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Appendice

 


Un racconto storico di Maurizio Biagini, Staff di Farwest.it

Curly, il giovane scout

L

a lunga fila dei soldato a cavallo si stagliava immobile nel verde della piana sottostante. A Curly faceva venire in mente un lungo, grosso serpente che impigriva al sole di quella caldissima giornata.

Solo in quella che era la testa della colonna si notava qualche movimento di cavalli che andavano avanti e indietro irrequieti, proprio nel punto in cui esploratori e ufficiali stavano osservando, in basso, il fiume ed il villaggio che vi era cresciuto vicino.

Curly cavalcava a passo svelto, ma senza forzare il cavallo, sapeva che la giornata sarebbe stata ancora lunga. Accanto a lui, Mitch Bouyer appariva silenzioso, assorto nei suoi pensieri, probabilmente in cerca delle parole giuste per raccontare a Custer l'esito dell'attacco di Reno. Quello che avevano visto dalla cima della collina, aveva lasciato entrambi senza fiato. Le giacche blu erano in fuga attraverso il Little Bighorn inseguiti da sciami di Sioux. C'erano ovunque cavalli e uomini morti sulle sponde del fiume. Coloro che erano riusciti nel guado cercavano di raggiungere la sommità una collina, dove altri soldati si stavano raggruppando. Curly vedeva i cavalli arrancare sulle scivolose sponde del fiume ed i loro cavalieri precipitare in acqua, chi disarcionato, chi colpito dal fuoco Sioux. Chi aveva perduto il cavallo cercava di farsi caricare dai compagni, o si metteva a correre su per la collina sotto il fuoco nemico. Curly ne vide uno cadere colpito e rotolare in basso a pochi passi dai suoi compagni e dalla salvezza.

Sembravano tante formiche spaventate che correvano impazzite verso il loro rifugio.

Curly non sapeva come il generale Custer avrebbe preso la notizia, né come avrebbe agito. Aveva congedato lui, Bouyer ed i suoi compagni Absaroka appena avvistato il campo, il loro compito era esaurito, ma Curly era rimasto a fianco di Bouyer: voleva partecipare alla battaglia.

Man mano che la distanza diminuiva, riuscivano a distinguere sempre meglio la colonna dei soldati. Gli uomini erano ricoperti da un'uniforme strato di polvere che li rendeva indistinguibili uno dall'altro. E tutti, uomini e animali apparivano sfiniti dalla marcia cui Custer li aveva costretti per due giorni e una notte. Tutto per arrivare lì.

Quando ebbero raggiunto la colonna, Mitch avanzò deciso verso Custer mentre Curly fermò il suo cavallo un po' più indietro. Si ritrovò ancora una volta a guardare lo spettacolo del campo indiano che sorgeva sul Little Big Horn. Sembrava che sul manto erboso fosse stata stesa una gigantesca coperta formata da un numero infinito di tende di pelle di bisonte. Pochi metri più in là, intanto, Il generale discuteva animatamente con Bouyer mentre gli altri ufficiali assistevano in silenzio. Custer sembrava indignato e continuava a strattonare nervosamente le briglie del cavallo, quasi volesse far danzare l'animale. Curly non aveva idea di che cosa si stessero dicendo, non capiva la lingua dei bianchi. Anzi non capiva i bianchi in nulla di quello che facevano. Non capiva, ad esempio, come mai lo chiamassero con il termine indiano. Cosa voleva dire? Perché usavano lo stesso nome per lui, per gli Arikara e per i Sioux? Lui era un Absaroka, un Corvo, ed i Sioux erano i suoi nemici naturali da sempre, così come erano nemici degli Shoshoni, degli Arikara, dei Pawnee e di molte altre genti della prateria. Un nemico formidabile, che i Corvi odiavano e temevano per il grande coraggio. Per anni si erano battuti in feroci scontri per rubarsi i cavalli a vicenda o per dimostrare il loro coraggio davanti alla propria tribù, poi improvvisamente, poco tempo prima, i Sioux erano saliti in gran numero a nord ed avevano sconfitto pesantemente gli Absaroka allontanandoli dai loro territori di caccia. Da allora, quando si parlava di quella guerra, gli uomini abbassavano la voce, ed i vecchi abbassavano lo sguardo.

Gli Absaroka volevano vendetta, volevano scacciare i Sioux ed i loro alleati Cheyenne da quelle terre e l'uomo bianco aveva promesso di destinare la terra riconquistata ai Corvi. Forse erano false promesse, ma Arikara e Absaroka non potevano vincere Sioux e Cheyenne da soli, avevano bisogno delle armi dell'uomo bianco. Era per questo che erano qui. Ma adesso il grande campo oltre il fiume faceva davvero paura: troppo guerrieri dovevano vivere in quei grandi tepee, troppi anche per l'esercito dei bianchi.

