John Wesley Hardin
ome Billy the Kid, Wild Bill Hickok e molti altri gun-men del
vecchio west, John Wesley Hardin fu un enfant prodige nel maneggio
delle armi da fuoco. In questo desperado pistolero, avvocato e
teologo, una specie di eroe per i texani e per il resto dell’America
un sicario leggendario, notevole era l’incredibile abilità nell’uso
delle armi. Un autentico mago della sei colpi, avrebbe potuto
guadagnarsi da vivere in un circo sparando colpi impossibili per i
comuni mortali.
Si dice che la sua pistola avesse quaranta tacche incise sul calcio.
Le tacche sono probabilmente pura invenzione, ma il record è
presumibilmente vero perché, tra i tanti pessimi individui che
circolavano nell’0vest, John Wesley Hardin era l’assassino più
feroce.
Ormai non più giovane, sulla quarantina, Wes era ancora capace di
strappare l’applauso di un esperto come Jeff Milton, sceriffo di El
Paso, il quale, dopo averlo visto in azione, disse: “Hardin è l’uomo
più veloce con la pistola che io abbia mai visto”.
Le pistole di Hardin facevano a tal punto parte di lui che egli le
estraeva e le usava con la stessa rapidità di riflessi che un uomo
normale impiega a chiudere gli occhi quando qualcosa li minaccia.
Tale rapidità non gli lasciava tempo per meditare su ciò che stava
facendo: la sua non era emotività eccessiva né paura, ma una pura e
semplice reazione al pericolo. Il bersaglio poteva essere un
serpente, un indiano, o un uomo dai riflessi simili ai suoi ma
regolarmente meno veloci.
Nato nel 1853 a Bonham (Texas) figlio di un pastore metodista, era
ancora un bambino allo scoppio della guerra civile. Su di lui
profondo fu l’effetto che il conflitto ebbe sul Sud e in particolare
sul Texas dopo la sconfitta della Confederazione nel 1865. Come
molti suoi contemporanei Hardin odiava i neri e quando l’esercito
dell’Unione sostenuto dai politici, e più tardi l’odiata polizia di
Stato, li impiegarono per mantenere l’ordine, i problemi furono
inevitabili.
Il primo assassinio registrato di Hardin fu quello di un negro, un
certo Mage, che “voleva colpirlo con un grosso bastone”: ma il
bastone era un’arma troppo primitiva per le Colt del quindicenne Wes
Hardin. Non contento di questo, Hardin fece fuori anche tre soldati
di colore che avevano ricevuto l’ordine di arrestarlo. Poco dopo
assieme al cugino Simp Dixon fece fuori altri due soldati nordisti
nonché un certo Jim Bradley per questioni di debiti di gioco.
Venne arrestato per un omicidio non commesso, tuttavia mentre lo
trasportavano a Waco per il processo, riuscì a fuggire uccidendo a
sangue freddo l’agente che lo accompagnava. Venne catturato di nuovo
e di nuovo riuscì a fuggire non prima di aver fulminato i tre
soldati che lo avevano in consegna. Dunque prima di aver realmente
bisogno del rasoio per radersi, Wes Hardin aveva già una decina di
tacche sul calcio della sua Colt, senza naturalmente contare i
messicani e gli indiani uccisi accompagnando i fratelli Clements
lungo la pista del bestiame dal Texas fino ad Abilene nel 1871.
Fu qui che Wes Hardin incontrò l’unico uomo in grado di
fronteggiarlo: Wild Bill Hickok, a quel tempo sceriffo di Abilene.
Ben Thompson, altro noto pistolero proprietario assieme a Phil Coe
del “Bull’s Head Saloon”, in contrasto con Hickok, tentò di usare
Hardin contro il marshal.
Hardin fece orecchie da mercante e sebbene avesse promesso di
starsene tranquillo, riuscì comunque a stendere un uomo che pare non
avesse in simpatia i texani. Wes Hardin lasciò Abilene, ma tornò una
seconda volta qualche mese dopo. Qui accadde un fatto che non è
chiaro quanto appartenga alla realtà e quanto alla leggenda. Hickok,
deciso ad arrestare il giovane texano, pare gli chiedesse le
pistole. Wes Hardin gliele porse tenendole per la canna, ma quando
il marshal distese le mani per prenderle, le fece ruotare sul
guardiamano: un secondo dopo, Hickok guardava le bocche delle Colt
di Hardin che lo tenevano sotto tiro.
Sorge spontanea la domanda: chi dei due era più abile? Non lo
sapremo mai! Tra loro non ci fu mai uno scontro diretto anche perché
di certo si temevano a vicenda.
Tornato nel Texas, tra una sparatoria e l’altra, trovò il tempo di
sposare Jane Bowen. Nella primavera del 1872 trovò anche il tempo di
beccarsi un scarica di pallettoni all’uscita di un saloon da un tale
Phil Sublet e di essere arrestato dallo sceriffo Dick Reagan della
contea di Cherokee.
Hardin evase anche questa volta nascondendosi nella fattoria dei
cugini Clements nella contea di De Witt. Questa contea nota per la
ricchezza dei suoi pascoli, era anche nota per la faida che opponeva
i Sutton ai membri della famiglia Taylor. La faida durava ormai da
almeno venti anni: iniziata nella Carolina, si era spostata nella
Georgia, trasferendosi finalmente nella contea di De Witt per
l’ultimo e più sanguinoso atto. Dalla parte dei Sutton stavano
Shanghai Pierce, il grande allevatore, e Jack Helm lo sceriffo della
contea. Con i Taylor stavano i fratelli Clements e, a partire dal
1873, anche John Wesley Hardin.
