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Il Pony Express

E

ccolo che arriva! “In fondo alla piatta e sterminata distesa della prateria si  materializza contro il cielo un puntino che avanza verso di noi ad andatura travolgente. Si levano grida, acclamazioni e poi cavallo e cavaliere    sfrecciano davanti ai nostri volti eccitati e si allontanano come una sorta di  uragano in miniatura”. Così lo scrittore Mark Twain, in viaggio nel West, descrive il passaggio di un corriere del Pony Express. E cosi oggi se lo immaginano tutti, ventre a terra, Ia tesa del cappello rialzata all’indietro dal vento, lanciato a briglia sciolta verso l’orizzonte.

Dal Missouri alla California, passando per il Kansas, il Wyoming, un pezzetto del Colorado, il Nebraska, lo Utah e il Nevada, in dieci giorni (indiani, banditi, bufere e altri incidenti di percorso permettendo), lungo 3.050 chilometri e 157 stazioni di posta. Dura poco più di 18 mesi, il servizio postale a cavallo del West, poi diventa leggenda.

L’avventura inizia il tre aprile 1860, alle cinque della sera, a St. Joseph, al confine tra Missouri e Kansas. Un cannone piazzato accanto all’ufficio della compagnia del Pony Express spara una salva dando il via al corriere in camicia rossa, pantaloni blu e stivali, che inizia Ia sua galoppata verso la California.

Secondo alcune versioni si chiamava Billy Richardson, secondo altre Johnny Fry, il primo Pony Express diretto verso l’Ovest. E uno degli 80 giovani scelti tra i candidati che hanno risposto all’annuncio pubblicato dagli organizzatori della Compagnia su tutti i giornali della frontiera: “Cerchiamo giovani magri e resistenti, al massimo diciottenni. Devono saper cavalcare benissimo ed essere disposti a rischiare la vita ogni giorno. Preferiamo orfani”.

Non c’é che dire: l’inserzione non nasconde affatto la pericolosità di quel lavoro. Tra gli 80 prescelti c’è un ragazzo quindicenne orfano di padre, William Frederick Cody, che pochi anni dopo diventerà il famoso Buffalo Bill. C’é chi dice che anche James Butler Hickok, il futuro pistolero Wild Bill Hickok, abbia fatto il corriere, ma in realtà lui si deve accontentare di fare l’impiegato in una delle stazioni di posta perché supera il peso limite di 55 chili. 

0gni corriere deve giurare di non bestemmiare, non ubriacarsi, non giocare d’azzardo, non maltrattare i cavalli non violare i diritti dei cittadini e degli indiani (bontà loro). Alla Compagnia dovevano avere a cuore l’integrità morale e religiosa dei cavalieri perché ognuno di loro riceve in dono una Bibbia “per difendersi dall’immoralità”. Senz’altro più graditi un paio di pistole Colt e un fucile “per difendersi dagli indiani bellicosi”. Ma i fucili sono poco maneggevoli, ingombrano sui veloci ponies e alla fine vengono messi da parte. 

A organizzare il servizio postale del Pony Express è un intraprendente uomo d’affari, William Hepburn Russell. E’ della stessa razza di uomini come John Butterfield che con le sue diligenze trasporta passeggeri e posta dall’est alla California e viceversa. 0 come Henry Wells e William Fargo che hanno fatto soldi a palate con i servizi postali espressi e che nel 1850 hanno fuso le loro società con quella di Butterfield dando vita all’American Express Company. Assieme ai suoi soci, Alexander Majors e William Waddel, William Russell cerca da anni di ampliare il suo campo d’azione con il trasporto di posta e passeggeri, dopo essersi arricchito con quello di merci per il West. Il debutto, però, non è dei più felici. Mette in piedi una Compagnia di cinquanta diligenze Concord, che diventerà poi la Central Overland California & Pike’s Peak Express Company, per soddisfare le esigenze dei cercatori affluiti nel Colorado dopo la scoperta di giacimenti d’oro e d’argento. Ma s’indebita fino al collo. Da buon affarista qual è mette gli occhi su un altro affare. Nel 1860 vive a occidente delle Montagne Rocciose quasi mezzo milione di americani, in gran parte in California. Da tempo i californiani chiedono un servizio postale, soprattutto perché mancano notizie dall’Est. Una nave da New York o da Boston impiega sei settimane per arrivare a San Francisco mentre le diligenze di Butterfield, via El Paso (Texas), New Mexico e Arizona, ce ne mettono tre. Russell va a Washington, vuole ottenere un contratto per un servizio postale rapido. Nella capitale trova un alleato nel  senatore William Gwin della California.

