Tattica
a tattica è il modo in cui si affronta la
battaglia e possiamo suddividerla in quattro fasi: ricognizione,
spiegamento, battaglia, inseguimento o disimpegno. La ricognizione è
la fase iniziale della battaglia, quella in cui il comandante entra
a conoscenza della composizione del terreno, cioè se vi siano fiumi,
colli, boschi o altro e delle forze nemiche.
Ovviamente, più cose si conoscono del nemico
meglio è. A questo scopo durante la guerra civile veniva utilizzata
la cavalleria, che aveva abbandonato la funzione d’urto, che le era
precedentemente affidata, per una serie di ragioni che analizzeremo
in seguito. Una volta effettuata la ricognizione il comandante
creava i suoi piani. Solitamente la ricognizione avveniva il giorno
prima della scontro e i piani venivano formulati durante la notte,
infatti le battaglie d’incontro - ovvero quelle in cui i due
eserciti si trovarono praticamente per caso sul campo di battaglia
(come a Gettysburg) - furono rare.
Ora vediamo i particolari dell’impiego tattico
delle tre armi (fanteria, cavalleria e artiglieria) sul campo di
battaglia.
Alla fine del 1700 la tattica comunemente
usata era quella in linea in cui gli eserciti, ordinati in lunghe
file a volte anche di alcuni chilometri, avanzavano l’una contro
l’altra, baionetta in canna, fino a pochi metri l’una dall’altra,
dopo di che sparavano una bordata di fila, e attaccavano alla
baionetta. Questo era dovuto alla scarsa potenza dei fucili ad anima
liscia allora in uso; queste armi erano poco più che manici per
baionette, in quanto il loro raggio d’azione era vistosamente
limitato e sulle distanze superiori ai 100 metri difficilmente un
colpo sparato da un moschetto in uso alla fanteria napoleonica
faceva molto danno. Da qui l’uso dell’attacco di massa che venne
utilizzato soprattutto dagli eserciti rivoluzionari e napoleonici
visto che il numero di soldati era enorme rispetto all’età
precedente (e, soprattutto nei primi tempi, l’addestramento non era
certo il massimo).
Nella guerra civile non fu possibile fare così,
soprattutto perché erano cambiate le armi. La maggior parte dei
fucili a disposizione dei soldati non erano più i vecchi fucili di
napoleonica memoria, ma nuove armi rigate, notevolmente più potenti
e precise; questa fu la rivoluzione tattica del 1800, lezione che
non fu appresa pienamente se non dopo la seconda guerra mondiale.
Col fucile rigato un terreno con una lieve
pendenza e senza angoli morti, diventò imprendibile con una carica
vecchio stile, dal momento che le truppe attaccanti si trovano ad
essere falcidiate dal fuoco nemico per un largo tratto di strada. Ed
è esattamente questo quello che successe a Gettysburg con la carica
di Pickett. Ovviamente questa rivoluzione colpì tutti. L’artiglieria
poteva, anzi, doveva essere schierata più lontana; doveva, perché in
caso contrario finiva sotto il fuoco diretto dei fucilieri nemici,
come successe all’artiglieria unionista a First Manassas. Secondo i
dettami tattici dell’epoca, l’artiglieria doveva essere avvicinato
il più possibile alla linea nemica per appoggiare l’attacco dei
fanti.
Chi dovette cambiare maggiormente fu la
cavalleria. Le cariche in stile napoleonico non erano più possibili
ed i cavalleggeri da forza d’urto dovettero trasformarsi in forza di
copertura e ricognizione. Il loro compito era forare quella che
viene chiamate “nebbia della guerra”, ovvero compiere la
ricognizione, effettuare incursioni a lungo raggio contro depositi
nemici, confondere le idee all’avversario. Certo, qualche carica
vecchio stile ci fu, soprattutto da parte unionista. Custer vi
ricorreva piuttosto spesso, ma divennero eventi sporadici.
L’inseguimento o il disimpegno sono le fasi
conclusive della battaglia; il vincitore deve continuare a colpire
il nemico in fuga mentre cerca di non perdere la testa e di non
disorganizzarsi per evitare che la sconfitta si trasformi in una
vera e propria catastrofe biblica.
Non esiste una formula tattica certa con cui
vincere una battaglia, dal momento che la guerra non è, come ad
esempio pensava Mcclellan, “il prodotto di fattori”, ma è sottoposta
all’insindacabile giudizio del caso, che è l’unico arbitro assoluto.
Un fiume in piena può mandare all’aria il migliore dei piani.
Ovviamente non bisogna dimenticare che si comandano uomini passibili
di errori e capaci – ovviamente - di commettere le più grosse
idiozie anche per futili motivi, non ultimo l’orgoglio personale.
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