Le premesse
l conflitto che portò alla rivolta dei coloni americani contro il
governo del Texas messicano fu dovuto essenzialmente alla differenza
culturale tra i due gruppi etnici. I messicani con due leggi del
1823 e del 1825 incoraggiarono l'arrivo degli americani in Texas. I
requisiti per emigrare in territorio texano erano sostanzialmente
tre: diventare cattolici, ubbidire alle leggi messicane e non avere
schiavi. Soprattutto su quest'ultimo punto i messicani erano
irremovibili, mentre gli americani pretendevano di continuare a
servirsi della mano d'opera negra considerandola nè più nè meno che
proprietà privata. A ogni emigrante americano il governo messicano
concedeva una lega (pari a 4.428 acri) per l'allevamento, e un labor
(177 acri) per coltivare. Inoltre era prevista un'esenzione dalle
tasse per sei anni e chi sposava una donna messicana riceveva anche
un quarto di lega in più . A questo proposito, se l'americano era
scapolo, riceveva soltanto un quarto di lega. Tanto per avere
un'idea delle misure, si pensi che un acro corrisponde a 4.047 metri
quadrati. Il costo di queste concessioni era di 30 dollari più le
spese, e c'erano quattro anni di tempo per pagare.
Grazie a questi incentivi, ben presto buona parte del Texas venne
abitata da americani e più il numero aumentava più crescevano i
dissapori col governo messicano. La rottura avvenne nel 1835 quando
i padroni di casa si resero conto che i loro ospiti cominciavano a
parlare palesemente di separazione del Texas dal Messico. A quel
punto promulgarono una nuova legge che vietava l'accesso a nuovi
emigranti americani e il generale Antonio Lòpez de Santa Anna,
appena nominato capo del governo messicano, cominciò ad arrestare
quelli che considerava i capi della rivolta.
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