Nel gennaio 1860 l’accordo è fatto e il senatore promette finanziamenti per il progetto. Di sicuro il ministro della guerra, John Floyd, firma per Russell fidi bancari: alla luce dei fatti successivi niente altro che promesse di pagare in base a eventuali contratti tra il ministero della guerra e le società di Russell.

In tre mesi il progetto diviene realtà. In meno di 60 giorni vengono acquistati oltre 400 cavalli di razza, sono allestite 157 stazioni di posta distanti da otto a 40 chilometri l’una dall’altra. Sono reclutati corrieri e gli uomini addetti alle stazioni.

Nella prima corsa per l’Ovest vengono impiegati 75 cavalli. In quell’occasione il corriere trasporta 25 lettere, tariffa di cinque dollari ogni mezza oncia. 

All’inizio le partenze da e per la California avvengono una volta alla settimana poi diventano bisettimanali. Quando si sparge la notizia della regolarità e della speditezza del servizio, le lettere aumentano. Per risparmiare, la gente comincia a scrivere le proprie missive su fogli di carta velina. I giornali pubblicano edizioni speciali con carta più sottile e più leggera del solito.

La posta viene messa nella mochila messicana, una borsa di pelle con quattro sacche distinte. Un foro al centro permette di assicurarla al perno della sella in modo che quando il corriere è a cavallo ha una tasca davanti e una dietro per ogni gamba. Quando si effettua il cambio dei cavalli bastano pochi secondi per trasferire la mochila da una sella all’altra. Tre delle tasche sono generalmente chiuse ai punti di partenza e soltanto in cinque stazioni lungo il percorso possono venire aperte per aggiungere o togliere lettere. Nella quarta tasca c’é posta locale e può essere aperta da ogni capostazione. 

E’ possibile inviare a St. Joseph, che già è stata raggiunta da una linea telegrafica, messaggi provenienti da qualsiasi città degli stati orientali che poi saranno portati a destinazione dal Pony Express.

Nel maggio 1860 i Paiute scendono sul sentiero di guerra contro gli uomini bianchi che hanno invaso le loro terre. Un vasto territorio che comprende parte del Nevada e una fetta dello Utah diventa insicuro per i corrieri che lì hanno le loro stazioni, da Spring Valley (nello Utah) a Carson City (Nevada), vicino al Lago Tahoe. Molte stazioni sono assalite, assediate, alcune vengono bruciate e 20 impiegati e stallieri sono uccisi.

E' in questa poco rassicurante cornice che nel maggio del 1860 si svolge la famosa cavalcata di Pony Bob Haslam. Partito dalla Friday’s station, nei pressi del Lago Tahoe, arriva a Carson City e scopre che non ci sono cavalli freschi. Haslam prosegue, allora, fino a Buckland, dove finisce il tratto di percorso che gli è stato assegnato. Ma qui il collega che deve dargli il cambio si rifiuta di partire a causa delle scorrerie indiane. Per 50 dollari di premio, Pony Bob accetta di fare anche il percorso del suo compagno e, dopo una sosta di dieci minuti, è di nuovo in sella, percorrendo 305 chilometri in 18 ore e stabilendo un primato. Ma l’avventura di Pony Bob non è finita. Ritornando con la posta per l’Ovest scopre che una delle stazioni in cui deve cambiare il cavallo, Cold Springs, è stata assalita dagli indiani e bruciata, il gestore ucciso e i cavalli razziati. Haslam fa quindi tappa per Sand Springs, malgrado il suo pony sia ormai stanco, e poi prosegue per Buckland. Qui non c’è nessuno che può sostituirlo e allora, spinto da un ulteriore premio, raggiunge Friday’s station, dove la sua cavalcata termina. Haslam ha galoppato per 610 chilometri e il ritardo sull’orario previsto è solo di qualche ora.

