Fuga dalle riserve apache
a maggior parte delle bande
Apache erano state chiuse in riserve e solo pochi sparuti gruppi
rimanevano in libertà. Gli Aravaipa del capo Eskiminzin si erano
arresi al tenente Royal Whitman che sistemò gli Indiani nei pressi
di un forte assumendoli per tagliare l'erba necessaria ai cavalli
dell'esercito. Nella zona di Tucson, a meno di cento chilometri da
Camp Grant, il forte attorno al quale vivevano questi Apache,
continuavano i furti, gli assassini, le scorrerie, e gli abitanti
della città, considerando gli Aravaipa i responsabili, decisero di
partire per una spedizione punitiva. L'occasione si presentò il
primo aprile 1870, quando, essendo il forte sguarnito di truppe, i
volontari civili riuscirono a compiere una strage tra gli innocenti
Aravaipa: furono uccise ottantacinque persone, tra cui solo otto
uomini, ventinove bambini furono presi prigionieri per essere
venduti ai Messicani come schiavi.
Whitman, avvertito in ritardo,
arrivò al forte solo per constatare l'avvenuta tragedia, e non gli
restò altro da fare che seppellire i cadaveri. Il gesto pietoso
servì a far tornare indietro molti Apache che si erano riparati in
zone circostanti. Il capo Eskiminzin, invece, rimase tra i monti e
riprese le azioni di violenza contro coloro i quali avevano ucciso
la sua gente. Solo dopo che il presidente Grant inviò un suo
ambasciatore a parlamentare con il capo, questi si arrese e fece
ritorno a Camp Grant, per poi essere trasferito, con tutta la sua
gente, e contro gli accordi stipulati, in una riserva sul fiume Gila.
Se questa fu la sorte degli Aravaipa di Eskiminzin, non molto
differente fu quella di altre tribù della zona.
I Chiricahua di Cochise vivevano
liberi tra i monti che portano ancora oggi il loro nome, a cavallo
degli Stati dell’Arizona e del Nuovo Messico, e, compiute le loro
scorrerie, si rifugiavano nel Messico, dove i soldati americani non
potevano seguirli. Non che in Messico fossero al sicuro: il governo
di quel paese, infatti, aveva dato disposizione che ogni scalpo
apache venisse ricompensato con trecento dollari. Si formarono così
vere e proprie bande di cacciatori di scalpi che non davano tregua
agli Indiani, i quali in questo modo dovevano scappare anche dal
Messico.
Rimasero comunque imprendibili in entrambi i territori.
Allora si tentò la strada diplomatica e nel 1871 gli Americani
convinsero gli Apache dei capi Victorio e Nana ad entrare in una
riserva. Anche Cochise accettò e chiese di rimanere tra le sue
montagne. In un primo tempo la sua richiesta fu accolta, ma, pochi
mesi dopo, fu impartito l'ordine di trasferimento a Fort Tularosa,
in Arizona. Cochise non obbedì e la guerriglia riprese più
violenta.
Dal 1871 il comandante del
Dipartimento dell'Arizona
era il generale George Crook (lo stesso che combatterà nel 1876
nella campagna contro i Sioux che si concluderà con la battaglia
del Little Bighorn, e di cui abbiamo già parlato). Volpe Grigia o
Tre Stelle, che erano i suoi nomi tra gli Indiani, ebbe un
atteggiamento di estrema onestà, comprensione e paternalismo nei
confronti dei Nativi: atteggiamento tipico di coloro i quali, come
Carson, avevano conosciuto a fondo gli Indiani. Il
generale Crook, avendo capito che gli unici a poter avere la meglio
sui Nativi erano i Nativi stessi, organizzò un reparto formato da
volontari delle tribù Pueblo, Navajo e Apache e lo inserì nella
spedizione che, nell'inverno 1872-1873, rastrellò la zona di Tonto
Basin, Arizona.