Il soldati, intanto, cominciarono a muoversi in grossi gruppi che Curley distingueva perché avevano tutti i cavalli dello stesso colore. I primi gruppi puntarono decisamente verso la stretta gola che scendeva giù verso il fiume.

Curly rimase di sasso. Custer attaccava il campo! Possibile? Abbandonava così i suoi compagni, gli uomini in fuga verso la collina - formicaio? E gli altri uomini con le munizioni? Perché non li aspettava? C'erano troppi nemici là sotto!

Tra i primi soldati a muoversi c'era anche Mitch Bouyer. A Curly, Mitch piaceva, anche se era mezzo Sioux. Combatteva per la sua parte bianca, così come Curley e gli altri combattevano per la loro razza Absaroka. I soldati invece, combattevano per vivere, come gli avevano riposto con il linguaggio dei segni, e Curly non aveva capito. Le giacche blu venivano da posti diversi, molti non parlavano neppure la stessa lingua e non si capivano fra loro. Alcuni non dovevano essere molto più vecchi di lui, diciassettenne, e sembravano non conoscere nulla di quei posti o di chi stavano combattendo.

Curly smontò da cavallo e guardò quegli uomini scendere verso il fiume.  Accadde tutto in fretta. Vi fu la musica della tromba, la polvere sollevata dai cavalli e gli spari che provenivano dall'altra la riva del fiume. I cavalli dei soldati si muovevano con difficoltà nel fiume e gli uomini non riuscivano a sparare. Il fuoco dei guerrieri invece era precisissimo, Curly vide dei soldati colpiti cadere nel fiume. Si vedevano chiaramente gli sbuffi di fumo dalle canne dei fucili, gli schizzi d'acqua sollevata dai cavalli mentre la tromba continuava a squillare. Gli uomini si ritirarono dal fiume e cominciarono a risalire verso i compagni che li attendevano più in alto. Contemporaneamente, Curly vide un piccolo gruppo di nemici arrivare da sinistra e precipitarsi sui soldati. Vi fu ancora polvere, e ancora spari e grida e la musica della tromba che chiamava i soldati. In quel punto la visuale non era molto chiara e non si riusciva a vedere cosa stesse accadendo. Ma improvvisamente il fuoco cessò e il gruppo di Sioux si allontanò in fretta. Poi i soldati si ricongiunsero nel punto dove Curly li aveva raggiunti poco prima. Sbucarono sulla collina come un'apparizione Gli uomini coperti di polvere bianca e quelli con le divise rese nere dall'acqua. Un soldato era ferito e riusciva a stento a rimanere in sella. Due selle erano vuote.

Mitch Bouyer divideva un cavallo con un soldato, chiaramente aveva perso la sua cavalcatura nello scontro. Quando scese dall'animale, Mitch zoppicava, doveva essere ferito o forse era per via della caduta. Curly gli si avvicinò tenendo la sua cavalcatura per la briglia. Bouyer lo guardò in silenzio per un attimo, poi si tolse il cappello e si esaminò la gamba malconcia. Quando si rivolse a lui gli parlò molto lentamente, per essere più chiaro: "Curly, sei molto giovane e non sai niente di combattimenti. Se riesci a sfuggire ai Sioux, vai da Terry e digli che siamo stati tutti uccisi. Quell'uomo", disse indicando Custer, "non si fermerà davanti a niente. Ci sta portando dritti nel villaggio, dove ci sono troppi guerrieri per noi. Non abbiamo nessuna speranza".

Gli occhi dell'uomo erano un misto di tristezza e rassegnazione, a Curly ricordarono quelli di un cavallo che aveva avuto per molto tempo, quello su cui aveva imparato a cavalcare. Il giorno in cui si era azzoppato, Curly aveva dovuto ucciderlo, per non farlo più soffrire. Aveva puntato il fucile alla fronte dell'animale ed il suo sguardo era proprio come quello che aveva ora davanti. Come se l'animale, avesse intuito il suo destino. A Curly si era stretto qualcosa nel petto. Poi, dopo un attimo di esitazione aveva fatto fuoco. Adesso Mitch andava con i soldati, nonostante non ne avesse l'obbligo. Lui e gli altri esploratori, come aveva sottolineato lo stesso Custer, non erano lì per combattere ed avevano esaurito il loro compito trovando il campo. Ma Mitch andava ugualmente con i soldati e a Curly non riuscì di dirgli nulla. Strinse la mano che l'uomo gli tendeva e risalì a cavallo mentre gli uomini di Custer si dirigevano più in su, risalendo il corso del fiume.

 

Lo scout. Curly (1859-1923) si allontanò dal battaglione di Custer pochi attimi prima che accadesse l'irreparabile. Di tutto il 7mo Cavalleria, cui era aggregato come scout, fu l'unico a vedere parte della battaglia di Custer.

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In alto: Curly

In basso: Bouyer

 

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