La storia del Pony Express si sviluppa tra mito e realtà e spesso le vicende acquistano il sapore della leggenda. E’ un fatto, comunque, che adesso le notizie dall’Est giungono in dieci giorni a Sacramento e da lì arrivano a San Francisco, sette ore dopo con un battello a vapore. I californiani si sentono più vicini alla nazione.

Ma per il Pony Express i giorni sono contati. Il cavaliere più resistente e audace, il cavallo più veloce e forte possono fare ben poco con il nuovo rivale entrato in lizza. Qualche mese dopo la nascita della creatura di Russell, infatti, squadre di operai cominciano a piantare i pali della prima linea telegrafica transcontinentale.

Il Congresso degli Stati Uniti ha deciso la costruzione di una linea telegrafica attraverso il West. Il 16 giugno 1860 sono stanziati i fondi per il completamento della linea tra Omaha e la California. Il 22 settembre è stipulato il contratto con due compagnie concorrenti che, in una specie di gara per accaparrarsi introiti più cospicui, avanzeranno rispettivamente a Est dalla California e a Ovest dal Missouri.

William Russell è nei guai. Ha investito 700 mila dollari nell’impresa. Sa perfettamente che il suo servizio postale non può competere con il telegrafo. E’ indebitato fino al collo, si profila la bancarotta. Corre a Washington perché le cambiali del suo amico Floyd, il ministro della guerra, stanno per andare in protesto e si profila un grande scandalo. Tanto briga e complotta che alla fine trova un funzionario del ministero degli Interni, Godard Bailey, parente di Floyd, che gli cede un cospicuo pacchetto di azioni dell’lndian Trust Fund (le annualità non pagate agli indiani). Con quelle azioni Russell paga in extremis le cambiali di Floyd, ma è di nuovo con l’acqua alla gola e ricorre nuovamente a Bailey. II giochetto dura fino a dicembre: complessivamente i due malversatori si appropriano di azioni dell’Indian Trust Fund per un milione di dollari destinati alle tribù  indiane, una cifra da capogiro, nel 1860. Russell è arrestato, il ministro Floyd si dimette e la primavera successiva diventerà generale dell’esercito confederato. Quanto a Bailey, sparisce dalla circolazione.

Intanto i lavori per il telegrafo vanno avanti speditamente. Il 18 ottobre 1861 Ia squadra proveniente dall’Est arriva con il suo cavo alla i Città dei Santi, Salt Lake City (Utah), la capitale dei Mormoni, e si aggiudica così il denaro del premio. Sei giorni dopo giunge la squadra della California. 

E’ il 24 ottobre: il tasto ticchettante del telegrafo invia dalla California il messaggio del governatore, dall’altra parte risponde il presidente Abraham Lincoln. Pochi istanti per arrivare a destinazione, percorrendo lo spazio che i cavalieri del Pony Express impiegano giorni per coprire.

Il 26 ottobre compaiono brevi articoli sui giornali: “Da oggi cessa il servizio del Pony Express”. C’é la guerra civile in corso, ci sono notizie più importanti. Il Pony Express ha finito le sue corse, ucciso dall’invenzione di Samuel Morse.

 

Galoppata. Dal Missouri alla California, passando per il Kansas, il Wyoming, un pezzetto del Colorado, il Nebraska, lo Utah e il Nevada, in dieci giorni (indiani, banditi, bufere e altri incidenti di percorso permettendo), lungo 3.050 chilometri e 157 stazioni di posta.

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