Gli ordini di Crook vietavano l'uccisione di donne e
bambini, ma non furono rispettati: il maggiore Brown attaccò con
trecentoventi uomini un villaggio di novantaquattro componenti, di
cui settantaquattro furono uccisi. I prigionieri furono trasferiti
nella zona di Fort Apache, e, su disposizione di Crook, ebbero a
disposizione dei piccoli appezzamenti di terreno: i prodotti di
queste fattorie sarebbero stati acquistati dall'esercito.
L'esperimento stava riuscendo
alla perfezione, quando da Washington venne l'ordine di
trasferimento degli Apache in una riserva a sud di Fort Apache.
Molti non accettarono e ruggirono tra i monti; a poco a poco, però,
furono ricatturati. Nel 1872 si era arreso anche Cochise. Trattando
personalmente con il generale Howard ottenne di rimanere a vivere
tra i Monti Chiricahua, e vi restò fino alla morte, sopraggiunta
nel luglio del 1874. Con
la scomparsa di Cochise, i Chiricahua si divisero in piccole bande:
a capo di due di queste si posero Victorio e Geronimo (Mimbreno di
nascita). Nel 1876, in seguito ai continui disordini, il governo
americano impartì l'ordine di trasferimento per tutti gli Apache
Chiricahua nella riserva di San Carlos, sul fiume Gila. Anche in
questo caso, un nutrito gruppo di guerrieri rifiutò di obbedire e
si rifugiò in Messico. Alla loro testa marciava
Geronimo, il cui nome apache era «Go Ya Thie», Colui Che
Sbadiglia. Aveva giurato vendetta ai bianchi da quando, nel 1868, un
gruppo di Messicani aveva distrutto il suo villaggio uccidendogli la
madre, la moglie e tre figli. Col
suo gruppo compì innumerevoli e rapide incursioni in territorio
americano, assaltando diligenze e rubando bestiame, rifugiandosi poi
in Messico. Nel 1877 fu catturato. Subito rilasciato, in circostanze
poco chiare, visse pacificamente per tre anni nell'agenzia di San
Carlos: quindi scappò con un gruppo di guerrieri e riprese la sua
attività.
Nei
tre anni in cui Geronimo non creò problemi, gli Stati Uniti si
dedicarono a Victorio, capo di una banda di Mimbreno, ruggiti dalla
riserva di Ojo Caliente, Nuovo Messico, quando, nel 1879, arrivò
l'ordine di trasferimento a San Carlos. Alla banda si aggiunse il
gruppo di Apache Mescalero di Capo Caballero.
Gli obiettivi di Victorio e dei suoi alleati furono, ancora una volta, le diligenze,
la linea telegrafica, gli insediamenti sparsi. Dopo aver compiuto le sue azioni
di guerriglia, si rifugiava in Messico, continuando a seminare il
panico. I reparti di volontari messicani non ottennero alcun
successo immediato, ma costrinsero Victorio ad abbandonare il
Messico e rifugiarsi negli Stati Uniti.
Per arginare il suo impeto,
i due Stati strinsero un accordo di collaborazione: i soldati delle
due nazioni avrebbero potuto superare i propri confini; fu anche
creato un contingente misto agli ordini del tenente colonnello Grierson, americano, e del generale Trovino, messicano, Nel 1880,
Victorio era in Messico, accampato tra le montagne Tres Castillos:
dal suo gruppo si staccò una piccola banda guidata dal vecchio
Nana, per cui, quando Victorio fu fermato tra quei monti, il
problema Apache non era ancora del tutto risolto. Il drappello di
Nana, quasi ottantenne, continuava la guerriglia: era un gruppo di
soli combattenti, non appesantito da inermi e cose superflue. La
perfetta conoscenza del territorio e dei metodi di sopravvivenza
permetteva di non dipendere dalle sorgenti d'acqua e dalla
selvaggina. Ad esempio, erano soliti mettere in bocca un sassolino
che aumentava la salivazione ed evitava di far venire sete. Potevano
così rimanere diversi giorni senza bere.
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