Curly, il giovane scout
a lunga fila
dei soldato a cavallo si stagliava immobile nel verde della piana
sottostante. A Curly faceva venire in mente un lungo, grosso
serpente che impigriva al sole di quella caldissima giornata.
Solo in quella
che era la testa della colonna si notava qualche movimento di
cavalli che andavano avanti e indietro irrequieti, proprio nel punto
in cui esploratori e ufficiali stavano osservando, in basso, il
fiume ed il villaggio che vi era cresciuto vicino.
Curly cavalcava
a passo svelto, ma senza forzare il cavallo, sapeva che la giornata
sarebbe stata ancora lunga. Accanto a lui, Mitch Bouyer appariva
silenzioso, assorto nei suoi pensieri, probabilmente in cerca delle
parole giuste per raccontare a Custer l'esito dell'attacco di Reno.
Quello che avevano visto dalla cima della collina, aveva lasciato
entrambi senza fiato. Le giacche blu erano in fuga attraverso il
Little Bighorn inseguiti da sciami di Sioux. C'erano ovunque cavalli
e uomini morti sulle sponde del fiume. Coloro che erano riusciti nel
guado cercavano di raggiungere la sommità una collina, dove altri
soldati si stavano raggruppando. Curly vedeva i cavalli arrancare
sulle scivolose sponde del fiume ed i loro cavalieri precipitare in
acqua, chi disarcionato, chi colpito dal fuoco Sioux. Chi aveva
perduto il cavallo cercava di farsi caricare dai compagni, o si
metteva a correre su per la collina sotto il fuoco nemico. Curly ne
vide uno cadere colpito e rotolare in basso a pochi passi dai suoi
compagni e dalla salvezza.
Sembravano
tante formiche spaventate che correvano impazzite verso il loro
rifugio.
Curly non
sapeva come il generale Custer avrebbe preso la notizia, né come
avrebbe agito. Aveva congedato lui, Bouyer ed i suoi compagni
Absaroka appena avvistato il campo, il loro compito era esaurito, ma
Curly era rimasto a fianco di Bouyer: voleva partecipare alla
battaglia.
Man mano che la
distanza diminuiva, riuscivano a distinguere sempre meglio la
colonna dei soldati. Gli uomini erano ricoperti da un'uniforme
strato di polvere che li rendeva indistinguibili uno dall'altro. E
tutti, uomini e animali apparivano sfiniti dalla marcia cui Custer
li aveva costretti per due giorni e una notte. Tutto per arrivare
lì.
Quando ebbero
raggiunto la colonna, Mitch avanzò deciso verso Custer mentre Curly
fermò il suo cavallo un po' più indietro. Si ritrovò ancora una
volta a guardare lo spettacolo del campo indiano che sorgeva sul
Little Big Horn. Sembrava che sul manto erboso fosse stata stesa una
gigantesca coperta formata da un numero infinito di tende di pelle
di bisonte. Pochi metri più in là, intanto, Il generale discuteva
animatamente con Bouyer mentre gli altri ufficiali assistevano in
silenzio. Custer sembrava indignato e continuava a strattonare
nervosamente le briglie del cavallo, quasi volesse far danzare
l'animale. Curly non aveva idea di che cosa si stessero dicendo, non
capiva la lingua dei bianchi. Anzi non capiva i bianchi in nulla di
quello che facevano. Non capiva, ad esempio, come mai lo chiamassero
con il termine indiano. Cosa voleva dire? Perché usavano lo stesso
nome per lui, per gli Arikara e per i Sioux? Lui era un Absaroka, un
Corvo, ed i Sioux erano i suoi nemici naturali da sempre, così come
erano nemici degli Shoshoni, degli Arikara, dei Pawnee e di molte
altre genti della prateria. Un nemico formidabile, che i Corvi
odiavano e temevano per il grande coraggio. Per anni si erano
battuti in feroci scontri per rubarsi i cavalli a vicenda o per
dimostrare il loro coraggio davanti alla propria tribù, poi
improvvisamente, poco tempo prima, i Sioux erano saliti in gran
numero a nord ed avevano sconfitto pesantemente gli Absaroka
allontanandoli dai loro territori di caccia. Da allora, quando si
parlava di quella guerra, gli uomini abbassavano la voce, ed i
vecchi abbassavano lo sguardo.
Gli Absaroka
volevano vendetta, volevano scacciare i Sioux ed i loro alleati
Cheyenne da quelle terre e l'uomo bianco aveva promesso di destinare
la terra riconquistata ai Corvi. Forse erano false promesse, ma
Arikara e Absaroka non potevano vincere Sioux e Cheyenne da soli,
avevano bisogno delle armi dell'uomo bianco. Era per questo che
erano qui. Ma adesso il grande campo oltre il fiume faceva davvero
paura: troppo guerrieri dovevano vivere in quei grandi tepee, troppi
anche per l'esercito dei bianchi.