La prima vittima di Hardin fu J.B.Morgan un aiutante dello sceriffo
Helm. L’aiuto sceriffo all’interno di un saloon di Cuero impose ad
Hardin di deporre le pistole. Wes Hardin con la velocità di un
fulmine gli piantò una pallottola sopra l’occhio sinistro. Ci
furono altre numerose uccisioni e allora lo sceriffo Jack Helm,
forse per cercare di raggiungere un accordo, invitò Hardin ad un
incontro nella bottega di un fabbro; Hardin accettò l’invito, ma
portò con se Jim Taylor.
A detta di Hardin, nella sua autobiografia, lo sceriffo tentò di
accoltellare Jim Taylor e lui di consequenza fu “costretto” a
scaricare la doppietta addosso allo sceriffo. Le vicende della faida
andarono avanti sino a quando nel 1874 Jim Taylor sorprese Bill
Sutton a New Orleans uccidendolo a sangue freddo. Dopo questo fatto,
Hardin lasciò la contea di De Witt e si stabilì con la moglie e la
figlia a Comanche senza che lo sceriffo locale John Karnes facesse
nulla per arrestarlo malgrado sul suo capo pendesse una grossa
taglia. Intervenne però, poco dopo, lo sceriffo Charles Webb della
contea di Brown. Qualcuno gli aveva detto che nella vicina Comanche
vivevano Wes Hardin e Jim Taylor. La sera del 26 maggio 1874, lo
sceriffo Webb si trovò faccia a faccia con Hardin presso il saloon
di Jack Wright. “Avete un mandato per arrestarmi?” chiese Wes Hardin.
Lo sceriffo negò e allora Hardin lo invitò a bere con lui. Nel
momento in cui i due uomini entravano nel saloon, lo sceriffo aveva
già estratto la pistola. Hardin, con una rapidità pressoché
incredibile, saltò da una parte, estrasse la pistola e piantò una
pallottola in testa a Webb.
Lo sceriffo era ormai la vittima numero 40 nella lista degli omicidi
di Hardin. L’assassinio di Charles Webb fu la goccia che fece
traboccare il vaso e segnò la fine del terrore instaurato da Hardin
e dai Taylor nella contea di De Witt dopo la distruzione della
famiglia Sutton.
Il circolo di paura e di omertà che aveva sempre protetto John
Wesley Hardin cominciò a spezzarsi.
La polizia statale del Texas, gli agenti della Pinkerton e persino i
Texas Rangers, si misero sulle tracce di Hardin che per tre anni
riuscì a sfuggire ad ogni ricerca spostandosi continuamente: New
Orleans, Georgia, Alabama, Florida. Un uomo, però, era alle calcagna
di Hardin, uno che non mollava mai la presa: John B.Armstrong dei
Texas Rangers.
Il 23 agosto 1877 alla stazione di Pensacola (Florida) John Wesley
Hardin venne arrestato e tradotto in treno nel Texas dove sarebbe
stato processato per l’assassinio di Charles Webb.
I giurati, dopo soltanto un’ora di seduta, dichiararono Wes Hardin
colpevole e lo condannarono a venticinque anni di lavori forzati
nella prigione di Huntsville. Trascorsero sedici anni, poi un
pomeriggio del febbraio 1894 le porte del carcere si aprirono
davanti al forzato n° 7109 che aveva ricevuto un condono per buona
condotta. Wes Hardin aveva quarant’anni ed era quindi ancora in
tempo a rifarsi una vita. Sua moglie Jane era morta due anni prima,
ma aveva due figli adolescenti cui pensare. In carcere, Hardin,
oltre a scrivere la sua biografia, si era dedicato agli studi legali
e per un certo tempo esercitò, con scarsi risultati, la professione
di avvocato.
Si stabilì a El Paso, ultima tappa della sua vita tormentata. Una
mattina la signora McRose della quale Hardin pare fosse infatuato,
venne arrestata per vagabondaggio dall’agente John Selman.
Hardin pagò la multa, ma pronunziò oscure minacce all’indirizzo
dell’agente.
Il 19 Aprile 1895 Wes Hardin entrò nel saloon “Acme”, bevve un
whisky, poi cominciò una partita a dadi con il barista. Alla seconda
mano, Hardin scosse i dadi, li fece ruzzolare sul banco e disse
sorridendo: “Quattro sei, è difficile che tu mi batta, amico".
Furono testualmente le sue ultime parole. Il vecchio John Selman,
padre dell’agente che aveva arrestato la signora McRose, gli era
scivolato alle spalle. Il proiettile di una Colt 45, sparato a
distanza ravvicinata, uccise sul colpo l’antico fuorilegge.
I giornalisti scrissero che non Selman, ma i tempi nuovi avevano
ucciso John Wesley Hardin, e forse avevano ragione. Selman non
sopravvisse a lungo al suo nemico. Venne ucciso poco tempo dopo da
George Scarborough a sua volta vittima di Harvey Logan ( Kid Curry
), un fuorilegge della banda di Butch Cassidy. Tra tutti i pistoleri
che avevano incrociato la strada di Wes Hardin, uno solo morì “senza
gli stivali ai piedi“: Jeff Milton che si spense serenamente
novantenne nella sua casa di Tucson nel 1947. Sembra ieri!
John Wesley Hardin è sepolto a El Paso presso il Concordia Cemetery,
a ovest dell’incrocio tra la I-10 e la US 54. |