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Approfondimento storico e montaggio di Maurizio Biagini

La storia

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 l di là di tutto Piccolo Grande Uomo è un romanzo storico che ripercorre le guerre indiane e la fine della frontiera, con l'avvento delle ferrovie e la distruzione sistematica di milioni di bisonti. Berger decide di raccontare tutto dando voce ad uno dei protagonisti ed, ispirandosi al libro Alce nero parla, utilizza come struttura narrativa una lunga intervista che culmina con l'ascesa ad una montagna e con il protagonista che consegna al grande spirito una sorta di testamento spirituale, proprio come fa il vecchio Cotenna di Bisonte nel finale del romanzo.

Storicamente il romanzo, nonostante tutte le trovate umoristiche, è impeccabile e, specie nel finale durante la battaglia del Little Big Horn, appassionante per la fedele ricostruzione dei personaggi (scout, guide indiane, ufficiali) e per tutti i momenti della battaglia, con i movimenti dei plotoni e degli indiani, fino all'ultima resistenza sulla "Collina di Custer".

La follia di Custer, circondato dagli indiani, in vana attesa del soccorso di Benteen, è ovviamente immaginaria, ma nel romanzo è molto più circoscritta e narrata da Berger con fine psicologia.

Lo scrittore tesse la sua storia immaginaria sulla tela solida della storia reale, ricostruendo, là dove non esistono testimonianze, un molto presumibile finale della sanguinosa battaglia e includendo molti  particolari realistici (le cavalcature dai colori diversi a seconda dei plotoni, gli Springfield che si inceppano surriscaldati, i cavalli abbattuti per fare barricata contro il nemico) che rendono avvincente e credibile la fine della sua storia.

Diversamente si comporta il regista Penn. La battaglia del Little Big Horn è una sorta di farsa con Custer che assomiglia a Buffalo Bill in una rappresentazione circense e che dà segni di squilibrio per quasi tutta la pellicola. Storicamente di quel fatto bellico non c'è niente di attendibile: le truppe non vengono divise per l'attacco a sorpresa, il generale ha ripetuti scambi di vedute con un maggiore storicamente inesistente e che viene ucciso con lui, l'ultima resistenza è tirata via, con i soldati che sembrano pochissimi e la battaglia si risolve in pochi attimi, quasi una rappresentazione storica come quella che viene fatta ogni anno in Montana in occasione del 25 giugno.

Alla fine Custer viene ucciso da due frecce alla schiena (anche questo è inventato di sana pianta) mentre delira contro il Presidente Grant che lui scambia per Crabb e che decide di uccidere.

Probabilmente questa versione farsesca della battaglia, è stata scelta di proposito dal regista per smitizzare ulteriormente il mito del generale e quello della storia del west.

Un' ultima analisi sulla frase che nel film termina il racconto del protagonista: per gli indiani il concetto per sempre non esisteva, ed allora i trattati di pace che assegnavano la terra delle riserve agli indiani garantivano che ciò che era loro sarebbe rimasto tale "finché gli elementi della loro madre terra sarebbero rimasti al loro posto."

In uno dei famosi trattati, del 1868 fu scritto che l'immenso territorio concesso ai Lakota che non volevano entrare nelle riserve sarebbe stato proprietà indiana fino a "quando ci saranno bisonti in numero sufficiente per giustificarne la caccia".

Sembra che il generale Sherman, nell'udire le condizioni del trattato avesse detto: "Vuol dire che dovremo mandare molti cacciatori bene armati per sterminare in fretta i bisonti".

Alla fine del secolo, la cifra totale dei bisonti che nel 1850 era stata calcolata in 50 milioni, era ridotta a meno di mille capi.

 

Grandioso. L'artifizio letterario su cui si basa è il racconto di un ultracentenario uomo della frontiera in una lunghissima intervista che ripercorre gli anni caldi del Far West e termina nel 1876, dopo la battaglia del Little Big Horn che l'uomo, Jack Crabb, afferma aver vissuto in prima persona, scampando miracolosamente alla morte.

 

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