Il soldati,
intanto, cominciarono a muoversi in grossi gruppi che Curley
distingueva perché avevano tutti i cavalli dello stesso colore. I
primi gruppi puntarono decisamente verso la stretta gola che
scendeva giù verso il fiume.
Curly rimase di
sasso. Custer attaccava il campo! Possibile? Abbandonava così i suoi
compagni, gli uomini in fuga verso la collina - formicaio? E gli
altri uomini con le munizioni? Perché non li aspettava? C'erano
troppi nemici là sotto!
Tra i primi
soldati a muoversi c'era anche Mitch Bouyer. A Curly, Mitch piaceva,
anche se era mezzo Sioux. Combatteva per la sua parte bianca, così
come Curley e gli altri combattevano per la loro razza Absaroka. I
soldati invece, combattevano per vivere, come gli avevano riposto
con il linguaggio dei segni, e Curly non aveva capito. Le giacche
blu venivano da posti diversi, molti non parlavano neppure la stessa
lingua e non si capivano fra loro. Alcuni non dovevano essere molto
più vecchi di lui, diciassettenne, e sembravano non conoscere nulla
di quei posti o di chi stavano combattendo.
Curly smontò da
cavallo e guardò quegli uomini scendere verso il fiume. Accadde
tutto in fretta. Vi fu la musica della tromba, la polvere sollevata
dai cavalli e gli spari che provenivano dall'altra la riva del
fiume. I cavalli dei soldati si muovevano con difficoltà nel fiume e
gli uomini non riuscivano a sparare. Il fuoco dei guerrieri invece
era precisissimo, Curly vide dei soldati colpiti cadere nel fiume.
Si vedevano chiaramente gli sbuffi di fumo dalle canne dei fucili,
gli schizzi d'acqua sollevata dai cavalli mentre la tromba
continuava a squillare. Gli uomini si ritirarono dal fiume e
cominciarono a risalire verso i compagni che li attendevano più in
alto. Contemporaneamente, Curly vide un piccolo gruppo di nemici
arrivare da sinistra e precipitarsi sui soldati. Vi fu ancora
polvere, e ancora spari e grida e la musica della tromba che
chiamava i soldati. In quel punto la visuale non era molto chiara e
non si riusciva a vedere cosa stesse accadendo. Ma improvvisamente
il fuoco cessò e il gruppo di Sioux si allontanò in fretta. Poi i
soldati si ricongiunsero nel punto dove Curly li aveva raggiunti
poco prima. Sbucarono sulla collina come un'apparizione Gli uomini
coperti di polvere bianca e quelli con le divise rese nere
dall'acqua. Un soldato era ferito e riusciva a stento a rimanere in
sella. Due selle erano vuote.
Mitch Bouyer
divideva un cavallo con un soldato, chiaramente aveva perso la sua
cavalcatura nello scontro. Quando scese dall'animale, Mitch
zoppicava, doveva essere ferito o forse era per via della caduta.
Curly gli si avvicinò tenendo la sua cavalcatura per la briglia.
Bouyer lo guardò in silenzio per un attimo, poi si tolse il cappello
e si esaminò la gamba malconcia. Quando si rivolse a lui gli parlò
molto lentamente, per essere più chiaro: "Curly, sei molto giovane e
non sai niente di combattimenti. Se riesci a sfuggire ai Sioux, vai
da Terry e digli che siamo stati tutti uccisi. Quell'uomo", disse
indicando Custer, "non si fermerà davanti a niente. Ci sta portando
dritti nel villaggio, dove ci sono troppi guerrieri per noi. Non
abbiamo nessuna speranza".
Gli occhi
dell'uomo erano un misto di tristezza e rassegnazione, a Curly
ricordarono quelli di un cavallo che aveva avuto per molto tempo,
quello su cui aveva imparato a cavalcare. Il giorno in cui si era
azzoppato, Curly aveva dovuto ucciderlo, per non farlo più soffrire.
Aveva puntato il fucile alla fronte dell'animale ed il suo sguardo
era proprio come quello che aveva ora davanti. Come se l'animale,
avesse intuito il suo destino. A Curly si era stretto qualcosa nel
petto. Poi, dopo un attimo di esitazione aveva fatto fuoco. Adesso
Mitch andava con i soldati, nonostante non ne avesse l'obbligo. Lui
e gli altri esploratori, come aveva sottolineato lo stesso Custer,
non erano lì per combattere ed avevano esaurito il loro compito
trovando il campo. Ma Mitch andava ugualmente con i soldati e a
Curly non riuscì di dirgli nulla. Strinse la mano che l'uomo gli
tendeva e risalì a cavallo mentre gli uomini di Custer si dirigevano
più in su, risalendo il corso del fiume.
|