questo scontro con gli Indiani della Florida così
diversi dagli altri fino a che il loro capo Osceola non venne
catturato con l’inganno. |