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A cura di Sergio Mura

L'incidente

A

nno dopo anno – a partire da quei primi mesi del 1851 – i Sioux furono chiari nell’esigere la loro libertà di fare la guerra ai Crow ed ai Pawnee e di non avere bianchi portatori di malattie tra i piedi. Eppure gli agenti nascondevano questa situazione, continuando a consegnare una piccola parte delle “annualità” del Governo – facendosi firmare la ricevuta! – e trattenendo il resto per i propri loschissimi traffici.

Nel corso del consiglio di Horse Creek (Fort Laramie) del 1851 vennero anche definite le dimensioni e collocazioni delle terre delle varie tribù e, nel caso dei Sioux, i bianchi arrivarono persino a nominare un “grande capo” che li rappresentasse negli incontri con i rappresentanti del “Grande Padre” di Washington. Tutto questo ebbe il solo effetto di produrre lacerazioni tra gli indiani che non potevano o sapevano riconoscere una figura politica del genere.

Con l’arrivo delle truppe a Fort Laramie gli indiani Oglala impiegarono poco tempo a comprendere che quei soldati non erano stati mandati – come gli era stato detto al gran consiglio – “per proteggere le tribù dalle devastazioni degli emigranti”, ma per dominare loro, i padroni di tutte quelle terre! L’agente Thomas Fitzpatrick per le zone dell’Upper Platte ed Arkansas protestò contro l’invio dei soldati di fanteria, comprendendo al volo i grandi rischi che si sarebbero corsi da quel momento in poi. “Meglio sarebbe – scrisse – inviare due diversi distaccamenti di cavalleria capaci di ben impressionare gli indiani e in grado di spostarsi con rapidità, risultando alfine davvero utili.”

Il primo incidente serio non tardò troppo a verificarsi. Infatti, nel giugno del 1853  migliaia di indiani (500 o 600 tende) erano accampati presso Fort Laramie in attesa delle “annualità” ed uno di loro – per motivi onestamente sconosciuti – sparò ad un soldato che stava su una barca a remi usata come traghetto sul fiume. Nel forte vi erano allora solo venti uomini dei quali quattro furono inviati tra gli indiani ad arrestare il colpevole. Dal campo indiano partì uno sparo contro il gruppetto di militari che risposero al fuoco. Alla fine del combattimento restarono uccisi ben 5 Sioux. Qualche giorno dopo gli indiani sterminarono una famiglia di emigranti creando il panico tra le carovane in transito.

L’agente indiano riuscì a rasserenare l’animo degli indiani che però dissero chiaramente di non volere più i soldati nelle loro terre e di non voler più sapere niente del trattato del 1851 (di cui avrebbero dovuto firmare alcuni emendamenti apportati nascostamente dal Governo Americano).

A complicare le cose si mise un interprete, grande ubriacone, che invece di fare il proprio lavoro, passava il suo tempo ad insultare pesantemente gli indiani ed a sobillare i giovani ufficiali che avrebbero dovuto pensare a fare la guerra contro gli indiani.

 

Trattato. Nel corso del consiglio di Horse Creek (Fort Laramie) del 1851 vennero anche definite le dimensioni e collocazioni delle terre delle varie tribù e, nel caso dei Sioux, i bianchi arrivarono persino a nominare un “grande capo” che li rappresentasse negli incontri con i rappresentanti del “Grande Padre” di Washington.

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Fort Laramie nel 1858

 

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